50 anni fa: quel Cagliari tricolore… che fu sconfitto a Livorno
di Nello Gradirà
Non si può certo dire che lo scudetto del Cagliari del ’69-’70 sia un’impresa dimenticata: in questi giorni ne parlano tutti i giornali celebrando uno dei simboli più amati di un calcio che non c’è più, e che anche i tifosi delle altre squadre ricordano con affetto e un po’ di nostalgia. Anche perché alcuni dei giocatori rossoblu furono protagonisti, due mesi dopo, del Mundial messicano che l’Italia non vinse ma che forse è quello che è rimasto di più nella memoria collettiva degli sportivi per la famosa semifinale con la Germania Ovest.
Quel Cagliari ha veramente tutto per essere una leggenda: fu la prima squadra del sud a diventare campione d’Italia, quasi vent’anni prima del Napoli di Maradona. Il capoluogo sardo è anche la città più piccola che si è fregiata di questo titolo dopo lo scudetto vinto dalla Pro Vercelli nel 1922, negli anni ancora pionieristici del primo dopoguerra.
I rossoblu, che erano arrivati per la prima volta in A nel 1964, giocavano nello stadio Amsicora, intitolato all’animatore della rivolta sarda contro i Romani nel 215 avanti Cristo, a rafforzare il significato di una vittoria che secondo Gianni Brera “rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia”.
Una vittoria che non fu proprio un fulmine a ciel sereno, dato che il Cagliari aveva terminato il campionato precedente al secondo posto, e Riva era stato capocannoniere con 21 reti.
Nella campagna acquisti la squadra non fu smantellata: fu ceduto Boninsegna all’Inter in cambio di Domenghini, Poli e Gori (quest’ultimo più adatto a fare da spalla a Riva) e la difesa, immutata, sarebbe stata ancora più ermetica dell’anno prima, con appena undici gol subiti in tutto il torneo.
Oggi sembra davvero incredibile ma in tutto il campionato scesero in campo soltanto sedici giocatori: gli undici che componevano la formazione titolare (Albertosi, Martiradonna, Zignoli; Cera, Niccolai Tomasini; Domenghini, Nené, Gori, Greatti, Riva) e poi Brugnera (19 presenze), Poli (11), Mancin (8), il livornese Corrado Nastasio (2) e il secondo portiere Reginato (1).
Una curiosità: per la prima volta in quel campionato furono permesse due sostituzioni anziché una.
Sull’allenatore Manlio Scopigno è stato scritto molto: lui con la sua interminabile sigaretta, la sua filosofia e il suo atteggiamento trasgressivo, che chiudeva un occhio sulle nottate insonni dei giocatori ai quali anzi si univa per giocare a carte in camere piene di bottiglie vuote e posacenere ricolmi. Scopigno passerà più di mezzo campionato in tribuna per via della squalifica rimediata nel dicembre del ’69 per aver insultato un guardalinee dopo la sconfitta di Palermo.
E quella maglia bianca con i bordi rossoblu e i laccetti, e i numeri cuciti sulla schiena che sembravano scritti a mano? Qualcuno sostiene che fu un’idea di Scopigno utilizzarla come divisa principale, perché riteneva che sul manto verde si vedesse meglio di quella tradizionale rossoblu, secondo altri invece fu una questione di scaramanzia, dopo che aveva portato fortuna in una partita importante. Fatto sta che quella maglia è entrata nella storia e certo se la si paragona, per fare un esempio, a quella della Juve di oggi, beh lasciamo perdere. Ma la cosa ancora più curiosa è che quella maglia era disponibile solo nella versione estiva, leggera e a mezze maniche. Nonostante questo, il Cagliari la indossò in 28 partite su 30 (il campionato era a 16 squadre), anche in pieno inverno.
Alla quinta giornata (12 ottobre 1969), battendo sul loro terreno i viola campioni d’Italia, il Cagliari si portò in testa alla classifica e ci rimase fino alla fine. Il 18 gennaio 1970 il Cagliari vinse a Vicenza con la mitica rovesciata di Gigi Riva: uno dei gol più belli della storia del calcio. Lo scudetto arriverà matematicamente con due giornate di anticipo il 12 aprile 1970: vittoria sul Bari (2-0) .
Tra il ’67 e il ’71 lo scudetto fu vinto ogni volta da una squadra diversa: prima la Juventus, seguita dal Milan, dalla Fiorentina, dal Cagliari e dall’Inter. Poi nel ’74 ci sarà anche il primo scudetto della Lazio, e nel ’76 il grande ritorno del Torino. Situazione che negli ultimi trent’anni è apparsa irripetibile con una spartizione dei diritti televisivi che favorisce i soliti noti. L’ultima vittoria di un’outsider risale al ’91 con lo scudetto della Samp e oggi non è nemmeno immaginabile che in Italia ci possa essere un nuovo Cagliari o anche un Leicester, per fare l’esempio di un Paese dove i diritti televisivi vengono spartiti diversamente.
Nella prima partita casalinga della Coppa Italia 1970-’71 a Cagliari si inaugurò il nuovo stadio Sant’Elia: i rossoblu con il tricolore sul petto batterono la Massese neopromossa in B per 4-1.
Ma come tifosi amaranto ci piace ricordare che nella partita inaugurale di quel torneo, il 30 agosto, i campioni d’Italia erano stati sconfitti a Livorno per 2-0, con reti di Unere e Martini (i gol potete vederli qui: https://www.youtube.com/watch?v=1SJUQ7HobbY). Gli amaranto passarono il turno dopo aver battuto anche il Pisa all’Arena (gol di Picat Re) e vennero eliminati ai quarti dal Milan che poi vinse la Coppa.
Così, tanto per ricordare a qualche arricchito con la lingua lunga che il calcio a Livorno è esistito anche prima di lui.
(foto tratta da vulcanonotizie.it)