Ambiente

Covid-19: la risposta di Madre Natura alla trasgressione umana?

Michael T. Klare (*)

Man mano che il coronavirus si estende su tutto il pianeta lasciando al suo passaggio morte e caos, compaiono molte teorie per spiegare la sua ferocia. Una di queste, ampiamente diffusa tra i circoli cospirativi di destra, è che abbia avuto origine come arma biologica in un laboratorio militare cinese segreto nella città di Wuhan che, in qualche modo (forse intenzionalmente?), sia sfuggito verso la popolazione civile. Anche se è stato dimostrato che questa “teoria” è del tutto priva di fondamento, il presidente Trump e i suoi accoliti continuano a chiamare il Covid-19 il virus della Cina, il virus di Wuhan o anche la “Kung flu”, ipotizzando che la sua propagazione globale sia stata il risultato di una risposta inetta ed omertosa del Governo cinese. Gli scienziati, in generale, credono che il virus abbia avuto origine nei pipistrelli e si sia trasmesso agli umani attraverso animali selvatici venduti in un mercato del pesce di Wuhan. Ma forse c’è un’altra possibilità molto più infausta da considerare: che questa sia una delle forme in cui Madre Natura resiste all’attacco dell’umanità contro i suoi sistemi di vita fondamentali.

Siamo chiari: questa pandemia è un fenomeno mondiale di enormi proporzioni. Non solo ha infettato centinaia di migliaia di persone in tutto il pianeta, uccidendo più di 40.000 di queste, ma ha anche portato l’economia globale a un virtuale punto morto, schiacciando potenzialmente milioni di imprese, grandi e piccole, lasciando nel contempo senza lavoro decine di milioni, o forse centinaia di milioni di persone. Nel passato, i disastri di queste dimensioni hanno fatto crollare imperi, scatenato rivolte di massa e provocato carestie e fame. Anche questo cataclisma produrrà miseria generalizzata e metterà in pericolo la sopravvivenza di numerosi governi.

È comprensibile che i nostri antenati considerassero queste calamità come manifestazioni della collera degli dei arrabbiati per la mancanza di rispetto e il maltrattamento umano del loro universo, il mondo naturale. Oggigiorno, le persone istruite in generale hanno abbandonato questi concetti, ma gli scienziati hanno scoperto recentemente che l’impatto umano sull’ambiente, specialmente il bruciare combustibili fossili, sta producendo circuiti di retroalimentazione che causano danni sempre più gravi alle comunità di tutto il mondo sotto forma di tempeste estreme, siccità persistenti, enormi incendi forestali e ondate di calore ricorrenti di un tipo sempre più mortale.

Gli scienziati del clima parlano anche di “singolarità”, “eventi non lineari” e “punti di inflessione”: il collasso repentino e irreversibile dei sistemi ecologici vitali con conseguenze molto distruttive e di grande portata per l’umanità. L’evidenza di tali punti di inflessione sta crescendo, per esempio, con lo scioglimento inaspettatamente rapido della calotta di ghiaccio dell’Artico. In questo contesto, sorge naturalmente una domanda: il coronavirus è un evento autonomo, indipendente da qualsiasi altra megatendenza, o rappresenta un qualche punto di inflessione catastrofico?

Passerà del tempo prima che gli scienziati possano rispondere a questa domanda con certezza. Tuttavia, esistono buoni motivi per credere che questo potrebbe essere il caso e, se è così, forse è ora che l’umanità riconsideri il suo rapporto con la natura.

Umanità contro Natura

È comune pensare la storia umana come un processo evolutivo nel quale tendenze ampie e studiate per molto tempo, come il colonialismo e il postcolonialismo, hanno modellato in gran misura gli eventi umani. Quando si producono interruzioni repentine, si attribuiscono generalmente, per esempio, al collasso di una lunga dinastia o alla comparsa di un nuovo governante ambizioso. Ma il corso degli eventi umani si è visto alterato anche, e spesso in forme ancora più drammatiche, da avvenimenti naturali che vanno da siccità prolungate ad attività vulcaniche catastrofiche, a (sì, naturalmente) piaghe e pandemie. Si crede che l’antica civiltà minoica del Mediterraneo orientale, per esempio, si sia disintegrata dopo una potente eruzione vulcanica nell’isola di Thera (ora nota come Santorini) nel XVII secolo a. C. Inoltre le evidenze archeologiche suggeriscono che anche altre culture che una volta prosperarono decaddero in modo simile o addirittura si estinsero a causa di disastri naturali.

Non risulta sorprendente che i sopravvissuti da tali catastrofi attribuissero spesso le loro disgrazie all’ira dei diversi dei per gli eccessi e le attività predatorie umane. Nel mondo antico i sacrifici, anche umani, venivano considerati una necessità per placare questi spiriti arrabbiati. All’inizio della guerra di Troia, per esempio, la dea greca Artemide, protettrice degli animali selvaggi, del deserto e della luna, fece cessare i venti necessari alla flotta greca per spingersi verso Troia perché Agamennone, il suo comandante, aveva ucciso un cervo sacro. Per placarla e far tornare i venti essenziali, Agamennone si sentì obbligato, o questo è quel che ci dice il poeta Omero, a sacrificare la sua stessa figlia Ifigenia (argomento di molte tragedie greche e moderne).

In tempi più recenti, le persone istruite hanno visto abitualmente calamità analoghe al coronavirus come atti inspiegabili di Dio o come eventi naturali spiegabili, anche se sorprendenti. Inoltre, con l’Illuminismo e la Rivoluzione Industriale in Europa, molti pensatori influenti arrivarono a credere che gli umani potessero usare la scienza e la tecnologia per dominare la natura e sottometterla così alla volontà dell’umanità. Il matematico francese del XVII secolo René Descartes, per esempio, scrisse sull’uso della scienza e della conoscenza umana affinché “possiamo… diventare i padroni e possessori della natura”.

Questa prospettiva condivideva l’opinione, comune negli ultimi tre secoli, che la Terra fosse un territorio “vergine” (specialmente quando si trattava dei possedimenti coloniali delle principali potenze) e fosse completamente aperta allo sfruttamento da parte di imprenditori umani. Questo ha condotto alla deforestazione di vaste zone, e anche all’estinzione o quasi estinzione di molti animali, e in tempi più recenti al saccheggio di depositi sotterranei di minerali ed energia.

Tuttavia, quello che è successo è stato che questo pianeta ha dimostrato di essere tutto tranne che una vittima impotente della colonizzazione e dello sfruttamento. Il maltrattamento umano dell’ ambiente naturale ha avuto effetti boomerang chiaramente dolorosi. La distruzione continua della foresta tropicale amazzonica, per esempio, sta alterando il clima del Brasile, alzando le temperature e riducendo le precipitazioni in modo significativo, con conseguenze drammatiche per gli agricoltori locali e anche per gli abitanti urbani più distanti. (E la liberazione di grandi quantità di biossido di carbonio, grazie agli incendi forestali sempre più enormi, non farà altro che aumentare il ritmo del cambiamento climatico a livello mondiale). Allo stesso modo, la tecnica della frattura idraulica, utilizzata per estrarre il petrolio e il gas naturale contenuti in depositi sotterranei di scisto bituminoso, può scatenare terremoti che danneggiano le strutture sulla superficie e mettono in pericolo la vita umana. Madre Natura contrattacca in molte forme quando i suoi organi vitali subiscono danni.

Questa interazione tra l’attività umana e il comportamento planetario ha portato alcuni analisti a ripensare la nostra relazione con il mondo naturale. Sono tornati a concepire la Terra come una matrice complessa di sistemi vivi e inorganici, tutti (in condizioni normali) interagenti per mantenere un equilibrio stabile. Quando un componente della matrice più grande viene danneggiato o distrutto, gli altri rispondono in maniera unitaria cercando di restaurare l’ordine naturale delle cose. Questa nozione, proposta originalmente dallo scienziato ambientale James Lovelock negli anni ’60, è stata spesso descritta come “l’ipotesi Gaia”, dall’antica dea greca Gaia, la madre ancestrale di tutta la vita.

Punti d’inflessione climatica

Il cambiamento climatico, che rappresenta la massima minaccia per la salute planetaria, una conseguenza diretta dell’impulso umano di gettare sempre più gas serra nell’atmosfera che riscaldano potenzialmente il pianeta fino ad un punto di rottura, genererà la più brutale di tutte queste spirali da retroalimentazione. Emettendo sempre più biossido di carbonio e altri gas, gli umani stanno alterando in modo fondamentale la chiimica planetaria e rappresentano una minaccia quasi inimmaginabile per gli ecosistemi naturali. I negazionisti del cambiamento climatico stile Trump continuano a insistere che possiamo continuare a farlo senza alcun costo per il nostro stile di vita. Tuttavia, è sempre più evidente che quanto più altereremo il clima, tanto più il pianeta risponderà in forme che metteranno in pericolo la vita umana e la prosperità.

Il principale motore del cambiamento climatico è l’effetto serra, dato che tutti questi gas serra mandati nell’atmosfera fermano sempre più il calore solare irradiato dalla superficie della Terra, elevando le temperature in tutto il mondo e alterando così gli schemi climatici globali. Finora gran parte di questo calore addizionale e biossido di carbonio è stato assorbito dagli oceani del pianeta, cosa che produce un aumento della temperatura dell’acqua e una maggiore acidificazione delle loro acque. Questo, a sua volta, ha già provocato, oltre ad altri effetti nocivi, una massiccia estinzione delle barriere coralline, l’habitat preferito di molte delle specie di pesci dai quali un gran numero di umani dipendono per il loro sostentamento e alimentazione. Di conseguenza, le temperature oceaniche più alte hanno generato l’eccesso di energia che ha alimentato molti degli uragani più distruttivi degli ultimi tempi, compresi Sandy, Harvey, Irma, Maria, Florence e Dorian.

Un’atmosfera più calda può anche alimentare maggiori accumuli di umidità, rendendo possibili le piogge prolungate e le inondazioni catastrofiche che si stanno osservando in molte parti del mondo, compreso il Midwest degli Stati Uniti. In altre aree, la pioggia sta diminuendo e le ondate di calore stanno diventando più frequenti e prolungate, cosa che provoca incendi forestali devastanti come quelli che si sono prodotti nell’Ovest statunitense negli ultimi anni e in Australia quest’anno.

Comunque sia si potrebbe dire che Madre Natura sta ribattendo colpo su colpo. Tuttavia è il potenziale di eventi “non lineari” e “punti di inflessione” quello che preoccupa specialmente alcuni scienziati del clima di fronte al timore che ora stiamo vivendo su quello che potrebbe essere definito un pianeta vendicativo. Anche se molti effetti climatici, come le onde di calore prolungate, si faranno più pronunciati col tempo, altri effetti, si crede ora, si manifesteranno repentinamente, con pochi preavvisi, e potrebbero provocare perturbazioni su grande scala nella vita umana (come in questo momento di coronavirus) Si può pensare a questo come se Madre Natura stesse dicendo: “Alt! Non oltrepassate questo punto o ci saranno conseguenze terribili!”

È comprensibile che gli scienziati siano cauti quando discutono queste possibilità, dato che sono più difficili da studiare di avvenimenti lineari come l’aumento della temperatura mondiale. Ma la preoccupazione c’è. “Gli eventi singolari su grande scala (chiamati anche ‘punti di inflessione’ o soglie critiche) sono cambiamenti improvvisi e drastici nei sistemi fisici, ecologici o sociali” provocati dall’aumento incessante delle temperature, é stato detto nel Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico dell’ONU (IPCC la sua sigla in inglese) nella sua valutazione esaustiva del 2014 sugli impatti prevedibili. Tali eventi, ha scritto l’IPCC, “provocano gravi rischi a causa della dimensione potenziale delle conseguenze; alla velocità con la quale avverranno; e, a causa di questo ritmo, della limitata capacità della società per fargli fronte”.

Sei anni dopo, questa sorprendente descrizione suona in forma tanto raccapricciante quanto il momento attuale.

Finora i punti di inflessione di maggior preoccupazione per gli scientifici sono stati il rapido scioglimento delle calotte di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide occidentale. Questi due enormi depositi di ghiaccio contengono l’equivalente di centinaia di migliaia di chilometri quadrati di acqua. Se si sciolgono sempre più rapidamente, con tutta questa acqua che scorre verso gli oceani vicini, ci si può aspettare un aumento del livello del mare di sei metri o più, con l’inondazione di molte delle città costiere più popolose del mondo e milioni di persone costrette a trasferirsi. Nel suo studio del 2014, l’IPCC ha predetto che questo potrebbe avvenire nel corso di diversi secoli, offrendo almeno abbastanza tempo perché gli umani si adattino, ma ricerche più recenti indicano che queste due calotte di ghiaccio si stanno sciogliendo molto più rapidamente di ciò che si credeva in precedenza e, pertanto, ci si può aspettare un forte aumento del livello del mare molto prima della fine di questo secolo con conseguenze catastrofiche per le comunità costiere.

L’IPCC ha individuato anche altri due possibili punti di inflessione con conseguenze potenzialmente di grande portata: l’estinzione della foresta tropicale amazzonica e lo scioglimento della calotta di ghiaccio dell’Artico. Entrambi questi processi sono già in moto, riducendo le prospettive di sopravvivenza della flora e della fauna nei loro rispettivi habitat. Man mano che questi processi prendano impulso, è probabile che scompaiano ecosistemi interi e vengano eliminate molte specie, con conseguenze drastiche per gli umani che ipendono da loro in molte maniere (dagli alimenti fino alla catena dell’impollinazione) per la loro sopravvivenza. Ma come succede sempre in queste trasformazioni, altre specie, forse gli insetti e microorganismi altamente pericolosi per gli umani, potrebbero occupare questi spazi svuotati dall’estinzione.

Cambiamento climatico e pandemie

Nel 2014, l’IPCC non ha individuato le pandemie umane tra i possibili punti di inflessione indotti dal clima, ma ha invece fornito molte prove che il cambiamento climatico aumenterebbe il rischio di tali catastrofi. Questo è vero per molte ragioni. Primo, le temperature più calde e una maggiore umidità portano alla riproduzione accelerata delle zanzare, comprese quelle che portano la malaria, il virus zika e altre malattie altamente infettive. Queste condizioni prima erano in gran parte limitate ai tropici, ma come risultato del riscaldamento globale, le aree precedentemente temperate stanno sperimentando ora condizioni più tropicali, cosa che provoca la espansione territoriale degli habitat favorevoli alla riproduzione delle zanzare. Di conseguenza, la malaria e lo zika stanno aumentando in aree che mai prima avevano sperimentato queste malattie. Allo stesso modo, la febbre del dengue, una malattia virale trasmessa da zanzare che infetta ogni anno milioni di persone, si sta propagando con una particolare velocità a causa dell’aumento delle temperature nel mondo.

In combinazione con l’agricoltura meccanizzata e la deforestazione, il cambiamento climatico sta anche pregiudicando l’agricoltura di sussistenza e gli stili di vita indigeni in molte parti del mondo, portando milioni di persone impoverite in centri urbani già sovrappopolati, dove le strutture sanitarie sono spesso sovraccaricate e il rischio di contagio è ancora più alto.

“Praticamente tutta la prevista crescita delle popolazioni avverrà negli agglomerati urbani”, ha indicato a quei tempi l’IPCC. Molte di queste città non dispongono di un sistema fognario adeguato, in particolare nei quartieri densamente popolati che spesso le circondano. “Circa 150 milioni di persone vivono attualmente in città colpite dalla scarsità cronica di acqua, ed entro il 2050, a meno che non vi siano rapidi miglioramenti negli ambienti urbani, il numero aumenterà a quasi un miliardo”.

Questi nuovi abitanti urbani mantengono spesso forti legami con i membri delle loro famiglie che ancora rimangono in campagna e che, a loro volta, possono entrare in contatto con animali selvaggi che portano virus mortali. Questa sembra essere stata l’origine dell’epidemia di ebola nell’Africa Occidentale del 2014-2016, che ha colpito decine di migliaia di persone in Guinea, Liberia e Sierra Leone. Gli scienziati credono che il virus Ebola (come il coronavirus) si sia originato nei pipistrelli e poi si sia trasmesso ai gorilla e ad altri animali selvatici che coesistono con le persone che vivono alla periferia delle foreste tropicali. In qualche modo, un umano o umani hanno contratto la malattia attraverso la loro esposizione a queste creature e poi l’hanno trasmessa agli ospiti provenienti dalla città che, al loro ritorno, hanno infettato molti altri.

Il coronavirus sembra aver avuto origini in parte simili. Negli ultimi anni centinaia di milioni di famiglie rurali si sono trasferite, a causa dell’impoverimento, in città industriali fiorenti nel centro e sulla costa della Cina, compresi luoghi come Wuhan. Anche se moderna in molti aspetti, con la sua metropolitana, i suoi grattacieli e le sue autostrade, Wuhan conservava anche vestigia delle zone rurali, compresi i mercati che vendono animali selvatici che alcuni dei suoi abitanti considerano ancora come parte normale della propria dieta. Molti di questi animali sono stati trasportati su camion da zone semirurali che ospitano grandi quantità di pipistrelli, la fonte apparente sia del coronavirus che del focolaio di sindrome respiratoria acuta grave, o SARS, del 2013, anche questa nata in Cina. La ricerca scientifica suggerisce che gli habitat favorevoli alla riproduzione dei pipistrelli, come quelli delle zanzare, si stanno espandendo significativamente in conseguenza dell’aumento delle temperature mondiali.

La pandemia mondiale del coronavirus è il prodotto di una sorprendente molteplicità di fattori, compresi i collegamenti aerei che connettono ogni angolo del pianeta in modo molto stretto e l’incapacità dei funzionari governativi di agire con sufficiente rapidità per tagliare questi collegamenti. Ma alla base di tutto questo c’è il virus in sé. Stiamo di fatto facilitando la comparsa e la propagazione di agenti patogeni mortali come il virus Ebola, la SARS e il coronavirus tramite la deforestazione, l’urbanizzazione disordinata e il riscaldamento continuo del pianeta? Può essere che sia troppo presto per rispondere a una domanda come questa in modo inequivoco, ma c’è un’evidenza sempre maggiore che ciò che avviene possa essere questo. Se fosse vero, a maggior ragione dovremmo fare attenzione.

Bisogna fare attenzione agli avvertimenti di Madre Natura

Supponiamo che questa interpretazione della pandemia del Covid-19 sia corretta. Supponiamo che il coronavirus sia un avvertimento della natura, il suo modo di dirci che siamo andati troppo oltre e che dobbiamo cambiare il nostro comportamento per non correre il rischio di una maggiore contaminazione. E quindi?

Per adattare una frase dell’epoca della Guerra Fredda, quello di cui l’umanità può avere bisogno è di istituire una nuova politica di “coesistenza pacifica” con Madre Natura. Questo approccio legittimerebbe la presenza continua di grandi quantità di esseri umani sul pianeta, ma richiederebbe il rispetto di certi limiti nelle loro interazioni con la sua ecosfera. Noi umani potremmo usare i nostri talenti e tecnologie per migliorare la vita in aree che occupiamo da molto tempo, ma altrove le violazioni dovrebbero essere molto limitate. Naturalmente i disastri naturali (inondazioni, vulcani, terremoti e simili) continueranno ancora a prodursi, ma non ad un ritmo che ecceda quello che abbiamo osservato nel passato preindustriale.

L’implementazione di una strategia di questo tipo richiederebbe, come minimo, frenare il cambiamento climatico il più velocemente possibile mediante l’eliminazione rapida e completa delle emissioni di carbonio indotte dall’uomo, cosa che in pratica è successa almeno in maniera modesta, anche se brevemente, grazie a questo momento Covid-19. Ci sarebbe anche da fermare la deforestazione e preservare le rimanenti aree boschive del mondo per sempre. Dovrebbe fermarsi qualsiasi ulteriore spoliazione degli oceani, compreso lo sversamento di rifiuti, plastiche, combustibili per motori e pesticidi scaduti.

Riepilogando, il coronavirus può non essere il punto di inflessione che metta la parola fine sulla civiltà umana così come la conosciamo, ma dovrebbe servire come avvertimento che in futuro sperimenteremo sempre più eventi simili man mano che il mondo si riscalderà. L’unico modo di evitare questa catastrofe e assicurarci che la Terra non diventi un pianeta vendicativo è prestare attenzione agli avvertimenti di Madre Natura e fermare la profanazione degli ecosistemi essenziali.

 

 

(*) Collaboratore abituale di TomDispatch.com, professore emerito di Studi per la Pace e la Sicurezza mondiale all’Hampshire College e ricercatore dell’Associazione per il Controllo delle Armi. È autore di quindici libri, tra i quali figura l’appena pubblicato  All Hell Breaking Loose: The Pentagon’s Perspective on Climate Change (Metropolitan Books).

 

Fonte: http://www.tomdispatch.com/blog/176683/

 

Tradotto dalla versione spagnola pubblicata su www.rebelion.org da Andrea Grillo