Dieci anni senza Lou Reed: Un ricordo d’epoca
Nel’Ottobre del 2013, affranto come altri amici per la morte dell’amatissimo poeta e rocker Lou Reed, che ci aveva educato alla dura scuola della poesia metropolitana, pur essendo nati e cresciuti nella provincetta italiota, progettammo un degno saluto allo Zio Lou in quel di Livorno, la nostra avita città, nel limite delle nostre modeste capacità. Sollecitato da uno dei suddetti amici (grande poeta da bar, seppure astemio), scrissi quest’articolo dalle periferie meneghine, ove allora dimoravo, per la locale fanzine del partito di maggioranza relativa. Sopravvisse al taglio redazionale giusto l’ultimo periodo, quindi non si capì assolutamente nulla. Nel decennale della scomparsa di una delle più importanti voci poetiche dello scorso secolo, lo ripropongo all’attenzione degli amici di “Codice Rosso” e dei suoi lettori, se gradito. “Glory of love”
“Cantate le mie canzoni per far capire a voi stessi che VOI non siete uno spreco”
Lou Reed “The Waste”
Il verso di Lou Reed, con cui inizio questo brevissimo testo in omaggio al medesimo poeta e rocker newyorchese che ci ha lasciato domenica scorsa, è quello che chiude la poesia dello stesso Reed che ho letto venerdì 8/11/13 all’Ex – Aurora di Livorno, nella serata in ricordo dello “Zio” Lou che abbandona i milioni di nipotini sparsi nel mondo, cresciuti con la sua musica e la sua poesia dagli anni ’60 in poi.
Non voglio tediare nessuno con la critica coccodrillesca d’accatto, né con elucubrazioni banali sull’importanza di quello che considero essere uno dei massimi poeti del XX secolo – opinione non solo mia – ma solo spiegare i motivi della scelta, esponendo coram populo un po’ di ricordi di giovinezza malvissuta nella bohème formato cappuccino della Livorno anni ’80.
L’Amore per la suddetta poesia dello Zio nasce dal fortunato acquisto da “Messaggerie Musicali “(negozio chiuso e stra-chiuso tra il paleozoico e il giurassico, credo) di un libretto curato nel 1980 da Anna Abate per “Il Pane & Le Rose” di Savelli (casa editrice dei tempi dei Brontosauri) in cui l’autrice, dopo un’introduzione che all’epoca io, seguace adorante del Verbo dello Zio Lou, imparai praticamente a memoria, presentava per la prima volta in volume nel mondo (seppur solo in italiano) le poesie di Lou Reed della raccolta “All the Pretty People”, pubblicate solo su rivista
anche negli USA.
Ovviamente potete immaginare che ben presto mandai a memoria anche le poesie, specialmente questa, dedicata chiaramente al perfido rapporto sadomaso della maschera Lou Reed, inventata dal Nostro, e i suoi adoranti fans: era proprio tipico del benamato raccontare al mondo il suo fallimento come artista – un’educazione andata sprecata/un talento rimasto ignorato, recita la stessa poesia – per chiudere con il verso che ho citato sopra, un vero e proprio sberleffo a chi lo amava in modo per nulla disinteressato, come motivo giustificatorio per la propria esistenza banale, niente di meglio che la comoda glorificazione del Rock and Roll Animal per non affrontare la terribile notizia del proprio, personale fallimento, diceva Lou, togliendosi per un attimo metaforicamente la maschera del suo personaggio, come avrebbe fatto, quasi fisicamente, nel terrificante clip di “No Money Down”, solo qualche anno dopo, strappando la maschera di plastica del suo volto dalla propria faccia reale.
Questo era – o meglio, anche questo era – Lewis Allan Reed, il nostro fallito preferito, ora e sempre.
Goodnight Ladies and Gentleman.
Falco Ranuli