ONU: Il voto sulle sanzioni ennesima pagina nera della politica estera europea
di Nello Gradirà
Il 23 marzo scorso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite è stato chiamato a votare una risoluzione proposta a nome del Movimento dei Paesi non Allineati da Cina, Azerbaigian e Palestina, intitolata “The negative impact of unilateral coercive measures on the enjoyment of human right”1.
La risoluzione è stata approvata con il voto favorevole di 30 Paesi (vedi tabella qui sotto tratta da Fanpage), mentre due si sono astenuti (Armenia e Messico) e 15 hanno votato contro (Austria, Brasile, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Isole Marshall, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Corea del Sud, Ucraina, Regno Unito).
Il voto contrario dell’Italia ha suscitato molte polemiche, legate soprattutto ai rapporti con Cuba e alle missioni umanitarie effettuate l’anno scorso nel nostro Paese dai medici cubani per supportare il servizio sanitario italiano nella lotta contro il COVID. Si è parlato di vigliaccata, di “inspiegabile ceffone”, di tradimento. La sindaca di Crema, Stefania Bonaldi (PD) ha scritto al presidente del Consiglio Draghi un’appassionata lettera di protesta nella quale sostiene che “il nostro Paese ha violato in modo grave codici di civiltà decisivi, come la riconoscenza, la lealtà, la memoria, la solidarietà”. Altri invece hanno ricordato che il voto non riguardava l’embargo contro Cuba ma la legittimità dello strumento delle sanzioni in generale.
Vediamo esattamente di cosa si trattava e cos’è successo.
Nella risoluzione si sostiene che le sanzioni unilaterali “sono contrarie al diritto internazionale, alla normativa internazionale sui diritti umani e alle dichiarazioni, le norme e i principi che regolano le relazioni pacifiche tra gli Stati”, e si esprime “grave preoccupazione per il loro impatto negativo sui diritti umani, il diritto allo sviluppo, le relazioni internazionali, il commercio, gli investimenti e la cooperazione”, e soprattutto sul diritto di ogni essere umano ai migliori livelli possibili di salute fisica e mentale e assistenza medica, alla libertà dalla fame e ad un’adeguata qualità della vita, cibo, istruzione, lavoro e alloggio. Queste sanzioni, si legge ancora nel documento, imposte attualmente da Paesi sviluppati a molti Paesi non sviluppati o in via di sviluppo, “colpiscono in modo sproporzionato i poveri e le classi più vulnerabili”, e danneggiano non solo i Paesi che ne sono bersaglio ma anche Paesi terzi. Riaffermando l’eguaglianza nella sovranità degli Stati, il principio di non intervento e di non interferenza nei loro affari interni e la libertà di commercio internazionale e di navigazione, i proponenti chiedono agli Stati membri di astenersi dal promulgare simili misure e di interrompere quelle in atto.
Le sanzioni unilaterali sono uno strumento tipico della politica imperiale degli Stati Uniti e dei loro alleati: non a caso i Paesi soggetti attualmente o nel recente passato a queste misure sono quelli che gli USA considerano “stati canaglia”: Cuba, Siria, Iran, Corea del Nord e Venezuela. Neanche in occasione dell’emergenza COVID, che ha messo a dura prova le popolazioni e i sistemi sanitari di tutto il mondo, si è ritenuto doveroso sospendere questi odiosi provvedimenti.
L’embargo più noto e più longevo è quello contro Cuba, che dura ininterrottamente dai primi anni ’60 e che di recente è stato addirittura inasprito da Trump, rendendo ancora più difficile per l’isola caraibica l’approvvigionamento di beni essenziali. Cuba è stata di nuovo inserita dal governo di Washington, con supremo sprezzo del ridicolo, nell’elenco dei Paesi che supportano il terrorismo.
L’inviata ONU in Venezuela Alena Douhan a proposito delle sanzioni parla di “effetti devastanti per la popolazione, specie per la parte più debole, donne, vecchi, bambini”2
Per quanto riguarda l’Iran, in un’intervista a Open pubblicata il 10 marzo scorso Thierry Coville, economista e ricercatore presso l’istituto Francese per Studi strategici (IRIS) faceva notare che a seguito della strategia di massima pressione “messa in campo da Trump l’Iran ha visto alla fine del 2020 ridurre del 30% le sue entrate. E quando la perdita è cosi grande è difficile che un governo possa gestire un Paese, figuriamoci combattere una pandemia”.
“Tra il 2018 e il 2020 l’Iran ha dovuto combattere anche contro un’inflazione molto alta. Il potere d’acquisto della popolazione è crollato e di conseguenze per i cittadini è diventato difficile potersi permettere medicinali” osserva Coville. “E qui sta l’ipocrisia statunitense. Washington afferma che le sanzioni non colpiscono direttamente le forniture mediche –chiarisce Coville -ma le banche straniere, che temono in realtà di essere colpite da queste sanzioni, si rifiutano di procedere con le transazioni e molti degli scambi riguardanti il settore sanitario sono fermi. L’Iran ha di conseguenza difficoltà a importare forniture sanitarie e medicinali” 3 .
L’Huffington Post l’11 dicembre scorso riportava una ricerca pubblicata sul Middle East Eye a firma di Negar Mortazavi e Sina Toosi, intitolata “Le sanzioni Usa hanno causato agli iraniani una miseria non raccontata – e non hanno ottenuto niente”. “Oggi -sottolineano gli autori- la popolazione iraniana è schiacciata dal duplice peso delle sanzioni Usa e della crisi del Covid, mentre si trova sotto il giogo di un governo sempre più repressivo” 4.
Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, rispetto alle polemiche sui rapporti con Cuba, ha difeso la posizione dell’Italia sostenendo che la risoluzione non riguardava direttamente l’isola, e che “l’ultima volta che alle Nazioni Unite si è votato sul rinnovo delle sanzioni per Cuba è stato nel 2019 e l’Italia ha votato per la rimozione di queste sanzioni”. In questo caso, ha aggiunto Di Maio, “si è votato per una risoluzione presentata dai paesi non allineati che chiedeva di abolire lo strumento delle sanzioni come strumento in sé, non per Cuba, per tutto il mondo, di non accettare più lo strumento sanzionatorio come uno degli strumenti a disposizione delle reazioni dei singoli stati o delle organizzazioni sovranazionali”. “Credo -ha concluso- che siamo tutti d’accordo che si tratta di una generalizzazione che non si può accettare. Possiamo dunque chiarire che l’Italia non ha votato a favore delle sanzioni per Cuba e che siamo molto grati a Cuba come a tanti altri paesi per il supporto che ci hanno dato un anno fa in questo periodo”.
A sostegno della posizione di Di Maio e dell’Italia si è schierato tra gli altri l’Huffington Post con un articolo firmato da Alfredo Luis Somoza: “Sta girando da giorni sui social, e anche su un paio di giornali, una fake news che riguarda Cuba” scrive Somoza a proposito della risoluzione. “Chiaramente la Cina la presentava pro domo sua -continua il giornalista- visto che da qualche giorno sia l’UE che gli Usa hanno applicato sanzioni contro singole persone fisiche cinesi, subito replicate con contro sanzioni cinesi. Di Cuba non si è mai parlato, le supposizioni sono fuori luogo”.
Anche il sito Open è sulla stessa lunghezza d’onda: “Dalla risoluzione potrebbero trarre profitto i Paesi cosiddetti «canaglia»”, scrive citando Venezuela e Cina, e conclude: “se al posto dei cubani fossero stati inviati degli operatori sanitari da uno Stato «canaglia» per aiutarci a fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19, il voto contrario dell’Italia sarebbe stato ugualmente contestato anche dai sostenitori di Cuba?”5
Da parte nostra proponiamo alcuni commenti e alcuni spunti di riflessione:
Non abbiamo citato a caso Open e l’Huffington Post: il lettore avrà notato che proprio questi due siti, che nel passato avevano pubblicato articoli molto eloquenti sulle conseguenze delle sanzioni sulle popolazioni dei Paesi bersaglio, hanno sentito il richiamo della foresta atlantista e si sono prontamente riallineati. Un atteggiamento purtroppo molto comune nei media e nella politica italiana.
Bisogna dire che storicamente l’Italia non ha mai votato a favore dell’embargo a Cuba neanche negli anni di Berlusconi. Inoltre nel voto sulla risoluzione di cui parliamo l’Italia è in buona compagnia: infatti hanno votato no tutti i Paesi europei rappresentati nel Consiglio per i Diritti Umani. In questo caso dunque più che della politica estera italiana si deve parlare della politica estera dell’Unione europea e dei suoi Stati membri. Ma perché abbiamo parlato di “pagina nera”?
Come abbiamo visto in genere le sanzioni unilaterali sono uno strumento che viene usato quasi esclusivamente dagli Stati Uniti e dai loro alleati europei nei confronti di Paesi che hanno governi a loro sgraditi. Una premessa doverosa: essere sulla “lista nera” di Washington o Bruxelles non fa diventare questi governi automaticamente “buoni”: ne sono un esempio la dittatura islamica dell’Iran o il regime di Assad in Siria. E sbaglia chi condivide la cosiddetta logica del beduino per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”.
Detto questo, com’è scritto nella risoluzione le sanzioni colpiscono e affamano i popoli, pertanto, anche se fossero applicate da un’autorità internazionale credibile e sinceramente preoccupata per i diritti umani, si tratterebbe ugualmente di uno strumento cinico, sbagliato e controproducente che i diritti umani invece li calpesta.
Ma è ancor più intollerabile che le sanzioni vengano usate sfacciatamente per destabilizzare i Paesi non sottomessi, e che spesso facciano parte integrante di una strategia apertamente golpista dove affamare la popolazione e distruggere i legami sociali non è un effetto collaterale ma un obiettivo cinicamente perseguito, come nel caso di Cuba o del Venezuela.
Al contempo i Paesi europei e gli USA sono i maggiori sponsor di regimi autoritari e sanguinari, con altri intrattengono ottimi rapporti diplomatici e commerciali (ad esempio le monarchie sunnite del Golfo che finanziano l’estremismo islamico), e sono i promotori di interventi militari che hanno l’unico obiettivo di garantirsi lo sfruttamento delle materie prime necessarie alla propria economia (vedi il ruolo della Francia in Libia o in Niger). Interventi militari che hanno destabilizzato intere regioni creando decine di “Stati falliti” con le inevitabili conseguenze per le loro popolazioni: fame, malattie, emigrazione forzata.
E per quanto a chi scrive il modello cinese appaia terrificante, bisogna ammettere che la Cina non ha mai interferito negli affari interni di altri Paesi e non ha mai promosso operazioni militari all’estero.
Tornando all’Italia è opportuno ricordare la vicenda dei rapporti con l’Egitto, che si è fatto beffe delle richieste di collaborazione per arrivare alla verità sull’assassinio di Giulio Regeni, mettendo invece in atto una serie infinita di depistaggi. Ma ciò nonostante in questi anni è ripresa in grande stile la vendita di armi al Paese nordafricano che è diventato il primo acquirente al mondo di armi italiane. La famiglia Regeni aveva chiesto di sospendere la vendita di armi al regime di Al Sisi citando la legge 185 del 1990 che «vieta l’esportazione di armamenti verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’Ue o del Consiglio d’Europa»6 . Appello che naturalmente è rimasto inascoltato. Ci sarebbe allora da chiedere al ministro Di Maio, visto che ritiene le sanzioni uno strumento imprescindibile, se pensa che debbano essere usate solo quando lo decidono gli USA o quando si tratta di Paesi dove le imprese italiane non fanno affari.
E comunque sostenere che il voto sulle sanzioni con Cuba non c’entra niente quando l’embargo a Cuba è il simbolo stesso di questa politica, come linea difensiva è piuttosto debole.
Il problema della politica estera italiana è che è caratterizzata da anni, oltre che dalla subalternità atlantista, da uno strisciante razzismo e da un forte provincialismo non solo di matrice leghista, e da una totale assenza di prospettiva su quelli che potrebbero e dovrebbero essere i rapporti con i Paesi del Sud del mondo. Ma questi rapporti (che porterebbero anche migliaia di posti di lavoro per i giovani laureati e tecnici italiani) presupporrebbero ben altri investimenti in cooperazione, mentre oggi questi investimenti hanno una dimensione ridicola e su ogni centesimo che gli viene destinato c’è sempre una polemica infinita. E così al ceto politico trasversale che oggi ci governa non resta che lamentarsi dell’”espansionismo cinese”.
NOTE
1. “L’impatto negativo delle misure coercitive unilaterali sul godimento dei diritti umani”. Versione integrale in inglese: https://undocs.org/A/HRC/46/L.4
2. https://ilmanifesto.it/litalia-allonu-a-favore-delle-sanzioni-a-cuba/ Intervista ad Alena Douhan su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=GCJRIAMSqe8;
3. https://www.open.online/2021/03/10/covid-19-sanzioni-usa-vs-iran-cuba/
4. https://www.huffingtonpost.it/entry/diritti-umani-il-dramma-degli-iraniani-che-si-racconta-di-meno_it_5fd351adc5b66a75841404b9
5. https://www.open.online/2021/04/01/covid-19-italia-cuba-embargo/
6. https://www.osservatoriodiritti.it/2021/01/07/armi-egitto-italia-regeni-stop-vendita/