L’uovo del pirata Fortullo
[Inauguriamo qui una nuova sezione dal titolo “Novelle”. Per ora si tratta di una sorta di ‘esperimento pilota’ che vedrà una cadenza settimanale, ogni domenica, per il mese di agosto. Giusto per cercare di allietarvi le domeniche estive con brevi narrazioni ironiche, un po’ buffe e leggere. Se poi vediamo che l’esperimento funziona, potrà trasformarsi in una rubrica fissa, aperta a chiunque desiderasse collaborare con racconti brevi e meno brevi, di qualsiasi genere. Intanto, buona lettura. (gvs)]
Il capitan Barbaccia accese la pipa e si sedette. Eravamo tutti lì, a sedere intorno a un tavolaccio di legno della vecchia taverna “Il pirata”, che si affacciava sulla baia del Fortullinos, e lo aspettavamo. Era una serata splendida, una striscia di tramonto rossastro si spandeva nel cielo e si rifletteva nel mare. Di lì a poco il rosso infuocato avrebbe lasciato lo spazio a una luminosità prolungata, che sarebbe durata ancora a lungo nel cielo riarso, là verso nord-ovest, dove puntavano i nostri sguardi, verso le luci lontane della città di Citorno, imbrigliate al di là delle colline marine. La cena era stata ottima grazie al piatto forte del locale, i meravigliosi totani fritti di Rudys, il quale in gioventù aveva percorso le cucine di tutti i locali eleganti di Port Metal e dell’isola d’Alba. Infatti, nella sua taverna non mancava mai una bottiglia di albatico dolce, da far schioccare la lingua. Anche adesso stavamo sorseggiando l’albatico che smuove i ricordi e fa nascer le storie, lì, di fronte al mare e Barbaccia, bevendo, pareva sperduto in tetri tramonti. “Questo tramonto” – disse a un certo momento il capitano – “mi fa venire in mente la storia del pirata Fortullo, un principe libero che non aveva paura di nessuno”.
Il suo volto rugoso, segnato da ore passate a scrutare i libecci, si fece serio e cominciò a raccontare: “Era una splendida serata d’estate, con un tramonto simile a questo, quando, secondo la leggenda, il pirata Fortullo si trovò a fare naufragio su questa costa, insieme a due fidi compagni della filibusta, gli ultimi che gli erano rimasti al fianco fino alla fine. Dopo un terribile scontro con i galeoni reali, che gli avevano dato la caccia fin dai Caraibi e che, proprio nel tratto di mare di fronte al Fortullinos (che da lui prende il nome), avevano affondato la Marianna, la sua invincibile caravella, Fortullo, su una scialuppa, era riuscito a raggiungere la riva con un forziere pieno di monete d’oro. Tutti gli altri pirati erano morti nello scontro terribile con i galeoni reali e Fortullo non riusciva a capire se il mare era così rosso per il loro sangue oppure per i riflessi del tramonto che tutto avvolgeva.
Fortullo e i suoi due compagni riuscirono a portare il forziere a riva e lo nascosero, forse sotterrandolo, nel tratto di spiaggia qui davanti. Ma non crediate che il forziere fosse pieno soltanto di ‘banali’ monete d’oro, cari amici, no davvero. Il pezzo più prezioso del suo bottino, quello a cui davano la caccia i galeoni per donarlo alla regina di Spagna, era l’uovo d’oro del Pinguino Ghelonghi, che il valoroso pirata era riuscito a procurarsi nei Mari del Sud.
Sembra – e il capitano si fece serio e più silente nel suo racconto – che Fortullo e la sua filibusta fossero riusciti a catturare anche lo stesso Pinguino Ghelonghi, che aveva uno straordinario effetto refrigerante. Il povero animale venne venduto sul mercato nero e andò a finire in una struttura chiamata “Marterre” che un tempo esisteva nella città di Citorno, un luogo dove gli animali erano rinchiusi ed esposti al pubblico. Il Pinguino faceva il suo dovere: infatti, nelle estati più torride, rinfrescava tutti i citornesi che passavano vicino alla sua vasca, al Marterre. Però, a lungo andare, a stare lontano dalla sua terra, il Pinguino stava diventando triste e non riusciva più a emettere il suo fresco rigenerante. Allora Fortullo, mosso a pietà dal povero pinguino, di nascosto, d’accordo con un altro personaggio piratesco che era da poco approdato a Citorno, forse fuggito da una prigione marsigliese, tale Edmond Pallès, riuscì a far scappare il pinguino e a farlo imbarcare sulla sua nuova nave, la Marianna II, per riportarlo a casa, nei mari del sud.
In ogni caso, il misterioso forziere forse è ancora nascosto sulla costa citornese, da qualche parte. Forse, invece, è stato prelevato dallo stesso Fortullo che, insieme a Edmond Pallès, ha rivenduto l’uovo a un pascià di Costantinopoli. La storia narra che i due diventarono così ricchi che si comprarono un palazzo a Parigi dove si ritirarono sotto il nome di conti di MontediPietà. Ma, forse, è solo una leggenda”.
La storia che il capitan Barbaccia aveva raccontato era davvero interessante. Chissà – mi chiedevo, mentre scendeva una notte color del velluto – se il forziere del pirata era ancora lì, col suo bellissimo, prezioso (e freschissimo) uovo d’oro. Io ne ero convinto, non credevo alla storia dei conti di Montedipietà. L’uovo doveva essere ancora lì, da qualche parte, fra quegli scogli che, arditamente, sembravano guardare il mare in una sfida senza fine.
gvs