Novelle

Spettri tossici sul porto

Era una cosa risaputa: nel cielo spesso si addensavano nuvole grevi e una fosca caligine si stagliava sopra i tetti delle case. Molte volte, nelle ore meridiane la città era immersa in una luce di finimondo. Ne erano responsabili i fumi tossici dei fumaioli delle navi. Molti cittadini, riunitisi in comitati e organizzazioni ecologiste, mettevano in atto diverse proteste ma i potenti, da quell’orecchio non ci volevano proprio sentire: al primo posto, per loro, non c’era la salute dei cittadini, minata da terribili malattie, ma gli interessi economici, perché le navi da crociera portavano turismo e quelle mercantili scambi commerciali marittimi con tutto il mondo.

Una sera, mentre l’ispettore Piccioni, stremato dal caldo e accoccolato sul suo terrazzo non troppo distante dal porto, stava fumando in pace la sua pipa, arrivò un sentore greve e maleodorante che si mescolò ai paradisiaci aromi del suo tabacco al Latakia orientale. In quel mentre, il suo telefono squillò: lo chiamavano in Centrale per un servizio urgente. L’ispettore si ritrovò allora davanti il pescatore Jones, che passava intere giornate e nottate a pescare al porto e che adesso voleva fare alla polizia una comunicazione importante. Lui li aveva visti. No, non era matto e non aveva neppure bevuto, quella sera, che si accertassero pure. E non solo lui ma, nelle notti precedenti, li avevano visti anche molti cittadini. Visto cosa o chi? Domandò stupefatto Piccioni. Spettri di smog, di fumo, di nuvolaglie nere, dense e appiccicose che assumevano forma umana e si muovevano rapidi nelle vie notturne, danzavano macabri sui tetti e sulle antenne 4, 5 e 7g prendendo per mano le onde radio che si diramavano in invisibili essenze, in danze funamboliche e in impossibili valzer. Erano loro, esseri fatti di nebbia e di fumo, dallo sguardo tetro e dagli occhi di fiamma, dal passo lupesco e ovattato, che si insidiavano nella città. Percorrevano erranti i lungomare e sporcavano col loro fumo nero persino i calamari fritti del banchetto di Benny, il totanaro matto; soffiavano sui gelati alla menta e al tamarindo della Baracchetta Verde; sputacchiavano sulle pizze di Tom Eis, servite all’aperto; arrivavano persino, quasi volando, sui tavoli da picnic della Valle Maledetta, ove ignari cittadini si godevano il fresco nell’estate rovente; ricoprivano i corpi dei bagnanti ai “Biscotti Caldi” e ai Bagni Torrente.

Sapete da dove li ho visti uscire? Disse Jones in un sussurro. Dal fumaiolo della Tosta Discordia, l’ammiraglia delle navi da crociera che in quel momento si trovava in porto. Era gigantesca, alta come un palazzo di venti piani, con settanta piscine e cento palestre, con duecento ristoranti e altrettante sale da ballo. Per far funzionare tutto quell’ambaradàn doveva tenere sempre i motori accesi, con emissioni continue di fumo. Ogni giorno, dalla scaletta scendevano grassi croceristi, con la pelle bianchissima o rossa paonazza, in ciabatte, coi culi stratosferici e le pance che parevano finte, come quelle dei clown dei circhi di tanti anni fa. Insieme ad american boys, eleganti capitani e abbronzantissime hostess con già in mano il loro bicchiere di Negroni, si perdevano per le vie cittadine. Ma Jones passava al porto tutta la notte ed era proprio di notte, quando ormai i bagordi dei croceristi erano spenti, che i turpi fantasmi uscivano dai fumaioli e si dirigevano a passo di danza verso il centro cittadino, e camminavano e camminavano e soffiavano anche nelle finestre delle case aperte per il caldo estivo. Abbrancavano palazzi e muri, il municipio, la banca, il cinema e il duomo; sporcavano le statue dei prigioni saraceni e del bianco principe in piedi, che bianco non era più, del conte Camillo Penso di Caavoi, dell’omo alto e bianco che si tocca la pancia perché deve andare al gabinetto alla Puzzolente (ma ora era tutta una Puzzolente), là nella piazza enorme spalancata su arcaiche fortezze, si spandevano persino sul graffito più bello che indicava come “fuorilegge” un vecchio (?) partito. Su tutto gli spettri tossici infondevano il loro macabro alone nero, il loro soffio di oli bruciati di motori a scoppio di moderne navi e di vetusti traghetti che ogni giorno salpavano per la Morsica e la Gardegna.

In effetti, alla Centrale cominciavano ad arrivare mail e telefonate di cittadini terrorizzati da spettri umanoidi fatti di fumo, di nero graveolente vapore che di notte li inseguivano per sporcarli e infestarli di putridi odori. Piccioni volle accertarsene di persona e decise di passare la notte successiva al porto, insieme a Jones. Si diedero appuntamento all’andana delle collane, alle dieci di sera. Jones il pescatore, che offrì la faccia al vento, la gola al vino e mai un pensiero non al denaro non all’amore né al cielo, si presentò con la sua canna da pesca e una vecchia sportina di paglia nella quale aveva un panino e una bottiglia di whisky. Si misero al solito molo dove Jones amava pescare, vicino a un vecchio barcone in disuso, placido animale di legno appartenente a tempi passati. E passaron anche le ore, lì su quel molo, e per lungo tempo l’ispettore e il pescatore non videro nulla. Piccioni rifiutò più di una volta – e bisogna dire a malincuore – gli inviti a sorseggiare quell’alma bevanda, quel nettare scozzese che il vecchio gli porgeva con gentili effusioni. Sullo sfondo svettava la sagoma oscura della Tosta Discordia e quando l’ultimo culone americano salì la scaletta d’accesso, fu allora che videro un essere nero che usciva dal fumaiolo principale e poi altri e poi altri ancora in una lugubre processione diretta verso i palazzi della città addormentata.

L’ispettore e il pescatore si nascosero dietro un vecchio muro che costeggiava il molo, così da non essere visti dagli spettri. Che processione! Che macabra danza in una notte d’estate! Erano decine, centinaia, migliaia e provenivano non solo dalla Discordia ma anche dalle motonavi e dalle carrette del mare dirette alle isole: si muovevano quasi volando, nel silenzio della notte e passarono vicinissimi a Jones e Piccioni nascosti dietro il muretto. Passavano e passavano quando il pescatore, fra gli strani esseri, incrociò uno sguardo che gli sembrava familiare, che gli ricordava un suo amico marinaio d’un tempo lontano, un vecchio lupaccio di mare con il quale aveva passato notti e notti fatte di vino e di storie. Ma fu solo un attimo, abbaglio notturno o realtà? In ogni caso, non disse nulla all’ispettore Piccioni.

gvs

(Fine prima puntata. Continua domenica 16 luglio)

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