Il ballo in Muskera
Si era nel pieno del Carnevale. Nella capitale dello Stato Libero era previsto un grande ballo in maschera per quella sera e anch’io ero stato invitato. Non che ci fosse un granché da festeggiare, vista la situazione; era però vero che la resistenza non mollava: già ormai da vent’anni esisteva lo Stato Assoluto d’Ameuropa, governato da Trump, Musk e Water Melon, ed erano già passati dieci anni dall’istituzione dello Stato Libero, dove si riuniva e si organizzava la resistenza al regime. A quel ballo avrebbero partecipato tutti i resistenti e tutti i loro leader, in vena di divertirsi satireggiando i tiranni che ormai da vent’anni, dal lontano 2025, decidevano le sorti del mondo occidentale e capitalista. Se un po’ dappertutto in Occidente erano state completamente rase al suolo le foreste, sostituite da alberi di plastica e venivano utilizzati combustibili fossili (la Grande Right, il partito al Governo al quale si era accodata la restante Left, era infatti negazionista del riscaldamento globale), se si cementificava ovunque con il risultato che non esisteva nemmeno più un metro quadrato di verde, lo Stato Libero era l’unico luogo dove veniva utilizzata energia pulita e qualche bosco continuava ad esistere. Purtroppo, le gravi conseguenze del riscaldamento globale non lo risparmiavano, come non risparmiavano nessun territorio: innalzamento delle acque, tornado, uragani, aumento incontrollato delle temperature. Tutta l’Europa, a partire da quel lontano 2025, era stata inglobata dagli USA: Trump aveva dapprima conquistato la Groenlandia e il Canada, poi il Messico e l’intera America Latina, e poi l’Europa, accordandosi con la sulfurea Water Melon. Era stato deciso che gli individui non potessero più comunicare a voce fra di loro ma solo tramite chat e videochiamate. Le popolazioni latino-americane, gli afro-americani e anche tutti gli africani e gli orientali che vivevano in Occidente erano stati confinati su piattaforme isolate in mezzo agli Oceani; su quella più lontana e inaccessibile erano stati confinati i Palestinesi.
Però quella sera, nella roccaforte dello Stato Libero, ben difesa e guarnita, ci si doveva divertire. Entrai nei futuristici saloni del palazzo anti-governativo e dovunque vi erano tavole imbandite con ogni carnevalesca leccornia e con abbondanti libagioni. Mentre sulle reti governative impazzava il Festival di Sanscemo, e tutti gli abitanti dell’Ameuropa erano incollati agli schermi trans-ottici, gli abitanti dello Stato Libero si lanciavano nello sfrenato ballo in maschera. Vidi diverse persone mascherate da Trump con dei costumi che ridicolizzavano soprattutto l’acconciatura del leader supremo; a tal proposito vidi un tizio vestito in un completo blu con una finta frittella di colore giallo sulla testa che recava un cartello con la scritta “Grande Frittello”. Ma erano tanti anche quelli mascherati da Musk: chi era vestito da astronauta (eh, nel frattempo egli aveva costruito navi spaziali per far giri turistici nello spazio come se si andasse a un ipermarket) con un calco facciale che riproduceva perfettamente i connotati del personaggio, chi ripeteva ossessivamente, come una marionetta, il gesto del saluto con la mano alzata che aveva segnato, vent’anni prima, la sua ascesa. Chi, mascherato da Water Melon, muoveva incessantemente la testa sormontata da una parrucca bionda, chi da Sputin, sputacchiava ovunque dopo lunghe sorsate di vodka, chi da Ignacio Los Ruttos, emanava rumoreggianti gorgoglii mentre una luce digitale ricopriva tutte le pareti dell’enorme salone che sembravano quasi essere digitali esse stesse.
Altre maschere erano, per così dire, più tradizionali: Arlecchini e Pulcinella in pose comiche e buffonesche che correvan dietro a splendenti Colombine, Zorri e Robin Hood che mostravano la loro audacia, dame settecentesche con mascherine nere sul volto, Batman e Robin che correvano da una parte all’altra del salone, una specie di Superman che non riusciva a volare come avrebbe voluto e diversi Goldrake impegnati ad attaccare il comandante supremo di Vega vestito in rosa shocking. Stavo sorseggiando un Campari Soda quando vidi una maschera di Musk, una vera e propria Muskera, avanzare verso il centro del salone. Era perfetta ed impressionante: chi l’aveva creata e indossata doveva essere bravissimo. Il leader della resistenza, mentre la musica e il suono dei festeggiamenti erano stati interrotti, stava per brindare con un bicchiere di Fragolino artificiale a quei dieci anni di lotta al governo, a quel grande Stato Libero dove il regime non era mai riuscito ad entrare, quando si accorse della Muskera. Avanzava solennemente alzando a scatti il braccio destro. La scena stava assumendo connotazioni inquietanti: il capo sbiancò e, con un filo di voce, disse alla Muskera di indietreggiare. Ma niente, non c’era proprio niente da fare. Quel tizio vestito da Musk stava continuando inesorabilmente ad avanzare fino ad arrivare davanti al leader. Gli sfilò il bicchiere dalla mano e se lo portò alle labbra. Dopo poco lo levò in aria e in quel momento tutta l’intera stanza mutò aspetto: non era più il salone del palazzo dell’antigoverno ma una tetra e lugubre prigione contornata da sbarre elettroniche. E allora si seppe che Muskera era Musk, ed era lì, e c’era poco da scherzare. Era arrivato come un “like” nella notte, come un “emoticon” silenzioso e sorprendente, come una vecchia Tesla a fari spenti; per mezzo della sua Intelligenza Artificiale aveva creato il salone, la festa, la musica e forse l’intero Stato Libero. Era tutto così perfetto e bello da sembrare reale. Uno dopo l’altro i resistenti festanti furono arrestati e rinchiusi nella prigione. E le chat, le videochiamate, l’Intelligenza Artificiale, i “like” e gli alberi di plastica dominarono indisturbati su tutto.
gvs