Livorno, cinema e deserto.
In questi giorni a Livorno è in corso un dibattito sulla destinazione del palazzo Grande dove abbiamo assistito ultimamente a chiusure di locali ed episodi vari di degrado ed abbandono. Tra queste chiusure spicca nel 2013 quella del cinema Grande ( con le sue tre sale Vespucci, Colombo e Magellano) che segna un’ulteriore tappa di quel processo economico e culturale che ha modificato profondamente la nostra città.
E pensare che nel 1902 a Livorno veniva inaugurato il Cinema Parisien con la sua fantasiosa facciata in legno pitturato d’oro e colori vivaci. Dopo solo pochi anni, nel 1907, la nostra città aveva 15 sale cinematografiche per una media di una sala ogni 7.163 abitanti.
Poi, negli ultimi decenni, una vera carneficina dei cinema del centro cittadino (basti pensare a Metropolitan, Odeon, Gran Guardia Teatro, Aurora, Grande, ecc.) il cui punto di non ritorno sarà costituito,nel 2003, dall’apertura della Multisala Medusa (ora Space Cinema) che dispone di 9 sale per un totale di 2206 posti . Per quanto riguarda le presenze si segnala un calo costante del numero di spettatori e confrontando i dati del 2011 con il 2018 abbiamo un decremento di circa 50.000 ingressi nelle sale cittadine con una perdita complessiva di 400.000 euro (dato che però riflette i dati regionali e nazionali).
Le amministrazioni comunali degli ultimi anni, favorendo la costruzione dei centri commerciali come Porta a Terra e Parco Levante, hanno sicuramente contribuito a svuotare e spostare la vita reale della città facendo perdere i suoi tradizionali spazi di relazione come cinema, teatri, librerie e altro ancora. In questa profonda trasformazione strutturale del territorio cittadino soltanto le grandi società private, con enormi possibilità finanziarie, hanno potuto cogliere l’occasione di creare le strutture adatte ai nuovi spazi ( basti pensare che Warner Bros e Medusa sono, al tempo stesso, Produzione, Noleggio e Luogo di proiezione di un film). Così il centro commerciale con il suoi supermercati, parcheggi e locali slow food diventa il “luogo non luogo” di Marc Augè dove è evidente la perdita in termini di relazioni umane e culturali. In ugual misura una parte del centro diventa deserto, terra insicura e solitaria dove la propaganda di destra trova terreno favorevole per le sue campagne politiche e pubblicitarie. Ma al di là di questa lettura il cinema soffre chiaramente dei cambiamenti tecnologici della società contemporanea dove, con la nascita delle TV private, tv a pagamento, videocassette, DVD, Internet, con gli arrivi degli ultimi colossi digitali come Netflix e Amazon, è cambiato profondamente il modo di guardare e vivere un film. In questo senso bisogna capire ( e fare in fretta) che la tecnologia è società, politica e trasformazione reale di spazio, tempo, corpo e relazione.
E si tratta di riprendere i luoghi dal basso con l’unione e la partecipazione di tutti quelle associazioni, centri e soggetti che hanno continuato a credere nel cinema ( come nel teatro, musica, pittura, ecc.) considerando e affrontando davvero il cambiamento strutturale, finanziario e digitale dei nostri giorni che Livorno sta subendo in maniera devastante.