Soggetti e Potere

8 Marzo – La nuova marea del femminismo

Negli ultimi anni, il movimento internazionale delle donne ha dimostrato di essere un soggetto politico strategico nella lotta contro il capitalismo, o, in altre parole, il ruolo della lotta delle donne sembra delinearsi come quello di un’avanguardia strategica in grado di cambiare il mondo. L’oceanica manifestazione del novembre 2016 ha segnato, anche in Italia la nascita di Nonunadimeno , un movimento antagonista, radicale, antipatriarcale e anticapitalista, unico nel panorama mondiale della nostra epoca. Merita dunque riflettere sui contenuti e le lotte di questo movimento, che riesce a mantenersi forte e attivo nonostante i limiti imposti dalla pandemia.
Anche in linea con la pratica femminista di partire dal proprio vissuto, non è difficile per me tener conto degli aspetti di continuità e di rottura rispetto alla precedente grande ondata del femminismo negli anni settanta, di cui pure ho avuto la fortuna di far parte.
La tematica della violenza di genere rappresenta un punto di partenza della nuova ondata di femminismo per allargarsi a una visione complessiva di tutte le problematiche connesse. Anche a livello nazionale, il tema è stato affrontato da NUDM in modo strutturale, tale da prevedere la trasformazione radicale di tutta la società, attraverso la stesura di un piano collettivo antiviolenza.
Un tema decisamente mutuato dal femminismo anni settanta è quello dell’autodeterminazione e della lotta al patriarcato, ma cambiano i soggetti in gioco e si allargano gli obiettivi, fino a comprendere, in modo sempre più esplicito, le tematiche collegate alle soggettività dissidenti e a quelle relative all’immigrazione, anche nel confronto col femminismo post coloniale, e in collegamento con le teorie dell’ecofemminismo.
Non è un caso che nascano e si affermino nuovi termini come transfemminismo e femminismo transnazionale. Riguardo alle libere soggettività, ci sono anche negli anni ’70 segnali di apertura verso una realtà che cominciava ad acquistare visibilità, riuscendo poi, a partire dagli anni novanta, a darsi anche forme organizzative e raggiungere risultati anche sul piano dei diritti e della legislazione.
Ma, in questa nuova fase storica, diventano parte integrante del movimento stesso, che impara a confrontarsi con esse andando al di là del classico separatismo e anche dal falso biologismo delle teorie della differenza che hanno preso piede nell’onda di riflusso degli anni ottanta, e che tornano a manifestarsi, sia pure da un’angolatura diversa, nelle posizioni condivise da alcune femministe radicali separatiste (Terf), che rifiutano alle transgender gli spazi, reali o simbolici, riservati alle donne.
Nonunadimeno si pone, fin dalla sua nascita, in rapporto col movimento Lgbtqi, prendendo sempre più coscienza della necessità di rendere più stretto questo legame e di entrare nel merito delle questioni di genere, con temi quali: l’autopercezione legata all’autodeterminazione, la varianza di genere che è da sempre insita in tutte le culture e contiene in sé anche il termine trans; la necessità di depatologizzare la disforia di genere e di tutelare le libere soggettività che non si conformano alla violenza della norma eterosessuale socialmente imposta e alla divisione binaria uomo/donna.
Come afferma nel suo bel libro Porpora Marcasciano (P.Marcasciano, “L’aurora delle transcattive”), a proposito della prima ondata di femminismo radicale degli anni ’70: “ Quello che non si è capito o voluto capire era la decostruzione di genere che le trans avevano messo in atto, la grande rivoluzione dei tempi. Non averlo capito è stato come perdere un treno e questo ci dispiace.”( pag.51)
Non a caso nei documenti di Nudm sulla violenza di genere, si fa riferimento alla violenza strutturale che colpisce gay, lesbiche, bisessuali, intersex, trans*, queer e chiunque si sottragga al binarismo. Una violenza sistemica e quotidiana, che si traduce in esclusione, disuguaglianza economica e sociale e che rende necessario continuare a lottare per una liberazione culturale delle relazioni dalla visione costrittiva e violenta del patriarcato, per superare il binarismo coatto e per realizzare l’autodeterminazione per tutte le soggettività attraverso educazione, salute, welfare e reddito.
Per quanto riguarda il secondo punto, come ha osservato in un suo articolo la studiosa femminista Marie Moise, Nudm ha scritto una pagina completamente nuova di storia del femminismo in Italia perché per la prima volta un intero movimento ha assunto una prospettiva intersezionale, tenendo conto delle interconnessioni tra le oppressioni di genere, razza e classe. Il movimento ha una solida riflessione sull’antirazzismo – in particolare sullo specifico posizionamento geo-politico dell’Italia all’interno della Fortezza Europa, sulla violenza generata dai confini, dal cosiddetto sistema di accoglienza e dal permesso di soggiorno. Su queste premesse Nudm ha partecipato alla costruzione e alla realizzazione di un corteo nazionale antirazzista alla frontiera franco-italiana di Ventimiglia il 14 luglio 2018.
La femminista decoloniale argentina Maria Lugones individua un’intrinseca colonialità della moderna nozione di genere che col colonialismo si afferma come categoria binaria e gerarchica coestensiva alla categorizzazione, altrettanto binaria e gerarchica, di razza. In altre parole, la dualità uomo/donna, in cui uomo è opposto e superiore a donna, è costruita attraverso lo stesso schema duale e gerarchico che contrappone bianco a non-bianco. Genere e razza a partire dalla modernità, dunque, si co-costruiscono: il genere come categoria razzializzata e la razza come categoria sessuata.
Parlare più ampiamente di colonialità dei rapporti di potere, permette di comprendere come l’attuale sistema di produzione capitalistica abbia costruito le sue fondamenta a partire da un sistema di appropriazione coloniale e patriarcale. Spesso si colloca l’origine storica del capitalismo nel fenomeno delle enclosures, ovvero della privatizzazione per espropriazione e recinzione di terreni agricoli di proprietà collettiva, entro i confini del continente europeo. Ma guardare a tale fenomeno storico con le lenti del femminismo decoloniale permette di leggere il portato dei quasi due secoli che hanno preceduto tale momento, ovvero quasi due secoli di appropriazione ed espropriazione di corpi e territori al di fuori dei confini del continente europeo.
Da notare che la prima opera fondamentale che riprende la storia della schiavitù in un’ottica di genere portando alla luce la specificità della condizione delle donne schiave. è “Women, Race and Class” di Angela Davis, del 1981 che non a caso è stato ripubblicato in italiano nel 2018 da Edizioni Alegre.
Il rapporto con i vari movimenti femministi, anche extraeuropei, ed in particolare quelli dell’America latina, è un dato che caratterizza fin dagli esordi l’esperienza di Nonunadimeno, e viene portato avanti anche attraverso la piattaforma online Transfronterizas che si incontra regolarmente, anche con l’aiuto di traduttori, per mettere a confronto le pratiche e concordare iniziative comuni. La grande vittoria del movimento argentino sulla questione dell’aborto è rimbalzata ampiamente sui siti nazionali e i social media, divenendo un’icona ricorrente nelle iniziative portate avanti.
Sulla scia di legislazioni più avanzate della nostra in altri paesi europei, è stata condotta una battaglia per l’aborto farmacologico, battaglia vinta, almeno sulla carta e almeno in alcune regioni italiane.
Raccogliendo la proposta lanciata dal movimento femminista argentino, dal 2017 in avanti, Nudm ha organizzato ogni 8 marzo uno sciopero contro la violenza di genere. La prospettiva femminista con cui è stata adottata questa pratica ha portato a una ridefinizione del concetto e delle forme di «astensione dal lavoro», storicamente proposte dal movimento operaio. Nel momento in cui il soggetto centrale dello sciopero sono le donne, il lavoro da cui ci astiene non è solo produttivo, ma anche e soprattutto riproduttivo, svolto in forma gratuita e privata dalle componenti femminili dei nuclei familiari, oppure in forma retribuita in scuole, asili, ospedali, strutture educative, o domicili privati (soprattutto nel caso di donne migranti).
Su queste premesse lo sciopero non si configura soltanto come interruzione dell’attività lavorativa, ma come interruzione della sua femminilizzazione, razzializzazione e privatizzazione. Allo sciopero produttivo e riproduttivo si è affiancato anche lo sciopero dai/dei generi e dai consumi, come forme di lotta tese a mettere in pratica per un giorno un ribaltamento radicale della società,.
Anche quest’anno, nonostante le limitazioni dettate dalla pandemia, lo sciopero sarà attuato in concomitanza con manifestazioni e presidi nelle varie città, e avrà tra i suoi temi centrali il peggioramento drammatico della vita delle donne in concomitanza con la pandemia (licenziamenti, precariato, violenze domestiche) e come obiettivo quello di rilanciare la sanità pubblica, anche a livello territoriale, con la riapertura di consultori e presidi sul territorio anche per l’autodifesa dalla violenza.

 

Rosalba Volpi

 

Eventuali riferimenti bibliografici:

Marie Moïse, attivista, è dottoranda in filosofia politica all’Università di Padova e Tolosa II, scrive di razzismo e colonialismo da una prospettiva femminista, con Alberto Prunetti ha tradotto “Donne, razza e classe”di Angela Davis (Alegre, 2018).

Marta Panighel è dottoranda in Sociologia all’Università di Genova e attivista transfemminista queer. Si interessa di femminismi contemporanei, intersezionalità, razzismo e colonialismo. Insieme hanno tradotto “Femonazionalismo” di Sara R. Farris (Alegre).

Angela Davis. “Donne, razza e Classe” Ed. Alegre 2018.

Porpora Marcasciano. “L’aurora delle trans cattive”  Ed. Alegre 2018