Massucci atto secondo, la sottomissione
Con l’accordo raggiunto tra le parti (tifosi, sindaco, questore) sulla vicenda delle sanzioni comminate dopo il funerale a Gigi Guccini si pensava si fosse giustamente chiuso il sipario.
Con le dichiarazioni sul Tirreno di Roberto Massucci, invece, pare proprio che i soggetti privi di senso della responsabilità, in questa vicenda siano due: il questore e il principale quotidiano cittadino. Sul Tirreno poco da aggiungere: copiaincolla della comunicazione dei tribunali e delle questure, da prima ancora che esistesse il concetto stesso di copiaincolla, neanche si rende conto che un certo genere d’interviste semplicemente danneggia la città. Ma qui non è tanto il caso di prendersela con un giornale che fa da megafono, mantenendo la vocazione storica di oggetto inerte, ma con la voce che usa questo genere di amplificatore.
Roberto Massucci ha infatti utilizzato l’intervista del Tirreno per dire, di nuovo, la sua su quanto è accaduto. Fin qui si sarebbe all’eccesso di protagonismo mediale, fatto non nuovo nei cosiddetti uomini delle istituzioni come in qualsiasi soggetto nel quale l’esibizionismo prende un po’ piede. Balza però agli occhi la frase nella quale, secondo il questore prestato antropologo, i tifosi, venendo a trattare nei suoi uffici, avrebbero inscenato “quasi una sottomissione”. Naturalmente, leggendo tutta l’intervista il “quasi” sembra proprio fare la figura della foglia di fico e la parola “sottomissione” viene amplificata dal contesto delle dichiarazioni. E, infatti, i diretti interessati, giustamente, non hanno certo apprezzato ricostruzioni (diciamo) etnografiche di questo genere.
Ora, per farla breve, anche perché istituire una speciale filologia delle dichiarazioni a mezzo stampa ci pare troppo, c’è da chiedersi se sia chiara, a questo genere di autorità cittadina, la differenza tra il governo delle criticità del territorio e l’evidenziazione di riti di sottomissione che è un comportamento tipico da reminiscenza di contesto di occupazione coloniale. Quanto all’expertise del questore antropologo, lasciamo perdere se no viene voglia di recensire i suoi libri e andare bene a vedere il vuoto che, già a una sommaria lettura, si preannuncia in quelle pubblicazioni.
E il punto in fondo, come accennavamo pochi giorni fa, è piuttosto semplice: Livorno ha bisogno di tranquillità perché deve risolvere problemi molto grandi. Tutta questa storia poteva, e doveva, essere evitata senza bisogno di spettacolo. Speriamo solo si tratti di un fatto isolato.
per codice rosso, nlp