Hedge fund e mercati in rosso: la lumaca sul filo del rasoio
L’ultimo venerdì nero delle borse ci permette comunque di rimanere in sospeso sul giudizio legato alla portata della crisi dei mercati globali. Sarà il corso delle prossime settimane a dirci se si tratterà di normale correzione, tra l’altro attesa, di valori troppo alti specie nei tecnologici, di correzione robusta o di incrinatura sistemica, sempre sullo sfondo vista la struttura delicata e nervosa dei mercati finanziari.
Proprio per questo, visto che facciamo considerazioni politiche e non prospetti per investitori, isoliamo alcuni elementi utili per capire quale direzione hanno preso i mercati finanziari per definire quale impatto hanno sulle nostre società.
1) in un venerdì di pesanti ribassi tra mercati asiatici, europei e Wall Street con due guerre in corso che interessano paesi produttori di materie prime come gas e petrolio il petrolio è ribassato del 3,52 per cento. Uno dei motivi per cui il petrolio era ribassato negli anni scorsi era legato al forte calo del costo dei servizi finanziari che lo riguardavano. È evidente oggi che il contagio tra guerra finanziaria, quella delle fasi di ribasso, e guerra sul campo non passa attraverso il petrolio. Situazione inversa rispetto agli anni ’70 (nei quali comunque i mercati finanziari erano infinitamente piccoli per capitalizzazione se paragonati a oggi). Le nostre società subiscono così un continuo allineamento e disallineamento di guerra finanziaria e guerra sul campo. È la complessità, bellezza, e la politica non sembra capirci molto almeno oggi.
2) spesso, nella teoria politica, si continua a pensare il rapporto tra impresa, moneta e stato come qualcosa di lineare sempre come se fossimo negli anni ’70. Andiamo a vedere cosa è accaduto venerdì scorso alla borsa di Tokyo nella quale storicamente è forte l’intervento della banca centrale (fino a entrare, secondo alcune stime, nel 90 per cento dei titoli e a possederne i maggiori). Bene, la banca centrale del Giappone alza i tassi per sostenere lo yen e cosa accade? Gli investitori giapponesi, sostenuti da anni dalla loro banca centrale, scommettono contro lo yen. Come mai? Perché un dollaro troppo basso, incalzato da un apprezzamento dello yen, minerebbe i profitti in dollari delle loro aziende esternalizzate all’estero. Conclusione? Pensare geopoliticamente (le imprese di un paese sostenute dalle proprie istituzioni e dalla propria banca centrale) non aiuta a cogliere il grado di differenziazione (di interessi, di poteri e di strategie) presente nelle nostre società comunque globalizzate. In questo modo, nonostante i dazi USA (aumentati da Biden rispetto persino a Trump) i rapporti tra Stati Uniti e Cina non vanno visti solo come uno scontro tra un paese e un altro, o tra un sistema e un altro, quanto anche come un tentativo di regolazione in terreno economico integrato per catene di fornitura, investimenti reciproci, commercio bilaterale, servizi finanziari sinergici. Un tentativo unilaterale di regolazione che genera conflitti, naturalmente, anche su vasta scala.
3) passiamo alla guerra finanziaria vera e propria che si intravede in questo periodo. Per guerra finanziaria, in questo caso, si intende l’uso sistematico di tattiche speculative di mercato per la creazione di profitto a danno di alcune aziende o del complesso del listino di borsa (e in ultima istanza della società ma, come dicono i francesi, ça va sans dire). Per farla semplice in queste settimane i fondi di rischio globali hanno aumentato le scommesse speculative al ribasso su diversi mercati. È la stagione di caccia, visto che l’incertezza sui mercati aumenta, ma non è detto che il cacciatore a sua volta non venga predato. Infatti gli stessi fondi di rischio, a causa della volatilità dei mercati e degli stessi attacchi che loro stessi subiscono, hanno dovuto disinvestire in una dozzina di settori di mercato e, potenza evocativa del venerdì nero, hanno perso come mai dall’ottobre 2022. Per i fondi di rischio la guerra finanziaria è comunque la situazione classica della lumaca sul filo del rasoio: è spinta a passarci sopra ma rischia di finire tagliata in due se non identifica bene l’oggetto. La guerra finanziaria che impatta sulle società è condotta quindi da entità che rischiano di distruggersi, o di ridursi brutalmente, in uno spettacolare spreco di energie, vite e ricchezza.
4) L’antropomorfizzazione dei comportamenti dei mercati o la sua riduzione a psicologia (mercati “nervosi”, “inquieti”, “euforici”) e persino la sua animalizzazione (orso, toro) ci aiutano poco a capire cosa accade. La guerra finanziaria è una guerra tecnologica nella quale, oggi, la componente umana non è detto che sia la componente predominante. I fondi di rischio usano tre livelli di coinvolgimento di AI e tecnologie: Trading ad alta velocità, nel quale gli umani, visto che il trading speculativo si fa in poche frazioni di secondo, hanno un ruolo solo nella progettazione e nella supervisione; Hedge fund quantitativi, nei quali la AI ha un ruolo fondamentale nella lettura dei dati di mercato ma la decisione finale spetta agli umani; Hedge fund discrezionali nei quali la AI è a supporto di un investimento soprattutto dettato dall’esperienza del gestore. Sembrerebbe che solo il primo caso (il trading ad alta velocità), che coinvolge però volumi importanti di investimento, sia quello nel quale la tecnologia sfugge di mano a chi la utilizza. In realtà anche negli hedge fund discrezionali e in quelli quantitativi la complessità dei dati da analizzare e la volatilità dei mercati impongono decisioni così veloci nelle quali è la tecnologia a tagliare il nodo di Gordio della decisione al posto degli umani. Qui si intravede una caratteristica, di sempre, non solo della guerra finanziaria ma della guerra tout court: gli strumenti e gli attori per condurla possono clamorosamente sfuggire di mano a chi li ha promossi magari generando disastri di ampia portata. E come sempre la razionalità di quanto accaduto sarà ricostruita, ex post, da chi è rimasto in piedi dopo il disastro, secondo i propri interessi e la propria capacità cognitiva. Ma, come sappiamo, quello che accade in realtà è sempre una storia diversa.
Alla prossima puntata.
Per codice rosso, nlp
PS. con l’inizio della crisi russo-ucraina ci si è chiesti perché le scelte tedesche hanno favorito gli USA piuttosto che l’Europa nel suo complesso. Forse aiuta a capire il fatto che dal 2010 ad oggi, passando per diversi record del DAX, gli investitori europei nella borsa tedesca sono scesi al 22,6 per centro mentre gli investitori americani sono saliti dal 17,6 di allora al 23,5 per cento di oggi. A volta l’aritmetica è semplice ed aiuta.
nlp è autore di La finanza è guerra