Comunicazione e culture

Le parole del potere: merito, sovranismo e natalità

La sfilata dei nuovi ministri del governo Meloni può far venire in mente una delle sequenze più belle del film La via lattea (La voie lacteé, 1969) di Luis Buñuel: la “recita degli anatemi”. Durante il loro surreale viaggio alla volta di Santiago de Compostela, i due protagonisti si imbattono in una recita scolastica all’aperto in cui le piccole alunne di un istituto cattolico, sotto la guida di una severa maestra, recitano dogmi e principi religiosi in uno spaccato sociale in cui predomina una borghesia reazionaria e conservatrice che sembra uscita da un romanzo di Flaubert. Sono soprattutto tre i nuovi ministeri che possono far venire in mente questa geniale sequenza del grande regista spagnolo. Ebbene, il neo ministero della “Famiglia, natalità e pari opportunità” (in cui si pone in primo piano la famiglia e si aggiunge la parola “natalità”) si può ricollegare alla frase pronunciata dalla prima bambina: “Se qualcuno dice che è permesso ai cristiani avere più di una moglie e che avere più di una moglie non è proibito da nessuna legge divina, su di lui anatema”. Si tratta di un ministero improntato alla difesa della famiglia ‘tradizionale’, rigidamente eterosessuale e consacrata dal vincolo del matrimonio, secondo la migliore tradizione del “Family Day”. Con tali ideologie, se non direttamente nel Seicento spagnolo, ci troviamo proiettati perlomeno fra il pubblico perbenista e conservatore che, disteso sull’erba, ascolta la recita nel film di Buñuel. Il ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare ci può far pensare alla sovranità alimentare nei confronti del vegetarianismo, visto come esecrabile, espressa dall’ultima bambina: “se qualcuno si astiene dal mangiare la carne senza lo scopo di mortificarsi, su di lui anatema”. Tra l’altro, la recita dell’ultima bambina ci può ricordare anche il nuovo ministero dell’istruzione e del merito: la piccola, infatti, è presentata dalla maestra come “la prima della classe”, un’alunna che nella recita ricopre un posto d’onore rispetto a tutte le altre. Ma il genio del regista spagnolo, in montaggio alternato rispetto a questa ambientazione conservatrice e borghese, inserisce le immagini della rivolta, emerse come un pensiero di uno (Laurent Terzieff) dei due protagonisti, vagabondi nomadi e ‘sovversivi’: tali immagini mostrano un gruppo di anarchici che si stanno dirigendo a fucilare un papa.

I nomi dei nuovi ministeri, d’altra parte, mostrano l’infinita manipolabilità del linguaggio e delle parole da parte del potere: non siamo troppo lontani, in fin dei conti, dai nomi dei ministeri orwelliani di 1984, improntati al “bispensiero”: il ministero della Pace che presiede la guerra; il ministero dell’Amore che regola l’ordine pubblico, quello dell’Abbondanza che dirige l’economa e quello della Verità che si occupa dell’informazione. Il potere è rigido e impone le proprie parole e i propri termini, utilizzandoli come etichette, non prestando attenzione all’importanza delle parole stesse. Forse, come scrive Foucault ne Le parole e le cose, gli unici ad averne compreso l’importanza sono due contestatori del potere per eccellenza, il poeta e il pazzo: se il primo attribuisce alle parole una funzione allegorica, il secondo mira alla pura oggettività eliminando i segni e facendosi garante dell’omosemantismo.

In una grottesca interpretazione del bispensiero del nuovo governo, l’istruzione e il merito (e il merito nell’istruzione) potrebbero echeggiare le bacchettate sulle dita degli alunni poco meritevoli, le umiliazioni col cappello d’asino in piedi dietro la lavagna, la costrizione a inginocchiarsi sui ceci proprie di una scuola crudele e arcaica; il ministero “del Mare e del Sud” potrebbe rammemorare le parole pronunciate da Mussolini il 10 gennaio del 1940, all’entrata in guerra dell’Italia, che iniziava con “combattenti di terra, di mare e dell’aria!”; la già citata sovranità alimentare, insieme al ministero “delle Imprese e del Made in Italy“, ci fa pensare al sovranismo portato avanti da FdI, un anacronistico nazionalismo che proprio adesso sarebbe da rigettare, in un momento in cui in nome dei nazionalismi si sta combattendo una guerra sanguinosa; il ministero “dello Sport e dei Giovani“, invece, ricorda cupamente la “Gioventù italiana” fascista armata di moschetto.

Ogni nuovo nome, ogni nuova parola imposta adesso dal potere possiede un suo turpe e meschino doppio precipitando nel baratro di un infernale e crudele passato. Ma se il discorso del potere, per mezzo delle sue parole, ingloba e incasella, segrega ed esclude, esistono anche delle parole, come quelle del poeta e del pazzo, che gli sfuggono, che lo contestano, che inaspettatamente riescono a mettere in moto meccanismi di sabotaggio.

gvs

(a questo link si può vedere la sequenza di La via lattea relativa alla “recita degli anatemi”)

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