Guatemala: l’allegria avanza nel paese della eterna tirannia
Malgrado tutto, A pesar de võce, A pesar de usted
Ieri, 20 agosto 2023, Bernardo Arévalo ha vinto l’elezione presidenziale in Guatemala con il 59% dei voti. Dovrebbe assumere l’incarico il 14 gennaio 2024.
Malgrado tutto, l’allegria e la primavera avanzano nel paese dell’eterna tirannia.
È una salutare lezione anche per i non pochi militanti tristi.
Si può. Si deve e si può.
Ma, da qui al 14 gennaio 2024, data in cui Arevalo assumerà l’incarico, mancano oltre 6 mesi. Sarà un semestre di grandi tensioni e rischi.
Contro Arévalo e il suo partito, “Semilla” (Semente), si scateneranno tutti i demoni, che in Guatemala sono tanti.
Probabilmente, non saranno solo demoni guatemaltechi.
Presumo che l’offensiva avrà subito inizio con un incremento della guerra giudiziaria (lawfare) in atto, infruttuosamente, ormai da mesi.
Gli estremisti di destra insisteranno. Non ne possono fare a meno perché buona parte dei giudici, dei politici, dei miliardari e dei militari guatemaltechi, sono dei corrotti patentati.
Parola dei Tribunali statunitensi che ne chiedono la stradizione, mica mia!
Che i Tribunali statunitensi l’abbiano sentenziato e comunicato urbi et orbi significa che sono stati beccati con le mani in pasta. Pasta di cocaina.
Quindi Arévalo, avvocato, già vice cancelliere e ambasciatore guatemalteco in Spagna, socialdemocratico, come mettono in rilievo quasi tutti i media, dovrà sopravvivere, prima, e avere, poi, la forza materiale e morale per combattere la corruzione e il ladrocinio.
Un’avventura affascinante che, però, farebbe venire la cacarella anche ai più assidui frequentatori “dei peggiori bar di Caracas”.
Mi fermo qui perché ora importa festeggiare la vittoria di Bernardo, figlio di Juan José, il presidente che diede inizio ad un altra primavera guatemalteca nel lontano 1945.
Bernardo, nato nel 1958 in una famiglia di esuli a Montevideo, avrebbe anche questa colpa sul groppone. Dicono quelli del lawfare, Azzeccagarbugli con e senza patentino, che uno nato a Montevideo non può essere presidente del Guatemala.
Loro l’hanno saputo dai discendenti dei golpisti del 1954, quelli della United Fruit Company, l’UFCO, oggi riciclati alla Dole, alla Chiquita e alla Del Monte, i tre eredi della “piovra verde” smembrata dopo il golpe del ’54 perché “troppo impresentabile”, secondo i Tribunali USA.
Un caso unico nella storia giudiziaria statunitense.
Satrapi e tiranni sanguinari, in ogni generazione.
L’hanno provato oltre ogni dubbio negli Anni ’70, quelli del generale predicatore Efraín Ríos Montt, il quale aveva l’abitudine di spedire l’esercito a bruciare villaggi interi …, con la popolazione confinata nelle proprie abitazioni.
Verità stabilita dai Tribunali guatemaltechi.
Non so se Neruda avesse diritto a occuparsene ma, impertinente, lo fece nel “Canto generale” (1950): “Quando suonò la tromba e tutto era pronto sulla terra, Geova spartì il mondo fra Coca-Cola Inc., Anaconda, Ford Motors e altre entità. La United Fruit Company si riservò la parte più succosa: la costa centrale della mia terra, la dolce cintura d’America”.
Poiché di “presunti abusivi” mi occupo stamane, vi allego un brano musicale del nicaraguense Luis Enrique Mejía Godoy.
Forse è un vizio: pure lui canta a Montevideo.
Il brano s’intitola “A pesar de usted”, Malgrado lei.
“Accendo la radio alle 6 in punto, e le notizie sono come una raffica. Il modo si contorce in un minuto. La patria è aggredita, la pazienza sopporta”…
Stamane ho acceso la radio pure io (non alle 6 in punto).
Sciorinavano i “pentiti di tutto”, in questo caso quelli della “Sezione RAI News”:
“Il rappresentante della sinistra radicale, Bernardo Arévalo, ha vinto le elezioni in Guatemala”.
Presumo che i dinosauri guatemaltechi abbiano gongolato: “Questi ci capiscono davvero!”.
Rodrigo Rivas