Memorie

Quando all’Ardenza si giocò per lo scudetto

25 aprile 1943: a quattro minuti dalla fine del campionato sfuma il sogno tricolore per il Livorno più forte della storia. Una squadra su cui nessuno avrebbe scommesso una lira tenne testa al Grande Torino fino all’ultima giornata. Poi il calcio si sarebbe fermato, travolto dalla tragedia della guerra.

Finale a sorpresa
Domenica 25 aprile 1943, 30a e ultima giornata del campionato di serie A: si gioca all’Ardenza Livorno-Milano (cioè il Milan “italianizzato” dal regime) e non è una partita qualsiasi, è la partita più importante della storia del Livorno. Perché a novanta minuti dalla fine del torneo sono due le squadre ancora in lotta per lo scudetto: il Torino, primo a quota 42, atteso sul campo di un Bari alla ricerca di punti-salvezza, e il Livorno, appena un gradino sotto, che vincendo sperava di poterlo agganciare o superare.
Un epilogo del tutto imprevisto alla vigilia del torneo. Perché se lo squadrone granata, quel “Grande Torino”che sarebbe entrato nella leggenda, era considerato tra le favorite, il Livorno era dato quasi per spacciato da tutta la stampa sportiva, anche perché l’anno precedente si era salvato solo all’ultima giornata vincendo a San Siro contro i compiacenti rossoneri allenati dall’ex Magnozzi.
Soldi come al solito ce n’erano pochi, e in estate l’unico giocatore proveniente da una squadra di A era stato l’attaccante Degano, dalla Fiorentina. Poi tanti giovani o gente pescata nelle categorie inferiori.
L’allenatore era Ivo Fiorentini, che l’Inter dopo una pessima stagione non aveva confermato. Neanche le amichevoli estive e la Coppa Italia avevano suscitato grande ottimismo, e l’unico obiettivo realistico sembrava quello di evitare la B.

L’inizio del campionato…
Il 4 ottobre 1942 per la prima di campionato all’Ardenza scese il Venezia: dopo una ventina di minuti il Livorno rimase in dieci per l’infortunio del mediano Traversa (all’epoca non c’erano sostituzioni) e i neroverdi segnarono il gol dell’1-0. La squadra amaranto fu costretta ad alcuni cambi di ruolo obbligati, ma proprio grazie a questi il Livorno fece il salto di qualità.
Alla fine fu vittoria: 2-1, ma la settimana successiva la trasferta contro il Torino sembrava la classica partita chiusa in partenza.
Il Livorno schierò Assirelli, Del Bianco, Lovagnini, Tori, Capaccioli, Zidarich, Piana, Stua, Raccis, Miniati Degano. A fine primo tempo i granata passarono in vantaggio, ma anche stavolta gli amaranto capovolsero il risultato nella ripresa (gol di Zidarich e Degano) ed espugnarono il Filadelfia dopo un anno e mezzo di imbattibilità.
Fu allora che la stampa cominciò ad accorgersi del Livorno, ma si era solo all’inizio…

Trasferte sotto le bombe
Alla terza giornata c’era la trasferta di Bergamo e il primo obiettivo era riuscire ad arrivarci. L’Italia era martoriata dai bombardamenti, e per non rischiare gli amaranto partirono il giorno prima, in treno, in una carrozza di terza classe. Dovevano cambiare a Genova e a Milano e l’arrivo era previsto alle due di notte.
A Genova ci fu il primo allarme, e il treno si fermò due ore in una galleria. Poi un’altra sosta a Pavia: impossibile proseguire, Milano era sotto le bombe. Ci arrivarono alle sei di mattina, trovando la stazione in fiamme e i treni distrutti. Ripartirono su un carro bestiame e arrivarono a Bergamo alle dieci. Dopo un breve riposo, andarono allo stadio in tram.
L’Atalanta fu battuta 2-0 e nel viaggio di ritorno si addormentarono tutti come sassi.
Le vittorie iniziali consecutive furono sei: record che verrà battuto solo nel 1976-’77 dalla Juventus di Causio, Tardelli e Bettega.

Livorno e Torino cambiano schema
Alla settima giornata il primo punto perso, in casa contro il Bari, ma dopo la vittoria con l’Ambrosiana (Inter) all’ottava, il Torino era cinque punti sotto.
Tra la decima e l’undicesima due sconfitte consecutive, la prima in casa contro la Juve (0-3) e poi a Marassi (Genoa-Livorno 5-2). Il Livorno tornò alla vittoria contro la Roma, ma il successivo 4-3 subito a Firenze indusse il mister a cambiare modulo e portiere. Lo stesso fece il Torino, che esonerò l’allenatore.
Entrambe le squadre passarono dal “metodo” al “sistema”, e dal punto di vista tattico fu questa la novità di quel campionato. Il metodo (una specie di 2-3-2-3, detto anche WW) veniva considerato più adatto alle caratteristiche dei giocatori italiani, e aveva portato due titoli mondiali, ma alla fine si impose il sistema (o WM, antenato dell’attuale 3-4-3).
Il girone d’andata terminò con Livorno e Torino appaiati in testa a quota 21.

Lo scontro diretto all’Ardenza e il “sorpasso”
Il 24 gennaio 1943 era in programma lo scontro diretto all’Ardenza, attesissimo: più di 22mila paganti, 30mila spettatori complessivi stipati sulle gradinate, record nazionale d’incasso. Nonostante la guerra, arrivarono sportivi da mezza Italia. Le cronache parlano di un arbitraggio scandaloso, con un gol annullato e un rigore negato, e lo 0-0 di partenza non si sbloccò.
Le successive due partite (Atalanta e Liguria) portarono solo un punto e il Livorno venne raggiunto in vetta dall’Ambrosiana, poi sconfitta all’Ardenza il 7 marzo per 4-2.
Quella sera gli amaranto erano di nuovo primi con quattro punti di vantaggio, ma a tre giornate dalla fine, dopo la sconfitta di Roma con i giallorossi, il Torino superò gli amaranto di un punto.
Il Livorno vinse con Fiorentina e Vicenza, i granata batterono Lazio e Bologna, e si arrivò così all’ultima giornata, in programma il 25 aprile.

La sfida decisiva a distanza
Il Livorno quel giorno si schierò con Silingardi, Del Bianco, Soldani, Zidarich, Traversa, Tori, Piana, Stua Raccis, Miniati, Capaccioli. Non ci fu partita e il Milan fu battuto 3-1.
La partita di Bari, frattanto, era ancora in corso (guarda caso era iniziata con qualche minuto di ritardo). La radio dava ancora lo zero a zero, e con questo risultato ci sarebbe stato lo spareggio. Gli amaranto fecero il giro di campo per salutare il pubblico, ma mentre stavano rientrando negli spogliatoi arrivò la mazzata: a quattro minuti dalla fine, in mischia, Valentino Mazzola aveva segnato il gol della vittoria. Il Torino aveva vinto così il suo secondo scudetto, niente spareggio. “Ce li saremmo mangiati vivi” diceva sempre Stua.

La tragedia della guerra e quella del Grande Torino
Un piccolo dramma sportivo, che fu seguito però da ben altre tragedie. Dopo poco più di un mese, il 28 maggio, la città venne distrutta da un terribile bombardamento aereo che provocò circa 500 morti e 600 feriti, poi fu attaccata ancora il 28 giugno. Dopo l’occupazione nazista, la Liberazione, il 19 luglio 1944.
Il calcio intanto si era fermato, per riprendere nel 1945-’46. Il Torino vinse quattro scudetti consecutivi, ma il 4 maggio 1949 la tragedia di Superga annientò quello squadrone invincibile. Al termine di quello stesso campionato del 1949 il Livorno retrocesse in serie B: sarebbe tornato nella massima divisione solo dopo 55 anni.

 

Nello Gradirà (tratto dall’archivio di Senzasoste)

Le notizie sul campionato del Livorno 1942-’43 sono tratte dai libri “La favola amaranto”, di Marco Ceccarini e Franco Chiarello, “Storia del Calcio a Livorno (1904-1984)”, di Elisabetta De Paz, Franco Chiarello e Ugo Canessa, e “Il Gioco del Calcio a Livorno dalle origini al dopoguerra”, a cura di Luciano De Majo.La foto è tratta da www.museogrigio.it