Oggi si sciopera: appunti e riflessioni
Oggi, 25 Marzo, è stato proclamato sciopero generale dall’Unione Sindacale di Base. Le ragioni dello sciopero sono evidenti: mentre la produttività procede, in una regione come la Lombardia magari, martoriata drammaticamente dall’attuale epidemia virale, la produttività procede ancora, ed ancora, sotto dettato autoritario dell’ormai reale e sostanziale governo, Confindustria. Si chiede agli operai di continuare a lavorare, esponendosi al contagio, nella catena di montaggio della grande fabbrica, perché si ha paura di palesare al mondo un’altra evidenza: il capitalismo, l’economia del profitto, la società piegata all’economia, si sta sempre più paralizzando nei suoi fondamenti più elementari entrando in una contraddizione di difficile risoluzione: l’operaio genera plusvalore, produce VALORE, è polmone e motore dell’economia stessa, attraverso la sua FORZA-LAVORO; il salario appunto, così come lo intendeva e leggeva Marx nella sua forma primitiva, nel 1800, il salario insomma di sussistenza, mirato alla sopravvivenza dell’operaio stesso; l’operaio insomma deve pur vivere. Sebbene tutto ciò negli anni sia stato mascherato vuoi dal Welfare, dal fordismo con alti salari e grandi consumi, dai vari boom economici, il salario di sussistenza resta comunque una ragione genetica e strutturale del rapporto tra capitale e lavoro: si lavora da salariati per sopravvivere, ancora oggi. La contraddizione insomma sta tutta qui: si chiede di morire allo stesso elemento vitale del sistema. Quest’ultimo forse, ha deciso di suicidarsi? Perché assumere comportamenti tanto irrazionali e psicotici? La scelta tattica è in realtà trasparente: concentrare, come si dice nella teoria militare tutte le unità nel minor spazio possibile. Spieghiamoci meglio. Paralizzando il sistema oggi davvero si rischia di mettere in difficoltà il Capitale ed è per questo che Confindustria decide di sacrificare delle unità sacrificabili, almeno nelle loro disumane intenzione (iniziamo a sospettare che il presidente di Confindustria sia Nosferatu in persona), espone le prime linee al fuoco nemico per salvare chi resta dietro, quell’esercito industriale con cui un domani si vorrebbe riavviare l’economia. Possiamo senza problemi definirlo come un Fascismo tecnico e tardo industriale. Un suicidio allora forse, si, ma assistito, nel miraggio di una palingenesi, di una “resurrezione”. Andiamo, adesso però per gradi. Lo sciopero è GIUSTO e DOVEROSO, perché antepone la SALUTE alla produttività, la vita alla morte. E’ spirito di conservazione di vita, ma anche di un senso di umanità che sembra, oggi, essersi obliato dietro al civismo della PAURA, e che quindi appare sempre più residuale. Ma è per il senso più pregnante e sostanziale di questo civismo che allora ci rivendichiamo questo sciopero. Procedendo poi sempre per gradi e senza scadere nel mero sciacallaggio, impariamo subito una seconda lezione: il sistema adesso palesa davvero difficoltà di tenuta, Confindustria vampirizza ed allora, una volta ogni tanto sentiamolo pure noi l’odore del sangue. Poiché, spostandosi sulla terza considerazione utile e preziosa, abbiamo capito che la società della FABBRICA, del lavoro salariato, dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura sia il vero problema; il CAPITALISMO è il vero problema. L’inquinamento, un rapporto di squilibrio con l’ambiente ed i territori, cosa che implica pure uno stato sociale debole, un disinteresse verso la povertà, da cui una sanità eroica si, come si dice ipocritamente oggi, ma logorata e stremata in realtà, oppure una Taranto, o una LIVORNO, città dove si muore davvero per lavorare; tutti indici di criticità che dobbiamo, subito, iniziare a problematicizzare, in un tentativo che potrebbe apparire folle, almeno in apparenza, ma storicamente invece quanto mai esatto, proprio da un punto di vista tempistico, di costruzione di una società finalmente differente ed a misura di uomo, a misura della VITA.
DIEGO SARRI