Editoriali

‘Ndrangheta a Livorno. Verso il modello Piemonte?

Livorno è un terreno permeabile per l’import di grossi quantitativi di sostanze stupefacenti? A giudicare dalle cronache, e dalle impressioni di chi lavora nel settore della logistica, si direbbe proprio di si. La vicenda, riemersa, dell’inchiesta sui rapporti tra tre portuali e la ‘ndrangheta fa nascere un interrogativo, più complessivo, su quali effettivamente siano i volumi di traffico di cocaina nel nostro scalo.

Secondo il presidente toscano della fondazione Caponnetto “un pezzo del porto di Livorno è in mano alla ‘ndrangheta” ed il nostro scalo farebbe sistema con quello di Gioia Tauro per il traffico di stupefacenti. Al di là dei silenzi e delle dichiarazioni di rito della politica istituzionale, compresa la presunzione di innocenza fino al terzo grado per gli indagati, si pone il problema di cosa voglia dire essere un porto che fa sistema per le esigenze della ‘ndrangheta.

E qui stiamo parlando di una organizzazione complessa che al nord, in particolare in Lombardia e in Piemonte, è stata in grado di costruire una rete di penetrazione sul territorio capace di fare sistema per economie sommerse di ogni genere. Da tempo, nella pubblicistica specializzata, si parla di “modello Piemonte” come struttura matura di penetrazione dell’economia criminale nei territori attorno agli “asset” strategici come può essere il porto della nostra città.

Il modello Piemonte prevede, accanto agli asset strategici del traffico di droga e del riciclaggio, lo sviluppo spontaneo di due ulteriori interessi : le costruzioni e la politica locale. Il radicamento territoriale avviene quando si ottengono pacchetti di voti ad amministratori locali per, in cambio, ottenere con procedure veloci e di favore permessi, concessioni, affidamenti di lavori pubblici. In questo modo, oltre a fare “business”, si consolida la protezione del traffico di droga e del riciclaggio. Quanto è in grado di infiltrarsi a Livorno a questo modello? Non è una domanda oziosa, servirebbero risposte mirate.

Inutile ricordare che, al nord, la politica istituzionale, come proprio in Piemonte, a lungo ha minimizzato o negato il problema delegando la risoluzione della questione all’andamento delle inchieste. Non funziona così, la minaccia della ‘ndrangheta si dissolve, ineludibilmente, con una realistica ricognizione del problema e una serie di scelte politiche ed economiche che tolgono spazio alla diffusione di fenomeni di questo genere. L’intervento della magistratura è solo un elemento di un sistema di reazione del territorio. Altrimenti il rischio di svegliarsi con una città in mano a chi ufficialmente non esiste è concreto.

Per codice rosso, nlp