Il Green Pass di Foucault
“Vi sono momenti, nella vita, in cui la questione di sapere se si può pensare e vedere in maniera diversa da quello in cui si pensa e si vede, è indispensabile per continuare a guardare o a riflettere”. ( Michel Foucault – L’Uso dei Piaceri”)
Ultimamente il nome di Foucault è tornato di moda nella descrizione e nell’interpretazione di alcuni temi legati alla pandemia, al vaccino imposto, al green pass e, di rimando, alla società della sorveglianza, al biopotere e alla medicalizzazione dell’esistenza, a volte in maniera superficiale, a volte dando adito a polemiche sterili e ancora peggio, nella narrazione dominante di questi ultimi mesi, in articoli con riferimenti psichedelici e scandalistici alla sua vita privata.
In questo rumore e brusio di fondo riprendere Foucault, nelle mille linee e nelle varie cassette di attrezzi che ci ha lasciato, può risultare molto stimolante. Riprendere, recuperare, ricordare, riattualizzare e, come scrive Guattari, cercare di reinventare, di volta in volta, le microfisiche del desiderio e le microfisiche del potere proprio grazie al contributo inestimabile del pensiero di Foucault nell’esplorare campi di soggettivazione sociali, politici e micro politici.
Ma cosa avrebbe detto veramente Foucault su questa gestione occidentale della pandemia, su questo vaccino imposto a più livelli e su questo divisivo e discutibile Green pass?
Il Green Pass
Senza entrare nel merito della polemica sul green pass o sul tema del vaccino obbligatorio non possiamo che notare questo accostamento continuo tra i temi di questa pandemia e la figura del filosofo francese. In particolare la società disciplinare sembra, per alcuni, riprendere forza con l’obbligo del passaporto verde per poter “vivere fino in fondo” alcuni spazi pubblici e privati. Abbiamo ripreso anche noi la questione per ricordare che alcuni provvedimenti sanitari per fermare la pandemia sembrano ricordare le tecniche e le tecnologie di potere che investono gli individui nel corpo e nel comportamento, come una vera e propria anatomia politica, come Foucault ci ha segnalato: “In altri termini, il secolo XVIII ha scoperto una cosa capitale: che il potere non si esercita semplicemente sui soggetti, come presupponeva la tesi fondamentale della monarchia, secondo cui esistono il sovrano e i soggetti. Si scopre che il potere si esercita sulla popolazione. Che cosa vuol dire popolazione? Non significa soltanto un gruppo umano numeroso, ma esseri viventi attraversati, comandati e retti da leggi e processi biologici. Una popolazione ha un tasso di natalità, di mortalità, ha una curva e una piramide di età, una morbilità, uno stato di salute; una popolazione può estinguersi o, al contrario, svilupparsi ((M. Foucault, Le maglie del potere). Ma considerare un solo provvedimento sanitario, un decreto restrittivo o una vaccinazione più o meno obbligatoria come frutto di una società disciplinare e biopolitica emergenziale senza approfondire ed estendere le singole situazioni all’interno di una formazione storica, economica e sociale di lunga e media durata, che parte da molto lontano e che si muove con velocità sempre maggiore verso nuovi territori, ci sembra estremamente riduttivo e penalizzante, almeno se vogliamo davvero comprendere e moltiplicare le linee filosofiche e culturali presenti nel pensiero di Foucault.
Perché allora scrivere ancora su Foucault?
“Perché le valorizzazioni sono imposte da qualcuno e non discendono dalla natura delle cose : c’è una lotta perpetua per la verità; la verità in questione non è fatta di cose vere, che sarebbero da scoprire e da accettare; è fatta dalle concezioni variabili e arbitrarie che ogni società si fa della verità, e che essa valorizza. Ogni valorizzazione è elaborata e modificata in una lotta di tutti contro tutti” ( Paul Veyne – E’ possibile una morale per Foucault)
Il sapere
Se una questione è veramente attuale, anche per comprendere meglio questo periodo pandemico, è quella del sapere. I libri, gli studi e le interviste di Michel Foucault si rivolgono ai grandi cambiamenti epocali che riguardano la cultura occidentale. Dalla Storia della follia alla Nascita della clinica, dalle Parole e le cose all’Archeologia del sapere, la cultura, le varie discipline, la scienza, la medicina, l’economia e la storia naturale vengono mostrate e descritte come un insieme di formazioni discorsive, decreti, enunciati e regole amministrative che, a partire da un determinato periodo storico, investono la popolazione e stabiliscono un confine preciso tra il folle e il normale, tra il sano e il malato, tra il criminale e il cittadino. In pratica, come ci suggerisce Deleuze, Foucault ci spinge a “ scoprire il potere sotto il sapere”.
Il potere
Ma cosa è il potere?
“Con il termine di potere mi sembra che si debba intendere la molteplicità dei rapporti di forza immanenti al campo in cui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione;il gioco che attraverso lotte e scontri incessanti li trasforma, li rafforza, li inverte…”
Attraverso l’analisi del sapere, nelle sue varie forme e periodi, il filosofo francese ci mostra la sua concezione del potere come qualcosa che non è solo e necessariamente legato alla morte, alla repressione, all’isolamento, alla violenza ma anche alla vita, ai corpi, alle politiche sanitarie, ai provvedimenti amministrativi, un potere che si esercita a partire da innumerevoli punti, che viene dal basso e circola ovunque: “questo biopotere è stato, senza dubbio, uno degli elementi indispensabili allo sviluppo del capitalismo; questo non ha potuto consolidarsi che a prezzo dell’inserimento controllato dei corpi nell’apparato di produzione, e grazie a un adattamento dei fenomeni di popolazione ai processi economici. Una società normalizzatrice è l’effetto storico di una tecnologia di potere centrata sulla vita” (M. Foucault – La volontà di sapere”).
La questione del soggetto
In un articolo del 1983 Foucault scrive: “il tema generale della mia ricerca non è dunque il potere ma il soggetto. Questa forma di potere è rivolta alla immediata vita quotidiana che categorizza l’individuo, lo segna nella sua individualità, lo fissa nella sua identità, gli impone una legge di verità che egli deve riconoscere e che gli altri devono riconoscere in lui”.
Per comprendere meglio il lavoro di Foucault e non limitarlo a un’analisi della società disciplinare (Foucault e Deleuze erano convinti che a partire dalla metà del 1900 si stava delineando una società del controllo), ormai superata e non applicabile alla società attuale, ai suoi vaccini obbligatori e ai green pass del momento, ci viene in aiuto ancora Deleuze che scrive che se qualcosa spinge Foucault a scoprire il potere sotto il sapere è qualcosa legato profondamente ai processi di soggettivazione che trasformano un individuo in un soggetto che lavora, produce, parla, vive, pensa e che deve scoprire nuovi modi di soggettivazione e nuove resistenze al di fuori degli ambiti di potere: “Forse ai nostri giorni l’obiettivo non è quello di scoprire che cosa siamo, ma di rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire quello che potremmo essere, per liberarci di questo tipo di doppio legame politico dell’individualizzazione e della totalizzazione simultanea delle moderne strutture di potere(…), Dobbiamo promuovere nuove forme di soggettività rifiutando il tipo d’individualità che ci è stato imposto per tanti secoli” ( Michel Foucault – Perché studiare il potere: la questione del soggetto)
Che cosa accade oggi?
Verso la fine del 1700 Kant scrisse un articolo su un giornale tedesco, Che cos’è l’Illuminismo e Michel Foucault lo riprende e lo sviluppa in un corso del 1983 al Collège de France. Al di là delle considerazioni di fondo rispetto al testo di Kant, Foucault mette in evidenza la domanda di fondo che pervade questo scritto: non si tratta di sapere chi sono io e se sono un soggetto pensante; in questo caso si tratta di sapere cosa siamo. Cosa siamo in un preciso momento storico. “Il quesito di Kant si pone come un’analisi del noi e del nostro presente”
La domanda di Kant riguarda il presente: “Che cosa accade oggi? Che cosa accade ora? E che cos’è questo ora all’interno del quale noi tutti siamo e che definisce il momento in cui scrivo?” (Michel Foucault – Il problema del presente).
Un’altra grande lezione Foucaultiana è quella di cercare di capire e leggere il singolo evento della storia: che sia l’Illuminismo, una rivoluzione o un inverosimile green pass, è importante distinguere il processo di soggettivazione in atto, la media durata storica dell’evento, il prima e il dopo, la formazione del nuovo, l’emergenza e la tendenza di fondo, la microfisica del potere e del desiderio che si muove intorno all’evento stesso. I media e il dibattito politico attuale invece cercano “l’inizio o la fine di un fatto, mentre invece l’evento, anche breve, istantaneo, continua. Inoltre, cercano qualcosa di spettacolare, mentre l’evento è inseparabile dai tempi morti presenti nell’evento stesso” (Gilles Deleuze – Su Leibniz)
I Seminari
In questo senso non si tratta soltanto di ricordare o riconoscere il vero Foucault rispetto alle varie interpretazioni del dibattito attuale della filosofia e della politica.
Nostra intenzione è organizzare dei seminari, dal vivo e online, sul pensiero di Foucault e sulla possibilità di usare le sue linee filosofiche per fornire degli strumenti e delle aperture per comprendere i processi di soggettivazione in corso e i rapporti di forza in essere, soprattutto in queste nuove società neo liberiste, finanziarie e digitali, e mostrare, se possibile, punti di resistenza e attrezzi reali per un futuro a venire.
Lo vogliamo fare con tutte quelle persone che hanno collaborato con Codice Rosso e anche con tutte quelle che credono ancora in una società, in una politica e in una cultura diversa da quella attuale.