Il derby della distinzione, Bourdieu e la pallacanestro livornese
“La speranza magica è il modo di affrontare l’avvenire di chi non ha avvenire” (Bourdieu)
Non seguo i campionati di basket da molti anni e non intendo rientrare, come dire, nel giro. Alla fine è un modo di guardare il derby cittadino senza aver investito cognitivamente e emotivamente sulla vittoria dell’uno o dell’altro e senza dover dimostrare che le proprie parole sono piegate da esigenze di tifo. Si prende, insomma, una giusta distanza antropologica dagli eventi ma anche come appassionato di calcio che guarda un altro sport con senso della differenza.
A Livorno il derby di pallacanestro è un evento che fa eco a livello nazionale, circa 7000 persone per un partita di B sono tante, e che sul territorio riporta un senso di agonismo e di distinzione tra tifoserie, e tra componenti della vita cittadina, latente per anni.
Bourdieu qui ci aiuta a leggere il derby livornese di pallacanestro con due categorie – distinzione e dinamica dei campi – molto utili per confermare che si tratta di eventi che vanno molto oltre lo sport quando non è il linguaggio dello sport l’unico che, opportunamente interrogato, a spiegarci mutazioni in atto.
E qui bisogna ricordare un paio di cose: il derby livornese di basket informalmente prende il posto del palio marinario come più sentito palio cittadino a partire da un periodo, la fine degli anni ’70, in cui la città fordista-portuale comincia a vedere ristrutturazioni che la trasformeranno profondamente e dolorosamente. Allo stesso tempo gli anni ’80, l’età d’oro del basket livornese, codificano attraverso il derby gli aspetti positivi, agonistici e vivaci di queste trasformazioni prima del grande diluvio, fatto di scomposizioni economiche e sociali, cominciato negli anni ’90.
L’età d’oro del basket finisce così proprio all’inizio degli anni ’90 con i primi atti della grande scomposizione –economica, culturale, persino demografica – di Livorno. Il ritorno del derby in grande stile trent’anni dopo, caratterizzato da una lunghissima traversata nel deserto a livello di tifo e di società che ha veicolato la memoria storica del derby in tutti questi anni, assume il significato di una riappropriazione di questo genere di palio cittadino in una dimensione simbolica simile, e per altri versi molto differente, agli anni ’80.
Bourdieu, alla fine degli anni ’70, ci ricorda come le distinzioni, le scelte di gusto siano essenziali per determinare comportamenti e posizioni dei gruppi sociali nel contesto complessivo della società. Bourdieu ricorda soprattutto la funzione dell’educazione in questo processo di formazione mentre qui la distinzione viene operata dalla sport, agenzia di socializzazione che all’epoca del saggio del sociologo francese era abbondantemente sottovalutata.
Il derby livornese di pallacanestro è un processo di distinzione, di scelta di gusto, campo, linguaggio, comportamenti, oggetti e simboli operato nel territorio attraverso lo sport e socialmente operante ben oltre il basket. La stessa ridefinizione della spazialità cittadina, nel passaggio storico tra palio marinaio e derby di basket come principale evento di rivalità locale, fa capire quanto la pallacanestro sia stata vettore di una grande trasformazione: dalla percezione di una città divisa in quartieri si passa al piano di distinzione di una città semplicemente divisa in due che nella quale la rivalità si giocano non sulla spazialità ma su appartenenza, scelte, “vocazione” e comportamenti.
E’ una distinzione antropologica dettata dallo sport, quindi da un processo mimetico del conflitto, ma a suo tempo dava significato a una città i cui personaggi e comportamenti non erano più fordisti, non ancora da deserto liberista, e marcavano il mondo degli anni ’80 di una provincia ancora spensierata e satolla. Era anche il periodo in cui lo sport cominciava a marcare il primato, come agenzia di socializzazione, rispetto all’istruzione.
Il derby è quindi la partita nella quale si mette in palio quale distinzione, quale scelta di gusto vale più dell’altra, quale costruzione dell’ironia sui comportamenti dell’avversario assume valore fino a diventare assordante. Così rafforzano o si indeboliscono identità, biografie, stili di vita, gruppi di relazione.
La nozione, sempre di Bourdieu, di “campo” permette di capire in quale campo di forza questa modalità agonistica di distinzione, di scelta di gusto si giochino fenomeni come il derby di pallacanestro in una città, oggi ex città formalmente amministrata, a vocazione portuale. In Bourdieu il campo è una sorta di area specializzata –fatta di linguaggio e comportamenti –che assieme ad altre concorre a comporre quello che chiamiamo società.
Il campo derby di pallacanestro è così un piano formalmente sportivo, codificato dalla discipline e dalle estetiche specialistiche di questo sport, che , per il significato assunto dagli eventi produce identità, agonismo e comportamenti che assumono valore ben oltre la cronaca sportiva. Proprio per questo attraverso lo sport è possibile leggere quello che altrimenti resterebbe invisibile: il formarsi delle identità, dell’agonismo, il funzionamento della rete dei rapporti, lo spessore simbolico-sociale dei comportamenti di un territorio.
Queste considerazioni, precedenti e successive ad un evento sportivo, scompaiono, e hanno comunque meno senso, durante l’evento. Nel derby tutto diventa liminale, spariscono barriere percettive, sociali, inibizioni o, meglio, scomparendo tutto questo si definisce il confine tra due parti in campo redendo la divisione tra due campi un forte evento cognitivo i cui fatti avvenuti possono assumere, potenza del liminale, significato per decenni. Durante l’evento la dimensione del magico –nel senso di accadimento che va oltre la normale esperienza quotidiana – assume un significato che ci fa capire come si formi l’aura di valore attorno a oggetti, eventi e comportamenti anche nelle società di mercato.
E qui l’ultimo passaggio utile di Bourdieu, sulla speranza magica. Quello che ci fa capire la differenza, antropologica, tra il derby degli anni ’80 e quelli degli anni ’20. La speranza magica è legata al carico di aspettative della vita quotidiana, mentre cresce quello di antagonismo simbolico prima e dopo un derby, quelle sul desiderio di moltiplicazione dei momenti magici nell’evento, nei quali la propria scelta distintiva si impone sulle altre. Negli anni ’80 la speranza magica, e la sua realizzazione si giocavano tutte nella conferma di un tessuto sociale e simbolico di una società del benessere dei consumi allora diffuso.
Oggi questa speranza si gioca in una città spaccata con una parte, minoritaria, che può ripetere i riti degli anni ’80 come se niente fosse cambiato, come conferma del proprio mondo, e un’altra che gioca con i riti del benessere pur essendone esclusa o a escusione minacciata. La speranza magica assume quindi significati differenti e anche l’antagonismo presente nel derby sovrappone al campo di forza dichiarato dell’agonismo sportivo quello inquieto e diffuso della paura delle aspettative non realizzate. Il derby rappresenta quindi, oggi, il liminale di una città che sta affondando assieme a quella che si sente ben ancorata sul terreno. Come sempre, trasmettendosi da una generazione all’altra, i riti cambiano significato anche se, nell’intenzione, questo sarebbe un rito conservativo, restaurativo di un ordine caldo perduto.
Il palio come il derby è un processo di costruzione di significato autoreferenziale e espressivo allo stesso tempo nel quale pur dividendosi, e radicalmente, un territorio comunica sé stesso all’esterno. I piccoli uomini del centrosinistra e il notabilato locale lo vivono come un evento confermativo del loro mondo ma già vedendo la luce del derby dall’esterno, con le nubi che lo avvolgono, si capisce che il territorio non è più affidabile e amichevole come un tempo. Puntuale, come sempre in questi casi, l’evento se si riprodurrà ancora nel tempo porterà con se messaggi di cambiamenti non graditi a chi oggi si spella le mani dalla tribuna vip parlando una lingua morta che crede viva e all’ordine del giorno.
Per Codice Rosso, nlp