Sport

Mondiali di atletica in Qatar: lo sport-business in tutto il suo orrore

Julien Salingue
NPA / Viento Sur

Il 6 ottobre scorso sono terminati i campionati del mondo di atletica organizzati in Qatar. Un’occasione per analizzare un avvenimento estremamente simbolico delle derive dello sport-business. “Ci prendono per scemi”. Così si esprimeva l’atleta francese Yohann Diniz venerdì 27 settembre, alla vigilia della gara di marcia 50 km. Motivo? Le condizioni climatiche estreme (temperature superiori ai 40º, umidità del 70%) che, contrariamente a quanto aveva annunciato il Qatar nella presentazione della sua candidatura all’organizzazione dei mondiali di atletica, hanno reso insopportabili alcune delle prove. Così, delle 70 atlete iscritte alla maratona femminile solo 40 hanno terminato la competizione, dato che due di loro non hanno neanche gareggiato e 28 hanno abbandonato durante la corsa.
Durante i primi giorni c’era stato un altro fenomeno particolarmente clamoroso, in parte “corretto” successivamente con la generosa distribuzione di posti a prezzi ridotti, anche gratuiti: tribune vuote, come ad esempio nella finale dei 100 metri maschile, pur considerata una delle prove “regine” dell’atletica, o durante la maratona femminile, già ricordata, nella quale gli unici spettatori erano… i volontari e le volontarie della Croce Rossa. Cosa che non ha impedito alle istituzioni internazionali dell’atletica di proclamare, contro ogni evidenza, il “successo” dei campionati del mondo di atletica, per la volontà di giustificare una decisione che quando fu presa (2014) aveva suscitato molte polemiche.
Vetrina diplomatica
Le condizioni climatiche e gli stadi vuoti sono solo la parte visibile dell’iceberg. Perché anche se gli scandali dello sport-business non sono iniziati con questi mondiali di atletica, il meno che si può dire è che questi hanno simboleggiato fino all’estremo i disastri provocati dalla commistione tra sport, denaro e comparaggi diplomatici.
Già da un decennio l’emirato del Qatar utilizza lo sport come una vetrina diplomatica, con investimenti all’estero (acquisto del PSG) e ricerca sfrenata dell’organizzazione di avvenimenti sportivi internazionali: campionati del mondo di pallamano nel 2015, di ciclismo nel 2016, di atletica nel 2019 e di nuoto nel 2023, senza dimenticare la Coppa del Mondo di calcio che si svolgerà in Qatar nel 2022. Si tratta per l’emirato di “mostrare all’estero un modello politico e sociale che combinerebbe la tradizione e la modernità, un paternalismo generoso ma senza democrazia, un’apertura al mondo […] e di ottenere il riconoscimento del Qatar nella regione e nel mondo permettendogli di esistere e di affermarsi rispetto ai suoi pari, sempre smaniosi di farsi la concorrenza ma anche di uscire dall’orbita saudita e rendersi autonomi da vicinati fastidiosi” [1].
Schiavismo
Tutti i mezzi sono buoni per arrivarci, e in particolare la corruzione, come hanno dimostrato i ripetuti scandali di questi ultimi anni. E non è che le abbia inventate il Qatar queste pratiche, ma è evidente che le corrotte istituzioni dello sport internazionale non potevano non essere ricettive alla generosità dell’emirato: “Lamine Diack, l’ex presidente della Federazione Internazionale di Atletica, è in attesa di giudizio per corruzione. Nella FIFA, 16 dei 24 membri del Comitato Esecutivo che aveva preso la decisione favorevole al Qatar sono stati espulsi o sospesi”.[2]
E durante tutto questo tempo le lavoratrici e lavoratori stranieri, trattati come schiavi (passaporti confiscati, settimane di 60-70 ore, salari miserabili), muoiono nei lavori di costruzione delle infrastrutture sportive, in particolare degli stadi della Coppa del Mondo di calcio 2022. Secondo una ricerca di The Guardian [3], non meno di 2.700 operai indiani e nepalesi sono morti sul lavoro tra il 2012 e il 2018 senza che sia stata fatta in più di 2.000 casi né un’autopsia né un’indagine, e con il semplice certificato di “morte naturale” delle autorità qatariote.
E durante tutto questo tempo le multinazionali fanno affari, tra le altre Bouyues e Vinci che hanno creato “coimprese” con grupppi qatarioti per approfittare del produttivo mercato della costruzione degli stadi [4]. Ma da parte della FIFA o dell’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica (IAAF), c’è ancora chi osa, senza un grammo di vergogna, definirsi come campione dei “valori dello sport”…

Note
[1] Jérôme Champagne, «La diplomatie sportive du Qatar, instrument d’une nouvelle notoriété internationale», revue Géoéconomie, 2012/3 (n°62).
[2] Laurent Favre, «En sport, le futur n’est plus ce qu’il était», le Temps, 6/10/2019.
[3] Pete Pattisson et Roshan Sedhai, «Sudden deaths of hundreds of migrant workers in Qatar not investigated», The Guardian, 7/10/2019. (Por su parte, HRW exigía a Qatar “investigar con urgencia la muerte de trabajadores migrantes” https://www.europapress.es/internacional/noticia-hrw-insta-qatar-investigar-urgencia-muerte-trabajadores-migrantes-20191010075306.html ndt).
[4] Anche imprese spagnole: per esempio, la spagnola Fenwick Iribarren Architects (FIA) è stata l’incaricata di progettare tre degli otto stadi del campionato, https://www.eleconomista.es/deporte-negocio/noticias/9350365/08/18/Espana-jugara-en-casa-en-el-mundial-de-Qatar-2022.html o l’illuminazione di parte delle installazioni sportive è nelle mani dell’impresa Salvi Lighting Barcelona https://empresaexterior.com/art/70529/salvi-la-espanola-que-ilumina-el-estadio-al-wakrah-para-el-mundial-2022-en-qatar . Ugualmente imprese edilizie come OHL, FCC o Harinsa Qatar, imprese come Hoteles Meliá, e altre sono presenti in Qatar sull’onda del mondiale di calcio https://elpais.com/ccaa/2014/06/13/valencia/1402651255_231601.html . Amnesty International denunciava il 20 settembre: “Il Campionato Mondiale di Atletica del Qatar con l’ombra degli abusi contro lavoratori e lavoratrici migranti” https://www.es.amnesty.org/en-que-estamos/noticias/noticia/articulo/qatar-el-campeonato-mundial-de-atletismo-bajo-la-sombra-de-los-abusos-contra-trabajadores-y-trabajad/. Ndt

Fonte: Rebelión
Foto tratta da The Guardian
Traduzione Nello Gradirà peer Codice Rosso