Tutti al Cinema: Netflix o Drive-In?
Una linea invisibile sembra unire i primi cinematografici che timidamente nascevano i primi anni del 1900 a questo deserto visivo e culturale che rappresenta il cinema oggi al tempo del Covid-19.
Intorno al 1905 nascono a Livorno il Cinematografo Artistico in Via Vittorio Emanuele ( Via Grande) e il ”Salon Parisien”, famoso per la fantasiosa facciata in legno pitturato d’oro e colori vivaci, intarsiata da arabeschi ( proprio come i cabaret di Rue Pigalle a Parigi).
Una lunga storia fatta di film muti, sonori, technicolor, registi, attrici e attori, sceneggiatori, case di produzione e di noleggio, rivoluzioni tecnologiche e soprattutto di molti capolavori che sono stati parte integrante della nostra cultura e della nostra memoria.
La sala cinematografica inizia la sua parabola discendente, sia a livello di pubblico sia come luogo di relazione e di aggregazione, a partire dagli anni 80, per la nascita di TV private, Pay TV, utilizzo del video lettore e DVD e di una maniera diversa di concepire lo spazio cittadino. A partire dagli anni 2000 cominciano inesorabilmente la chiusura dei cinema Mono sala (l’elenco su Livorno sarebbe lungo e doloroso…) che lasciano spazio alle varie multisala come quelle della Medusa (ora Space Cinema) e della Warner Bros, per non parlare poi dell’avvento di Internet e dei suoi streaming e download.
La pandemia causata dal Covid-19 ha definitivamente messo a tappeto il mondo del cinema e sarà veramente difficile rialzarsi: tenendo conto della varie fasi ipotizzate, teatri e cinema saranno gli ultimi a riaprire.
i dati sono allarmanti: ”Si tratta di centinaia di aziende, 61.000 lavoratori per le attività dirette della produzione, 172.000 con l’indotto. Sono 1.650 le strutture per 4200 schermi, ora spenti. Un comparto che, considerato nella sua interezza (produzione, industrie tecniche, distribuzione, esercizio e servizi), è in grado di sviluppare un moltiplicatore economico significativo: ogni euro investito riesce a generarne altri quattro. La priorità è salvaguardare i posti di lavoro anche per non spegnere il motore produttivo del nostro immaginario. Utile quindi sollecitare un confronto su possibili proposte concrete e soluzioni, anche creative, funzionali alla ripartenza e allo sviluppo dell’industria dell’audiovisivo, appena sarà possibile.” (Paolo Del Brocco – articolo 22.4.2020 – Il Foglio).
Una serie di interventi governativi come lo stanziamento di 130 milioni da un fondo stanziato per le emergenze cinema ed audiovisivo e la legge Franceschini sul cinema che dispone di 400 milioni di euro l’anno a favore dello spettacolo non sembrano sufficienti a garantire il futuro del cinema. In Francia il giornale Le Figaro sostiene che le sale cinematografiche francesi sperano di riaprire le porte a luglio mentre il DPCM del 26 aprile 2020 non lascia capire quando e come riapriranno le sale cinematografiche italiane. I festival del cinema, da Venezia a Toronto saranno in formato virtuale con anteprime dei film on line e rassegne stampa da remoto. Ma intanto You Tube di Google annuncia che si terrà, tra il 29 maggio e il 7 giugno, il festival del cinema on line denominato ”We are One” , una rassegna di film virtuale e gratuita.
Perché il problema rimane il luogo dove si guarderà il film. Come saranno le nostre sale del futuro? Chi potrà permettersi distanziamento sociale, mascherine, igiene e sicurezza dopo ogni proiezione? Cosa potremo mai inventare per far tornare la gente al cinema? Davvero possiamo pensare di tornare al Drive In degli anni 60?
In tutta Italia circolano proposte e ipotesi su un ritorno del Drive-In, come quelle della Regione Lombardia o in Abruzzo oppure quella ipotizzata nella Cittadella di Viareggio, ma di fronte a questa possibilità ci dobbiamo chiedere: dove e a che prezzo trovare questi grandi spazi, le strutture, la tecnologia del suono, le solite auto.. per poi far vedere i film bloccati dalla pandemia e quelli usciti, inevitabilmente, via streaming? Potrebbe bastare al cinema per risollevarsi di fronte a questa crisi indefinita per i tempi di recupero e indecifrabile per la stessa scienza medica?
Parliamoci chiaro: la tecnologia digitale, Google, Apple, Facebook, Instagram, Amazon Prime e Netflix avevano già spianato la strada a questo cambiamento strutturale e virtuale. Proprio in questi giorni, Netflix ha annunciato di avere il catalogo quasi completo dei film di Truffaut e di entrare a far parte del consiglio dell’ANICA, Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali; allo stesso tempo la sua quotazione in borsa dal 16 marzo al 16 aprile è passata da 298 a 439 dollari.
Ultimamente Il regista Roberto Faenza ha lanciato un sondaggio alla sapienza di Roma, sulla storia del cinema e i suoi protagonisti, che ha dato un risultato chiaro e significativo: pochi conoscono Fellini e Rossellini, quasi nessuno Antonioni e Visconti; ma in compenso “gli universitari sanno tutto di Chiara Ferragni” ( Il Fatto quotidiano 29 aprile 2020).
Il distanziamento sociale, il mondo delle relazioni, l’essere insieme, la memoria condivisa, il pensare con altri era già stato messo a dura prova da questi anni tecnologici e tutto il mondo della cultura era già cambiato profondamente.
La trasformazione antropologica in atto sta modificando il nostro modo di essere, lavorare, pensare, sentire, ascoltare musica e vedere un film.
Se vogliamo aiutare davvero il cinema allora dobbiamo ripensare i nostri luoghi a venire, sale, teatri, circoli del cinema, scuole, piazze, associazioni, bar e quant’altro e inserirli nuovamente in un contesto sociale, politico, umano, relazionale che vada oltre il linguaggio attuale, oltre l’interesse economico e oltre questa tecnologia invadente troppo “umana” che ci sta prendendo spazio, tempo e memoria.
Inoltre diventa fondamentale, nel cinema come nella società, rigenerare il tempo della vita interiore, del sogno, della fantasia e della terra che si contrapponga al tempo del lavoro e dell’economia, della pubblicità e dei social.
Bisogna recuperare, anche, il tempo della storia e della memoria collettiva, quel tempo interiore della società che ha unito, fin dai suoi esordi, il cinema a tutte le grandi trasformazioni sociali, culturali e economiche e a quelle rivoluzioni e a quei sogni che riguardano, profondamente, la vita reale di ognuno di noi. In questo senso il cinema è come il linguaggio, “sistema e storia, atto individuale e istituzione collettiva” (Saussure).
Sta a noi cambiare linguaggio, sistema e storia.