Migranti: la disumanità, la cecità e la schizofrenia del governo italiano
In questi giorni sui media rimbalzano soprattutto due notizie: i migranti bloccati a bordo della Geo Barents ai quali il governo italiano vieta lo sbarco, e la partecipazione del presidente del Consiglio Meloni alla Cop 27 in Egitto, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Potrebbe sembrare che questi due avvenimenti non abbiano la benché minima connessione fra di loro eppure, se guardiamo più in profondità, possiamo notare una buona dose di schizofrenia in un governo che, da una parte, vieta il movimento di popolazioni, asserragliandosi nella sua fortezza economica e sociale, mentre dall’altra afferma di volersi impegnare per fronteggiare i cambiamenti climatici. Forse i governanti non arrivano a capire che, probabilmente, molti di quei migranti che intendono bloccare sono anche migranti climatici. Al di là di questo, resta comunque il fatto che non si può cercare di risolvere i problemi legati al cambiamento del clima senza prendere in considerazione la possibilità di spostamenti in massa di popoli.
Per fronteggiare questo tipo di emergenze, adesso più che mai, occorrerebbe una società libera e aperta, senza barriere e frontiere, che permettesse la libera circolazione degli esseri umani, soprattutto di quelli in fuga da catastrofi naturali, guerre civili, inaridimento del suolo, fenomeno che provoca anche un impoverimento diffuso. Non si può bloccare una nave di migranti impedendone lo sbarco sulle coste italiane, e contemporaneamente impegnarsi (o quantomeno fingere di impegnarsi) per fronteggiare l’emergenza del cambiamento climatico. Questo atteggiamento dimostra una cecità, una incomprensione totale degli assetti geo-sociali della contemporaneità o, nella migliore delle ipotesi, una vera e propria forma di schizofrenia. L’inaridimento del suolo è un fenomeno che sta già investendo diversi territori dell’Africa e dell’Asia e, in un tempo non troppo lontano, potrebbe investire anche l’Europa e l’Italia, paese in cui siamo circondati da fiumi in secca, soprattutto in quella pianura padana tanto cara ai leghisti al governo, e in cui vere e proprie ‘bombe d’acqua’ potrebbero repentinamente creare l’effetto contrario: esondazione di fiumi con vittime e distruzioni. Già nel 2016, Bruno Arpaia con il suo romanzo Qualcosa, là fuori, aveva creato lo scenario distopico di un’Italia futura completamente inaridita, con le coste sommerse dall’innalzamento del mare, in cui gli abitanti sono costretti ad affidarsi a compagnie che gestiscono la tratta dei migranti e partire come dei disperati verso la Scandinavia.
D’altra parte, il divieto di sbarco imposto dal governo italiano dimostra anche una buona dose di disumanità. Come scrive Maurizio Bettini, antropologo e filologo classico, nel suo saggio Homo sum. Essere “umani” nel mondo antico, leggendo i versi del primo libro dell’Eneide relativi al naufragio dei profughi troiani, in fuga dalla distruzione della loro città, al largo delle coste di Cartagine, oggi non possiamo più restare indifferenti. Non possiamo non pensare ai migranti contemporanei che, in quello stesso braccio di mare, trovano la morte o, come adesso, restano bloccati su una nave, fra atroci sofferenze, perché gli viene negato lo sbarco. Didone e i cartaginesi si sono dimostrati mille volti più umani del governo italiano, accogliendo Enea e i suoi compagni che, dopo aver naufragato sulle coste, chiedevano ospitalità. Uno dei profughi troiani, Ilioneo, rivolgendosi ai cartaginesi, in sostanza, dice: “siamo un popolo di vinti, non di violenti, guardateci da vicino, guardate da vicino lo straniero e allora capirete che non dovete avere paura di noi”. Sembra che i governanti non abbiano capito niente dell’humanitas insita nella cultura classica: le parole di Ilioneo invitano a superare i pregiudizi, e – come scrive Bettini – “la barriera dell’ignoranza”. Se ci guardate da vicino, allora, potrete capire che non siamo un pericolo, siamo soltanto esseri umani in difficoltà. Certo, come è possibile guardare da vicino dei migranti che chiedono di essere soccorsi se li teniamo a distanza, rinchiusi su una nave? Oltre che di ignoranza, come già osservato, c’è una buona dose di disumanità. Chissà quante di quelle persone che il potere, in modo arrogante, vuole tenere alla larga dai suoi confini, potrebbero invece essere una risorsa preziosa per tutti noi, anche semplicemente conoscendoli più a fondo, per regalare un sorriso e riceverne, per creare empatia, semplicemente per far nascere un’amicizia. Magari sarebbero potuti diventare nostri amici e, non conoscendoli, probabilmente ci perdiamo dei momenti meravigliosi che avremmo potuto trascorrere insieme a loro. Chissà.
Un popolo che impedisce a chi chiede aiuto di toccare le proprie sponde, nella cultura classica, è considerato come barbarus. Un popolo i cui costumi non sono neanche degni di essere considerati umani. Un esempio ne sono i Ciclopi e Polifemo il quale, secondo il racconto dell’Odissea, “non si mischiava con gli altri” e aveva “pensieri senza legge”. La stessa Didone, regina di Cartagine, tiene subito a confortare gli esuli troiani dicendo che i cartaginesi non commetteranno certo l’empietà di respingere dei profughi che vengono a cercare aiuto. Sarebbe un atto degno della crudeltà di Polifemo. Anzi, Polifemo, almeno, aveva accolto Odisseo e compagni, non li aveva lasciati in mare costringendoli a non approdare nella sua isola (anche se poi, di questi ultimi, ne aveva uccisi e divorati molti senza pietà). Inutile dire che, a conti fatti, il governo italiano si sta dimostrando più barbaro e disumano dello stesso Polifemo.
gvs
(l’immagine di copertina non si riferisce ai recenti avvenimenti)