Internazionale

Sul referendum costituzionale in Cile di Rodrigo Rivas

Pericolo scampato in Cile I
La potenza della paura

Immaginate che un vostro conoscente, zelante membro del comitato d’ordine del quartiere, vi metta in guardia: in una votazione preliminare, i vostri cari vicini hanno deciso di sgozzarvi.
Immaginate che, dopo avervi nascosto per tre giorni, un poliziotto – che naturalmente vi ha rintracciato senza soverchie difficoltà – vi consegna in una busta del Comune la sentenza ufficiale: siete stati condannati solo a perdere lavoro e casa.
So che lo ringrazierete commossi.
Siete molto sollevati, e con ragione.
Salvo la morte, tutto può risolversi.
Alla proposta di costituzione respinta ieri nel Cile la sola cosa che interessava era il profitto.
Presumo che verrà presto tradotta per essere insegnata alla Bocconi, alla Luiss e ad altre facoltà di economia frequentate da gente meno facoltosa.
Non avete soldi per curarvi? Dio provvederà.
Vi ha violentato il branco? La vita umana è sacra. Comunque, Dio provvederà.
Vi piace il mare? Potete guardarlo, ma da lontano. È stato messo all’asta. Con abbondanti piogge, Dio provvederà.
Avete sete? L’acqua, essendo un bene prezioso, appartiene a chi ne ha acquisito i diritti. Confidate nella pioggia (e in Dio).
Il vostro orticello muore di sete. Peccato. Hanno messo all’asta anche fiumi e ruscelli. Speriamo piova (confidate in).
Vostro figlio vuole studiare? Basta pagare. Difficilmente i figli degli operai diventano dottori (fidatevi).
L’aria per respirare è gratis. Per ora. Ma la Provvidenza provvederà.
La nuova costituzione era una proposta di modello del “esistono solo gli individui. La società? C’è sempre quella anonima. E gode di ottima salute”.
Il modello è stato respinto con oltre il 55% dei voti.
Ovvero, per dirlo in un altro modo, è stato approvato “solo” dal 44,5% dei cileni.
Quindi, il 55% dei cileni, quelli vincenti, ha votato per tenersi la costituzione di Pinochet.
“Disoccupazione e pignoramenti”, virtuali ma abbondanti, campeggiano.
All’inferno si festeggia. Esuberante, Kissinger balla “Il Danubio blu”; triste, come al solito, Videla balla “La cumparsita”; incazzato, e con gli occhiali da sole (“sintomatico mistero”), Pinochet segue le cadenze del limbo-rock…
Vado a festeggiare anch’io.
Quando si riesce a fermare i cavernicoli, bisogna sempre festeggiare.
Al resto, ci penseremo dopo.
Salvo la morte, tutto può essere risolto.

Pericolo scampato in Cile II
La profezia di Euripide

Sappiamo abbastanza sulla distribuzione dei voti ma non conosciamo ancora bene l’impatto complessivo del voto femminile.
Conoscerlo è importante, anzi, vitale.
La destra ha deciso di provocare le donne con una proposta costituzionale indecentemente maschilista che faceva tabula rasa dei loro diritti, di certo non regalati.
È stato un autogol clamoroso, perché il coordinamento femminista rispondeva a tono con un No inappellabile, politico, culturale, intelligente, non piagnucoloso, aggressivo nella giusta dose, fondato sui diritti e non sulla paura.
Non sarebbe male se i maschietti ne imparassimo qualcosa.
Non credo sia un parere personale: domenica scorsa il 70% delle donne sotto i 30 anni ha votato contro la proposta dei fascisti.
Penso, quindi, che sia una indicazione precisa sul futuro: la trasformazione possibile sarà antiautoritaria, anticapitalista e antipatriarcale. O non sarà.
Ma questo è un tema da approfondire con più calma e per ora mi limito ad analizzare alcuni aspetti di questo voto.
Un Si di classe e di paura
A favore della “kastituzione” (non è un insulto), c’è stato sia un voto di classe che un voto di paura.
Quello di classe è lampante: il Si vince in tutti i distretti più ricchi di Santiago.
Il voto di classe dei “chierici del fascio in servizio permanente” incorona la candidatura di Kast, capo dei repubblicani, alla presidenza della repubblica.
E solo un cieco, che purtroppo abbondano, può pensare che partire col 45% dei voti preannunci una sicura sconfitta.
La destra è andata divisa al voto, ma non sui contenuti dell’obbrobrio.
Si era divisa perché ha, finora, due precandidature presidenziali: il fascistone José Antonio Kast e la fascistona Evelyn Matthei.
Mi auguro che questa divisione non porti qualche “stratega intelligente” a proporre un’alleanza con la Matthei in funzione anti Kast.
Il dilemma proposto da una tale iniziativa, d’indubbia radice giallastra, sarebbe: “Cos’è meglio? Passare dalle fiamme alle braccia o dalle braccia alle fiamme?”
Il Si kastiano ha vinto nei quartieri ricchi ma ricchi veramente, di Santiago.
In quelli soltanto ricchi ma dove non è ancora vietato non essere ricco, c’è stato un sostanziale pareggio.
Ergo, il Si di classe è un Si dei fascisti duri. Salvo eventuali ubriachi.
Al Si di classe si aggiunge il Si della paura, che vince nelle tre regioni del centrosud – Maule, Ñuble e Araucanía – dove maggiore e più organizzata è la presenza mapuche.
Dei circa 19 milioni di cileni, si dichiarano mapuche 1.745.147. La comunità più numerosa vive a Santiago, 614.881 persone, ma il loro peso politico e culturale è certamente maggiore nel centrosud.
Il Si di queste regioni, razzista e classista, include però, molti fascisti poveri (o molti poveri fascisti).
Anche in Cile la destra usa gli emigrati.
Alle regioni e distretti dove predomina il Si si devono aggiungere le province dell’estremo nord, dove si è registrato un sostanziale pareggio.
Tradizionalmente di sinistra, soprattutto grazie alla forte presenza dei minatori, queste regioni subiscono – e temono – l’emigrazione dei Paesi più settentrionali (Perù, Ecuador, Venezuela soprattutto).
La paura degli stranieri, sapientemente alimentata, è una componente del fascismo aggiornato in ogni dove. Attecchisce facilmente, soprattutto nei popoli con cattiva memoria.
Il chi è chi del voto
A livello nazionale “il Sì kastiano” è stato sia di classe che di paura.
Il No non è stato soltanto un voto di “genuini democratici”.
Ai seguaci della fascistona Matthei si è aggiunta una nuova destra, fuoriuscita dai repubblicani kastiani che, paracadutata dal/sul cavallo di Milei, ha votato contro “perché libertaria”.
Cosa voglia dire questo specifico “siamo libertari”, oltre a un’appartenenza alla destra estrema, è per ora un mistero della fede, certamente doloroso, da annoverare tra quelli riservati dal rosario al martedì e al venerdì.
Per ora si tratta di un fenomeno folkloristico. Ma, occhio: inizialmente lo era pure Milei.
Tracimare o zoppicare
Se al 45% dei Si, pur non potendo quantificarli, aggiungiamo questi pezzi della destra, i democratici cileni hanno pochi motivi per ridere.
Tuttavia, poiché la politica non è matematica e la vita spesso tracima, possiamo certamente recuperare ma, ovviamente, a condizione di esistere.
Come il fiume, la vita strabocca soltanto quando è piena.
Tuttavia, i dirigenti – comunisti, socialisti, democristiani, diversamente di governo – intervistati dalla TV cilena domenica notte, hanno tutti abboccato con l’entusiasmo del neofita all’amo lanciato dei giornalisti: “In questi 4 anni abbiamo perso di vista i problemi veri”.
Ascoltandoli, ho pensato che la richiesta del “certificato di esistenza in vita” non sia da considerare sempre assurda.
A sentir loro, il punto di partenza di quei 4 anni persi sarebbe la rivolta popolare dell’ottobre 2019.
Bisogna non avere paura del ridicolo per sostenere che una ribellione popolare che ha messo in crisi un governo di destra, ha portato al governo un gruppo di “giovani di sinistra non scappati di casa” che hanno avuto la possibilità di cambiare il Paese, ha aperto porte e finestre ad un processo costituente radicale (la sinistra prese oltre il 70% dei voti nella elezione dei costituenti), sia stata il prologo dei 4 anni buttati via.
È risaputo e proverbiale: lo zoppo incolpa sempre il selciato del proprio essere claudicante.
Incomprensioni profonde.
Nel secondo turno delle elezioni presidenziali Boric – che aveva perso al primo turno contro Kast – vinse 56 a 44.
Domenica scorsa, tre anni dopo, il No ha vinto 56 a 44.
Un caso oppure si tratta di “corsi e ricorsi storici”?
Propendo per la seconda ipotesi ma spiegarla richiederebbe un’analisi delle potenzialità e delle debolezze delle proposte politiche e della sempre minore ricettività di una popolazione stanca di cotanti giri di valzer.
Per ora mi limito a segnalare il tema, che lascio per una prossima puntata.
La profezia di Euripide
Ascoltando la sinistra cilena, mi è sembrato di capire che sia tenacemente impegnata a diventare un puro riferimento geografico.
Ma, l’ho già detto, sono un incallito ottimista. Quindi, spero che – scampato il pericolo immediato – ricominci a pensare.
In caso contrario, temo che anche nella terra dei pinguini assisteremo a spettacoli osceni e indecorosi quanto quello offerto proprio in questi giorni da un sindaco PD che ha pensato bene di celebrare il Natale proponendo, nel centro cittadino, ai malcapitati e malcapitate cittadini e cittadine di Modena, un carro armato agghindato con insegne israeliane, mentre a Gaza è in corso la mattanza dei palestinesi
“Gli dei”, profetizzò Euripide, “accecano prima coloro che vogliono perdere”

Rodrigo Rivas