Economie

Economia di guerra oggi. Parte XVIII

Italia: il ruolo delle sanzioni e dell’inflazione nella perversa correlazione diretta fra occupazione e povertà.

Prosecuzione della parte XVII “Italia 2022: l’impatto dell’inflazione sul livello dei salari reali”.

Ormai da alcuni anni nel nostro paese, al netto della contingente flessione pandemica, il numero di lavoratori e lavoratrici ufficialmente occupati risulta caratterizzato da un trend crescente che a dicembre 2024, in base ai dati dell’Istat, ha raggiunto l’entità totale di 24.065.000 con una dinamica che evidenzia un incremento di 274.000 unità rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente[1] (grafico 1).

La ripartizione degli occupati totali presenta il seguente quadro: fra i 18.975.000 lavoratori dipendenti, 16.422.000 risultano a tempo indeterminato e 2.544.000 a termine, mentre gli autonomi ammontano a 5.090.000 unità. Il tasso di disoccupazione, con lievi variazioni decimali durante i 5 mesi precedenti, si attesta a dicembre al 6,2%[2].

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Grafico 1: numero di occupati in Italia in milioni, periodo gennaio 2019-dicembre 2024. Fonte Istat

Nonostante il numero degli occupati risulti dunque in consolidato trend crescente, l’Istat nel suo “Rapporto annuale 2024” pubblicato nel maggio scorso, conferma l’inesorabile crescita delle sofferenze sociali: “Nel 2023 l’incidenza della povertà assoluta in Italia è pari all’8,5% tra le famiglie e al 9,8% tra gli individui” (grafico 2).

 

Istat, sono 5,7 milioni gli italiani in povertà assoluta: per i lavoratori mai così male dal 2014 - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile
Grafico 2: tasso di povertà assoluta individuale e familiare il Italia, periodo 2014-2023. Fonte: Istat

Dal 2014, allora che i valori risultavano rispettivamente del 6,2% e del 6,9%, abbiamo registrato, salvo la temporanea flessione del 2019 dovuta all’introduzione del Reddito di cittadinanza, un graduale incremento della povertà frutto delle politiche neoliberiste e antisociali attuate sino a oggi dai vari governi succedutisi alla guida del paese da almeno 15 anni.

Una preoccupante tendenza di medio-lungo periodo (grafico 3) divenuta ormai caratteristica strutturale del nostro paese, visto che nel 2007, alle soglie della Grande recessione, la povertà assoluta, secondo l’Istat[3], si attestava al 4.1% e interessava 2.427.000 di individui e 975.000 famiglie. Fino ad arrivare al 2023, quando quasi una persona ogni dieci è venuta a trovarsi in stato di povertà assoluta, corrispondenti in valori assoluti a circa 6.000.000 di individui e oltre 2.000.000 di famiglie.

Una critica situazione sociale che, probabilmente, è andata ad aggravarsi nel 2024 a seguito del rallentamento economico in corso nell’UE (+0,8) e nel nostro Paese (+0,6%) e dell’invarianza delle politiche antisociali dell’attuale nostro governo, oltre a una serie di fattori internazionali di carattere geoeconomico, geopolitico e bellico. Non appena verranno resi disponibili i dati definitivi dell’Istat sulla dinamica della povertà nell’anno passato, saremo nelle condizioni di effettuare un riscontro sulle nostre previsioni, della quale non mancheremo di rendere conto ai lettori.

 

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Grafico 3: percentuale di popolazione in condizioni di povertà assoluta per fasce d’età, confronto 2014, 2019 e 2023. Fonte Istat

Oltre alla dinamica economica generale degli ultimi venti anni caratterizzata da un deficit di investimenti produttivi delle imprese e da una “crescita dell’attività (economica vale a dire del Pil, ndr) e della produttività del lavoro particolarmente bassa”, hanno contribuito in maniera significativa all’arretramento delle condizioni di vita dei lavoratori e alla preoccupante tendenza espansiva dei cosiddetti working poors sia la politica salariale che la struttura contrattuale del mercato del lavoro.

Come evidenziato nelle stesse conclusioni del rapporto dell’Istat: “Il reddito da lavoro, in particolare quello da lavoro dipendente, ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio”.

L’impietosa analisi dell’Istat mette in risalto un quadro estremamente preoccupante, nel cui contesto la precarietà delle condizioni di vita delle persone inserite nel mondo del lavoro nel nostro paese non è determinata solamente da lavoro a tempo parziale e discontinuità lavorativa, ma talvolta anche da condizioni di lavoro stabili e orario pieno.

Conclusioni

Dalla nostra analisi, iniziata nel saggio precedente, emerge in modo lampante come i contratti part-time e a tempo determinato, col tempo, si siano rivelati strumenti che hanno prodotto risultati diametralmente opposti rispetto a quelli inizialmente dichiarati dal ceto politico. Infatti, se la narrazione ufficiale, utilizzata per edulcorare l’amara pillola delle “riforme” del mercato del lavoro, ben 4 in Italia negli ultimi 30 anni, faceva leva sulla retorica di agevolare la definitiva assunzione dopo un periodo di prova, per il tempo determinato, e il conciliare lavoro e altre esigenze familiari, per il tempo parziale, la realtà si è rivelata ben altra per milioni di lavoratori e soprattutto lavoratrici.

Lo stesso Istat nel suo rapporto conclude che “Come testimoniato dai dati, questa deriva ha finito per precarizzare e peggiorare la condizione economica e occupazionale dei lavoratori coinvolti, anziché tutelarne gli interessi secondo gli intenti iniziali“.

Al danno si aggiunge, quindi, la beffa in quanto tali tipologie contrattuali sono state imposte unilateralmente privando il destinatario della ipotetica possibilità di scelta che era stata invece presentata in origine come elemento qualificante delle riforme.

Su questo quadro generale regressivo delle forme e delle tipologie contrattuali, delle dinamiche salariali e del mercato del lavoro in generale in atto da un trentennio, si è abbattuta l’improvvisa fiammata inflazionistica iniziata nel 2021 e proseguita nel 2022 (media annua 8,1%[4]) che ha raggiunto l’apice nell’ottobre 2022 con un tasso tendenziale dell’11,8%[5] (grafico 4).

 

Inflazione Italia Gennaio 2022-Gennaio 2024(stima)
Grafico 4: tasso di inflazione mensile in Italia fra gennaio 2022 e gennaio 2024 (stima). Fonte Istat

Ripresa dell’inflazione, alla quale hanno fatto seguito vari rialzi del tasso di interesse da parte della Bce fra luglio 2022 e ottobre 2023 (grafico 5) che hanno innescato un aumento dell’importo delle rate dei mutui a tasso variabile per molte famiglie e aumentato il costo del denaro per le imprese, con inevitabili riflessi in termini di rallentamento economico.

 

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Grafico 4: tasso di riferimento della Banca Centrale Europea. Periodo: aprile 2022- ottobre 2023

All’interno di questa dinamica penalizzante sia per l’economia in generale che per i salari reali, hanno rivestito ruolo significativo le varie tranche di sanzioni imposte dall’Ue alla Russia, su sollecitazione di Washington, a partire dal 23 febbraio 2022, addirittura il giorno antecedente l’avvio dell’operazione militare speciale.

Le misure restrittive unilaterali occidentali e il Piano REPowerEU del 18 maggio 2022 hanno quindi fornito nuovo impulso alla speculazione finanziaria che ha fatto impennare il costo del gas fino al picco massimo dell’agosto successivo, trainando al rialzo l’inflazione[6]. Ne risulta quindi che nel 2022 secondo l’Istat “Il Pil reale non riesce a tenere il passo del Pil nominale, mentre il potere d’acquisto delle famiglie si è ulteriormente ridotto“.

Il dubbio che il ceto politico nazionale ed europeo non prenda in seria considerazione i rapporti degli istituti nazionali di statistica e dell’Eurostat, sorge spontaneo, visto che il 24 febbraio scorso, nonostante l’Ue si trovi poco sopra la stagnazione economica[7], la Germania in recessione da un biennio e la produzione industriale comunitaria a dicembre 2024 sia arrivata al 20esimo mese consecutivo di riduzione tendenziale[8], Bruxelles ha adottato il 16esimo pacchetto di sanzioni alla Russia[9], mentre erano già in corso le prime trattative fra Washington e Mosca per la risoluzione del conflitto e la revoca delle sanzioni da parte degli Stati Uniti

Andrea Vento

15 marzo 2025

Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati

 

NOTE:

  1. Su base tendenziale I lavoratori dipendenti a tempo indeterminato aumentano di +687.00, quelli a tempo determinato diminuiscono di – 402.00 e gli autonomi di -11.000.Fonte: Istat Rapporto: Occupati e disoccupati. Dicembre 2024. Dati provvisori.
  2. Rapporto: Istat Occupati e disoccupati. Dicembre 2024. Dati provvisori.Istat https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/01/CS_Occupati-e-disoccupati_DICEMBRE_2024.pdf
  3. https://www.istat.it/it/files/2011/01/6_povert%C3%A0-assoluta-2007.pdf
  4. https://www.rivaluta.it/serie-inflazione-media.asp
  5. Grafico 1 Economia di guerra oggi. Parte XVII. Italia 2022: l’impatto dell’inflazione sul livello dei salari reali
  6. Saggio Economia di guerra oggi. Parte XI – Le sanzioni funzionano..sì ma ai danni dell’Unione Europea. Tabella 1
  7. Saggio Economia di guerra oggi. Parte XVI – La crisi industriale della Germania prosegue anche a dicembre. Tab. 3
  8. https://formatresearch.com/2025/02/13/produzione-industriale-in-calo-eurostat/
  9. https://www.un-industria.it/canale/crisi-russia-ucraina/notizia/129114/sanzioni-ue-russia-16-pacchetto/