Recensioni

Dalla Parte del Torto – una storia hippie punk e rave

Dome La Muerte & Pablito el Drito, Dalla Parte del Torto – una storia hippie punk e rave, Agenzia X Milano, 2020.

“Dalla parte del torto è dedicato a chi, nato dalla parte sbagliata, non può smettere di lottare per non essere schiacciato”.

È sicuramente curioso iniziare a parlare di un libro partendo dal suo explicit, ma in questo caso lo trovo invece doveroso, visto che penso che in questo periodo conclusivo del libro si depositi molto del senso di questa operazione editoriale di Agenzia X di Milano, riguardante la narrazione della vita di Domenico Petrosino aka Dome La Muerte, musicista, dj e molto altro, raccontata da Dome stesso in collaborazione con Pablito El Drito, agitatore culturale, scrittore, generatore e miscelatore di suoni che dell’underground musicale italico, di cui Domenico è membro sin dai settanta, è profondo conoscitore.
Siamo insomma nell’abituale territorio della variegata produzione della casa editrice, anzi in una specie di sua sintesi ideale visto che tale libro abbraccia temporalmente, ideologicamente e musicalmente, gran parte delle tematiche contro-culturali trattate nel proprio catalogo, dall’hippie, al punk, al rave come annuncia il sottotitolo del libro stesso.

dallaparteLa parte sbagliata sopra citata, è sicuramente quella in cui ritrova il protagonista sin dall’inizio della sua storia, nato figlio di immigrati del sud nelle lande sperdute della provincia pisana allo svanire degli anni cinquanta del Novecento , quando l’arretrata Italia stava per entrare nel decennio più mitizzato dalla narrazione mainstream, protagonista che vediamo già da ragazzetto crescere come imberbe ribelle e precoce talento musicale, sin da quando viene a contatto con la realtà del vicino capoluogo, che nei sessanta era stata una delle capitali della rivolta universitaria deflagrata nel sessantotto, e nei settanta mantiene un vitalissimo fermento politico, culturale e musicale, pur essendo una piccola città di provincia, governata solidamente dal PCI, anche se esposta a innumerevoli provocazioni fasciste che vedono episodi dolorosi come il martirio di Franco Serantini, giovane anarchico massacrato di botte dalla polizia per essersi opposto a un comizio di un leader missino e lasciato morire in carcere senza essere soccorso.
In questa situazione effervescente e dura, la scelta di Domenico, all’inizio giovane ribelle attratto dalla cultura hippie, è chiarissima sin da subito “per noi giovinastri, chiunque aderisse ad una organizzazione formale era un nemico. Dai vecchi del PCI ai fascisti, per noi erano tutti nemici. Quando c’erano i volantinaggi spesso si arrivava alle mani anche tra di noi”.
Ho scelto questa citazione dalle prime pagine del testo perché mi permette di chiarire, meglio di altro, un nodo fondamentale del testo, in connessione con l’explicit sopra ricordata, senza mettermi a fare tutto il riassunto del libro: anche perché dovete aprire il portafoglio, andare in libreria o sul sito di Agenzia X, sostenere i due autori, che sono due musicisti fermi per la pandemia, e anche l’editoria indipendente, evitando come la peste di foraggiare Amazon, almeno per questa volta.
Il nodo fondamentale del testo è quello della mancanza di compromessi e della lotta per affermare la propria identità, aspetto che si fa limpido quando il protagonista entra nel mondo della musica underground italica (non voglio usare quella brutta parola che inizia con la “I” perché all’epoca aveva un altro significato e si diceva in italiano), dopo l’esordio nel primo giovanile combo di matrice fricchettona, dalla porta più scomoda e meno promettente per una possibile successo, quella dell’HC punk , di cui diventa uno dei protagonisti europei (e forse oltre) coi pisani CCM, per poi lasciarli entrando in uno dei gruppi simboli della scena alternativa degli ottanta e novanta italiani, i Not Moving, leggenda musicale protagonista di decine di live infuocati, la cui carriera discografica non arriverà mai ai livelli che si sarebbero meritati per il talento e potenza che esprimevano in concerto (peggio per voi se ve li siete persi): il filo che lega l’attività degli ottanta/novanta del musicista, così come quelle successive e odierne (prima del lockdown) è appunto quello della mancanza di compromessi, con la scena stessa , con le etichette, i manager, il pubblico, persino coi miti della stessa musica che si ama incontrati durante la oltre quarantennale carriera di Dome, che anche nel libro ci vengono mostrati nella loro dimensione schiettamente umana, con estrema sincerità, nomi che sono quelli ad esempio di Nico, Johnny Thunders, persino dei Clash, per cui i Not Moving aprono dei live.
La vita “complicata” e la carriera di Domenico, su cui non mi voglio soffermare ulteriormente, mi viene istintiva, per farla meglio comprendere a chi vuole intenderla in breve, accostarla ad uno dei molteplici interessi non solo musicali a cui si accenna spesso nel libro, che ricorre nella sua vita e anche nella sua attività, quello per la cultura dei Nativi Americani (nel libro si racconta come Dome sia stato scelto come fratello dal poeta Cheyenne Lance Henson, che ha anche collaborato a un disco dei Not Moving): se il mainstream, la cultura borghese e l’Occidente neoliberista e consumista sono le perfide Giacche Blu, Domenico, tutti i suoi fratelli nell’avventura molteplice dell’esistenza e della creazione culturale sono la tribù ribelle che si sposta libera per i territori inesplorati della libera creatività, che conosce assai meglio del vile Cowboy che non ha nessun rispetto per quello che non può capire e di cui quindi ha una terribile paura, cosicché fa di tutto per distruggerlo, se non può comprarlo, non comprendendo che ci sono beni che il denaro del vé’ho’ e (l’uomo bianco) non è in grado di acquisire, perché è impossibile fissarne un prezzo congruo al suo valore.

Per Codice Rosso, Falco Ranuli.