Editoriali

Il Magical Mistery Tour dell’inceneritore di Livorno

La nostra città non sfugge alla regola che vuole l’esistenza di un intreccio lungo e complicato tra ambiente, economia e occupazione quando si tratta di rifiuti.
La vicenda Aamps non sfugge quindi a questa regola specie se si tratta d’inceneritori. Mettiamo quindi tre puntini sulle “i” prima di parlare delle vicende più recenti che riguardano l’inceneritore livornese. Primo: una parte del centrosinistra livornese ha sempre considerato ambiente e rifiuti soprattutto un bancomat a prescindere dai danni ambientali. Basti considerare quanto, e come, sono sopravvissute aziende come Lonzi e Bellabarba sul territorio. Secondo: una strategia rifiuti zero, di conseguenza, a lungo, è stata considerata soprattutto con dileggio, come traccia si ricordi l’accoglienza a Rossano Ercolini la primissima audizione in consiglio comunale durante la sindacatura Cosimi. Terzo: durante tutti gli anni ‘10 Aamps è stata all’interno di una difficile situazione economico-finanziaria – specie a partire dal breve periodo di amministrazione dell’attuale direttore generale del comune Falleni – di un successivo concordato preventivo, oggetto di una storica battaglia in consiglio comunale, di un faticoso conferimento dell’azienda a Reti ambiente, consorzio regionale del quale Aamps oggi è braccio operativo sul territorio.
In questo percorso abbiamo visto ristrutturazioni aziendali e cambiamenti di amministratori e di strategia ma, anche, un punto fermo fissato, anche se in modi diversi, dalle due ultime amministrazioni comunali: lo spegnimento dell’inceneritore, ormai obsoleto, per il 2023.
Anche perché c’è, oltre al cambiamento di strategia di Aamps che nel 2023 ha una data chiave, c’è un altro elemento strutturale di cui tener conto: per mantenere l’attuale inceneritore, e quindi l’autorizzazione regionale per lo smaltimento, servono, secondo fonti da noi interpellate, almeno 20 milioni di fondi pubblici a fronte di una redditività tutta da dimostrare per non parlare dell’efficacia nella tutela ambientale.
A questo punto, con l’inizio dell’estate, si inserisce la rivendicazione del segretario FP-CGIL Golino, che a suo tempo ha contestato tutta la linea intrapresa a suo tempo dall’amministrazione 5 stelle, contrario allo spegnimento dell’inceneritore definito, in una intervista giornalistica, “un’eccellenza”. Ora, non c’è bisogno di essere esperti di termovalorizzazione per capire che un impianto di oltre quaranta anni fa, che ha bisogno di decine di milioni di euro d’investimento, che nel 2026 rischia fortemente di essere tassato per i livelli di CO2 emessi, più che un’eccellenza è soprattutto un residuo da smaltire.
Golino ha quindi preso la testa di una battaglia che non ha futuro, economico e ambientale, provando a ottenere una difficile deroga dalla regione, magari tentando di arrivare al 2026, seguendo una regola aurea di parte del centrosinistra livornese: prima il bancomat poi, forse, l’ambiente. Ma dove è qui il bancomat?
Interrogando varie fonti sindacali emerge un problema interno alla filiera di lavoro dell’inceneritore: quello delle indennità di turno, e dei bonus, perduti da diversi lavoratori in caso di spegnimento dell’impianto. Problema comprensibile, ci mancherebbe ma può essere risolto andando avanti, e con un inceneritore, pochi anni fino alla chiusura, magari nel 2026? E magari, come oggi, senza una vera visione della transizione ecologica livornese?
E qui c’è la saldatura con un’altra questione: l’uso che il PD fa della questione Aamps, e di altre, come strumento di condizionamento dell’attuale primo cittadino. In poche parole una questione d’indennità e bonus, da risolvere, per alcuni lavoratori finisce per condizionare la salute e la politica ambientale del territorio e gli assetti politici istituzionali. È proprio un magical mistery tour di questo inceneritore visto che siamo in uno scenario nel quale confindustria locale non aspetta che di calare l’asso, una volta spento l’inceneritore in tempi certi della richiesta pressante della riconversione di Eni-Stagno a “bio”raffineria. Certo, il rifiuto di Salvetti di accontentare le richieste dei sindacati ha attivato fibrillazioni di ogni tipo – aziendali, ambientali, politiche – ma, nel contesto, emerge anche la questione del rischio di un aumento sostanzioso della Tari, magari posticipata per il dopo amministrative, in modo da non gravare sull’immagine di una giunta che, tra non molto, entrerà in una lunga campagna elettorale. C’è, sempre in questo panorama, la questione delle cifre reali della redditività dell’inceneritore, reperibili per la maggioranza comunale in tutta discrezione, difficilmente reperibili dall’opposizione

Tanti sono quindi i temi se si segue il magical mistery tour inceneritore degli ultimi 15 anni da vivo, da semimorto e da morto. Il punto è che, a questa tappa del tour, la questione ambientale, assieme alla salute dei cittadini, sta sullo sfondo mentre esigenze corporative in azienda e quelle di filibustering all’interno delle istituzioni la fanno da padrona.

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