Economie

Fratellanza vaccinale

L’epidemia ha allargato la forbice delle diseguaglianze tra i quasi otto miliardi di membri della famiglia umana. I più ricchi della famiglia non stanno porgendo aiuto ai parenti più poveri. L’articolo venticinque della dichiarazione dei diritti umani enuncia che ogni persona ha diritto alla salute con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche. Con l’esplosione dell’epidemia e con la produzione di vaccini efficaci a contrastare il contagio, le differenze di trattamento medico tra poveri e ricchi sono ancor più marcate. Da una parte abbiamo l’opulento occidente, circa il 20% della popolazione mondiale, che scopre e fabbrica vaccini, mentre il restante 80% è messo ai margini e povero in canna, rimane all’asciutto a guardare, in attesa di ricevere qualche briciola dai paesi più ricchi. La cosa non è nuova, basti ricordare la costosa cura per l’HIV. Nel 2019 sono morte oltre 660.000 persone prevalentemente del terzo mondo, in paesi troppo poveri per avere i soldi necessari per curare la popolazione dalla malattia e/o da altre infezioni. Il Problema che si presenta in questi casi è sempre lo stesso: la proprietà dei brevetti farmaceutici, ovvero l’inviolabile diritto di proprietà sui farmaci delle BigPharma e la conseguente condizione di monopolio sulla “pozione miracolosa del momento” per molti anni. Tra l’altro basta un piccolo aggiustamento alla molecola per rinnovare il diritto di proprietà esclusiva per altri anni. Il problema dello sfruttamento a fini industriali dei farmaci si ripresenta anche per i vaccini anti codiv-19, non basta che si facciano abbondanti guadagni sui vaccini nel breve e medio periodo dalla scoperta e dal suo lancio sul mercato della salute ma in pratica non si mettono limiti al lucro, fissandolo in un arco ventennale prima che la proprietà privata del farmaco vada a beneficio della comunità e si possano produrre farmaci generici di costo molto più contenuto. Il potere economico delle BigPharma è così forte che possono permettersi il privilegio di ottenere anche finanziamenti pubblici piuttosto cospicui per la ricerca poi, una volta scoperto il farmaco, lo rivende allo stesso stato che li ha finanziati con i pubblici denari. Secondo alcuni studiosi pare che i finanziamenti nel settore della ricerca e sviluppo delle industrie farmaceutiche sia nettamente inferiore rispetto alle spese per marketing e promozione della merce-farmaco. Parlando Sempre di farmaci esiste purtroppo anche il fenomeno del comparaggio che quando attuato e scoperto e oggetto di materia penale.
Di fatto si tratta di una pratica illecita che consente, tramite prescrizioni mediche create ad hoc in cambio di ricompense di vario genere, di dirottare i pazienti al consumo del farmaco da incentivare, senza tener conto delle ricadute negative a spese dei vari sistemi sanitari.
Inoltre il comparaggio altera significativamente anche l’eventuale uso di farmaci equivalenti molto più economici diminuendone la richiesta. L’aspetto speculativo nel campo delle cure e terapie farmacologiche è ingiustificabile se si pensa che la platea di consumatori e composta di esseri umani ammalati. È la messa a valore della stessa malattia come fonte di profitto che è intollerabile. A tale riguardo come non ricordare l’ostracismo mostrato da ampi settori della società, della politica e dell’economia verso la Marijuana come antidolorifico a buon mercato rispetto ai più costosi farmaci antidolorifici, oppure al cambiamento, attuato sempre su base scientifica, dei valori limite di diverse patologie con l’incremento della platea dei consumatori. Ora la situazione dell’epidemia globale dovrebbe spingere i governi a cambiare le regole del gioco del mercato dei vaccini, se non altro per stato di necessità, rivalutando quella fratellanza tra i popoli che nella prima ondata era stata spiccatamente evidenziata da tv e giornali. Il vecchio sistema di mercato calibrato sulla disuguaglianza e il profitto non può sussistere per tutelare la salute, anzi è venefico. Occorre cogliere l’occasione per un cambiamento storico che certamente cozza contro gli enormi interessi economici dell’industria del farmaco-merce. La favola che è necessario proteggere la proprietà intellettuale dei brevetti al fine di favorire la ricerca e l’accesso alle cure e ai vaccini non sta in piedi perché sono due interessi inconciliabili. Le scelte possibili sono altre e piuttosto forti, come la nazionalizzazione di alcuni prodotti dell’industria farmaceutica per pubblica necessità o l’esproprio del brevetto sempre per stato di necessità epidemica. Scelte a cui andrebbe congiunta una reale e seria cooperazione tra gli stati al fine di far circolare più vaccini possibili a costi di realizzo, in modo da poter vaccinare anche il terzo mondo che continua a rimanere fuori dai giochi. Bisogna mettersi nell’ordine di idee che c’è al momento un’emergenza sanitaria mondiale sulla quale si sta giocando il futuro dominio del pianeta per i prossimi anni. Attenzione questa preoccupazione di ordine geopolitico non è campata in aria, nel senso che chi prima uscirà dall’epidemia e sarà in grado autarchicamente di prodursi i vaccini necessari per combattere le numerose epidemie che investiranno l’umanità nei prossimi anni a causa della rottura degli equilibri naturali e ambientali, avrà certamente una posizione di forza sui mercati, vecchi e nuovi. Come pure chi riuscirà a controllare la produzione su scala mondiale dell’oro farmacologico avrà nei prossimi anni una forte arma di pressione verso tutti i paesi nel bersaglio della sua volontà di potenza e di dominio. Il neoliberista potrebbe obbiettare che la tutela della proprietà intellettuale è essenziale al mantenimento della concorrenza e degli equilibri nel libero mercato e della sua invisibile mano per ripagare chi investe nella ricerca, assicurandone i proventi e il diritto di monopolio. Ma qui non si tratta di prodotti di consumo creati ad arte per stimolare falsi bisogni necessari a tenere in piedi il baraccone dei consumi e i privilegi di classe e dei relativi profitti. La salute umana e tutto quello che ruota intorno ad essa non deve essere oggetto di mercificazione esercitando le stesse regole che si applicano alle merci. Mettere sullo stesso piano ontologico merci e salute è un’operazione dannatamente indecente. Come pure dovrebbero essere socializzati tutti gli enormi profitti che si producono per la cura delle malattie virali, infettive e croniche. Quello che si è visto in questi mesi a riguardo del mercimonio tra le BigPharma e i vari paesi, UE inclusa, è la prova evidente dei paradossi che produce un modo di produzione cui siamo incardinati dalla prima rivoluzione industriale ad oggi e che non ha ancora trovato un valido antagonista. Scabroso è pure lo stato di completo torpore cognitivo- intellettivo in cui vegeta buona parte del mondo intellettuale e giornalistico, espresso dai relativi pulpiti mediatici e di chi, di fronte a questo stato di cose, è tutto prono e organico agli interessi del mercato e del capitale. Per coloro che manifestassero dubbi e un certo scetticismo a riguardo delle tesi espresse, porto un fatto a titolo di mero esempio della mentalità e delle strategie che per buona parte regnano nel mondo dell’industria farmaceutica. Mi riferisco al probabile accordo fra la casa produttrice del Viagra e quella del Botox per dare luogo a una mega fusione del valore da 150 miliardi di dollari, con probabile sede in Irlanda, dove vige un sistema fiscale particolarmente favorevole all’accumulo di profitto. Mi pare ovvio che se la filosofia di chi produce cure è quella della ricerca del massimo profitto per mezzo della vendita del farmaco-merce non si và da nessuna parte. Ecco quindi sbocciare l’utopia di immaginare una filiera del farmaco pubblica a fini sociali che espropri i produttori e nazionalizzi la produzione rendendola open source, senza proprietà dei brevetti o meglio, che inizi a produrre brevetti come bene comune dell’umanità almeno per gli stati di necessità.

{D@ttero}

Foto da https://www.pexels.com/it-it/foto/gruppo-di-uomini-di-rivestimento-34291/

Marijuana
BadPharma
Deontologia farmaceutica
Hiv

*Link trovati in Wikipedia su argomento BigPharma