Territorio

C’erano una volta le edicole

Preludio
La propensione alla lettura è calata negli anni. Tra le cause del calo sicuramente le tecnologie digitali e il web giocano un ruolo di rilievo. La rete è un grosso archivio di notizie e informazioni, una grande enciclopedia, oltre che avere un aspetto relazione indubbio. Ma la sovrabbondanza di contenuti anche contraddittori, la loro frammentarietà può produrre in molti casi un senso di disorientamento. La prevalenza delle immagini induce ad esaltare l’aspetto emotivo a spese di quello critico oltre che a spingere l’utente a isolarsi in relazioni on-line veicolate dai social network. Le tecnologie digitali hanno permesso al capitalismo post fordista di globalizzare il pianeta, di governare la circolazione mondiale di merci e profitti, di veicolare l’ideologia che regge il suo dominio culturale nel più remoto angolo del mondo. Questo cambiamento di aspetto dovrebbe spingere ad una critica delle vecchie forme di lotta tipiche dell’era fordista e non più appropriate all’attuale modo di produzione e di circolazione delle merci. Può sembrare incredibile ma i cambiamenti introdotti si manifestano anche nelle nostre piccole e provinciali realtà locali, nelle nostre relazioni sociali, nel nostro modo di vivere quotidiano, tra cui anche la propensione alla lettura, veicolo principale della diffusione del sapere, delle informazioni e di socializzazione. I riflessi si percepiscono anche nel mutamento delle dimensioni spazio-temporali dei luoghi e dell’aspetto delle città, della sua struttura economico e sociale. Un esempio di queste trasformazioni nel microcosmo cittadino riguarda il fenomeno della progressiva estinzione delle edicole.

C’erano una volta le edicole

Le edicole stanno scomparendo in silenzio nel disinteresse di tutti.

C’erano una volta le edicole luoghi, dove si compravano i fumetti, le riviste, i fotoromanzi, le buste sorprese, i giocattoli ma sopra tutto il quotidiano. Da bimbo ricordo con piacere il profumo dei giornalini e l’eccitazione nello scoprire il contenuto delle bustine delle figurine panini. Da più grande ricordo la civetta che ogni giorno il giornalaio metteva in strada nel quartiere per catturare la curiosità dei cittadini e invogliarli all’acquisto del giornale. Di fronte alla locandina si formavano capannelli di persone e fiorivano discussioni e giudizi sul fatto del giorno. Se andavi al mercato, sentivi spesso la frase: “Hai saputo cosa è successo?” “L’ho letto sul giornale!”. Erano altri tempi. Forse molti non se ne sono accorti, ma le edicole stanno velocemente scomparendo dalla città. È un fenomeno ormai cronico a dimensione nazionale. Questi punti di socialità, d’incontro quotidiano, di unione e di presidio del territorio stanno scomparendo. Le cause sono molteplici: il web, la crisi, i lunghi orari di lavoro con il calo dei guadagni, il disinteresse alla lettura. Forse si poteva fare qualcosa per frenarne l’estinzione ma nessuno ha fatto niente. Oggi sono quelle poche rimaste ancora aperte e offrono vari servizi che spaziano dalle ricariche telefoniche, al pagamento dei bollettini, al centro di smistamento delle merci acquistate on line. Il fenomeno rientra in quel processo di desertificazione delle piccole e medie attività commerciali che segna una città conquistata dai centri commerciali che con il loro forte campo gravitazionale inghiottisce cittadini e attività commerciali in uno spazio artificiale e impersonale, privo di storia e di relazioni umane. Il potente richiamo, effetto della congiunzione dei centri commerciali e del commercio elettronico, si riflette pesantemente nei quartieri cittadini sempre più desolati. Passeggiando nelle strade del centro e nei quartieri storici della città si respira un’aria di abdicazione. Pochi resistono. Il grigiore e il senso di abbandono dato dalle serrande abbassate, dai fondi sfitti o in vendita, sono predominanti. La scomparsa delle edicole si associa a quello dei cinema di quartiere, alle circoscrizioni, ai centri sociali a tutta una serie di piccole attività commerciali che rendevano viva la città. Il quadro non è allegro neppure se si guardano altri settori che si legano al tempo libero. Le piazze sono disadorne inadatte per essere vissute collettivamente. La nostra città ha solo due piscine e un campo sportivo per 154000 abitanti. Il verde è poco e mal curato rispetto ad altre realtà cittadine. Molti quartieri sono veri e propri dormitori a corto di servizi e spazi pubblici ludico-sportivi. Abbiamo soltanto due biblioteche. Poi c’è l’ippodromo. Questo spazio poteva diventare un nuovo parco pubblico, un centro polivalente per le attività sportive-culturali e ludiche. Come ad esempio il premio rotonda e altre iniziative di vario genere. Ritorniamo alle edicole. Invece di raderle al suolo potevano essere recuperate come bene comune, diventare punti in informazione open source. Punti di una rete capillare che si dirama nei vari quartieri della città per garantire un’informazione pluralista aperta a tutti. Pubblici spazi araldici, punti dove soffermarsi per leggere e dialogare sulle notizie dei vari giornali affissi all’albo, come si faceva nelle case del popolo anch’esse scomparse nel silenzio, ingurgitate dal deserto che avanza implacabile insieme alla solitudine dei cittadini. In estrema sintesi il quadro sopra descritto è quello di un territorio che ha mutato in pochi anni la sua forma economica e sociale, caratterizzato da un’economia del debito e da rapporti di lavoro interinali e precari. In questo ambiente s’intrecciano relazioni socio-economiche via web dove governano algoritmi che sfruttano ogni istante della vita. Per uscire da questa prigione e trovare nuovi sentieri dell’agire occorrerebbe fare inchiesta, mappare il territorio nei suoi vari aspetti economico-sociali, mettere a fuoco i flussi di denaro, i colli di bottiglia che lo attraversano, i punti di snodo della struttura logistica. Tutto questo permetterebbe di acquisire gli elementi necessari a dare vita ad un possibile processo di cambiamento e di maturazione dal basso con possibili ricadute positive sul territorio.

{D@ttero}

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