Recensioni

Essere “sradicati” e “soggetti nomadi”

Il titolo del romanzo di Nicola Polizzi, Sradicati, suona alquanto significativo al giorno d’oggi, in un frangente socio-politico, come quello italiano, in cui dall’alto tanto si decantano ipotetiche radici etniche e culturali comuni. I due protagonisti, Sole e Agata, si sono allontanati dalle proprie radici e hanno scelto una vita ‘nomade’ e lontana dal loro paese. Sole è un informatico quarantenne che vive tra Milano e Berlino mentre Agata è un’artista che si è stabilita nella capitale tedesca ormai da tredici anni, curando sceneggiature per il teatro e organizzando mostre per i suoi quadri. Pur essendo “sradicati”, sembra che i due personaggi, nel corso della storia, si ricreino delle loro ‘radici’ intime e personali, libere e lontane da qualsiasi imposizione dall’alto. Sole, infatti, finirà per sentirsi affine allo spirito libertario del padre Piero, che ha vissuto il clima di protesta della Milano degli anni Settanta per poi trasferirsi assieme alla compagna in una comune sull’Appennino modenese mentre Agata scoprirà di non aver rotto definitivamente i legami con la propria famiglia di origine, seppure da lei molto diversa. Non è un caso che il primo incontro fra i due personaggi avvenga a Berlino, una città che, in Europa, è diventata quasi il simbolo del multiculturalismo e del cosmopolitismo. Una città nomade, si potrebbe azzardare: distrutta nella Seconda Guerra Mondiale e poi sottoposta a un continuo processo di mutamento e di ricostruzione. Tra l’altro, non dobbiamo neanche dimenticare che si tratta della città del Muro, una divisione che per lungo tempo ha ferito il cuore dell’Europa (e nel romanzo incontriamo anche interessanti percorsi narrativi che si intrecciano alla presenza del Muro di Berlino e all’ambientazione della Germania est).

Agata e Sole possono essere definiti come due “soggetti nomadi”, secondo la definizione che ne dà Rosi Braidotti. La studiosa ritiene che nella cultura del terzo millennio è considerato estremamente importante il valore delle identità culturali e delle lingue madri. In Europa, “che rischia di diventare una fortezza etnocentrica”, “l’ideale della madrelingua e della cultura originaria è più forte che mai e va ad alimentare il rinato ed esacerbato senso dei nazionalismi, regionalismi e localismi che segnano questo momento della nostra storia. Esso riafferma tutto ciò che le soggettività nomadi rigettano” (R. Braidotti, Soggetti nomadi. Corpo e differenza sessuale, trad. it. Castelvecchi, Roma, 2023, p. 54). Perché “il nomade è un’entità trasgressiva, la cui natura transitoria è il vero motivo per cui può fare connessioni” (ivi, p. 53). Sole e Agata tentano di creare connessioni e interconnessioni in uno spazio geografico attraversato sempre da nuovi muri dopo il crollo di quello di Berlino. I personaggi, nel corso della storia, creano un personale percorso di liberazione attuando una mappatura ‘trasgressiva’ dello spazio: alla Berlino multietnica e cosmopolita si contrappone la Milano borghese dove vive la zia di Sole, intrappolata nelle sue idee conservatrici, a cui fa da pendant la Sicilia dove vive la famiglia di Agata; uno spazio liberato appare invece quello della comune sull’Appennino modenese, dove i personaggi si recheranno in un personale percorso di crescita e formazione.

La narrazione di Sradicati appare poliedrica e, per certi aspetti, aperta: non si focalizza infatti esclusivamente sui protagonisti e sulla loro storia ma attua diversi spostamenti di prospettiva su altre situazioni e personaggi. Veniamo così proiettati dentro svariate microstorie, come quella della zia di Sole, di suo padre Piero e della badante moldava di quest’ultimo, del padre e della madre di Agata e di diversi altri personaggi incontrati lungo il cammino. Essere “sradicati”, probabilmente, significa essere pronti a creare nuove connessioni percorrendo vie inesplorate. Nel loro viaggio, come nomadi dello spirito e del cuore, i protagonisti imparano a conoscere e a conoscersi meglio. Sembra che lo stesso spazio percorso da essi, per qualche motivo, cambi e si liberi dei muri e delle divisioni, dei percorsi obbligati e delle imposizioni, come la Catania in cui si recano prima dell’epilogo finale. D’altra parte – secondo Deleuze e Guattari – un nomade, percorrendo uno spazio, lo deterritorializza e lo trasforma, porta l’immagine del ‘deserto’ laddove regnava incontrastata la griglia di un grigio controllo. E questo vale anche per Sradicati, che ci offre un percorso di formazione verso una presa di coscienza e una liberazione non soltanto intime e private ma aperte a nuove resistenze ad uno scontato status quo e a nuove interconnessioni con gli altri.

Guy van Stratten

(Nicola Polizzi, Sradicati, Edizioni DrawUp, 2023, pp. 202, euro 15,00)

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