Smerdinik alla riscossa
Rolando amava frequentare i salotti, i premi letterari e gli incontri mondani di cinema e letteratura. Era nel suo mondo ma non ne combinava mai una giusta riuscendo a guastare sempre tutto. Come faceva? Beh, pensate che il suo soprannome – degno di un ambiente letterario – era Smerdjakov ma anche, ripreso stavolta dall’universo della paraletteratura e del fumetto, Smerdinik. Insomma, è facile capire quale fosse la sua specialità ma bisogna anche specificare che lo faceva involontariamente, senza intenti di sabotaggio o di contestazione. Insomma, era ben lontano da certe provocazioni coprofile di molti artisti contemporanei, come quelli dell’azionismo viennese. Una volta, a una festa di gala per la celebrazione del famoso premio letterario “Fata”, ruppe lo scarico della toilette provocando la fuoruscita dell’orrido materiale dai pozzi neri in tutto l’appartamento dove si svolgeva la festa, stile La grande abbuffata. Però, nella storia che ci accingiamo a raccontare, Rolando ha compiuto, per certi aspetti, un’azione di sabotaggio, cioè si è introdotto ad un’importante serata letteraria senza essere stato invitato. Data la sua particolarità, capirete bene che nessuno lo voleva più, con sua grande disperazione, agli importanti eventi mondani. Quella volta si travestì da autore sconosciuto, cioè si mise una mascherina sugli occhi, un cappello alla Humphrey Bogart e via. Dovete sapere, infatti, che per gli invitati c’era la possibilità di mascherarsi appunto da “autore sconosciuto”, ghost writer o utilizzatore di pseudonimo e così fece. All’ingresso, nessuno lo riconobbe e riuscì a entrare liberamente.
Tra l’altro, quella sera si festeggiava il successo di vendite del libro del generale Cagnacci, un libro in cui si ribadiva che l’omo è omo, punto e basta. Se l’omo non è omo, allora, si va contro natura, punto. Insomma, un grande capolavoro. Rolando entrò e nessuno pensò che dietro quella mascherina si celava nientemeno che Smerdjakov o (soprannome più appropriato in questo caso) Smerdinik. Portava una elegante borsa stile 24 ore, piena di libri, per ostentare la sua cultura. Per arrivare alla festa in tempo, però, quel pomeriggio, Rolando aveva preso una scorciatoia che passava per lo sgambatoio comunale n. 20, e aveva inopinatamente strusciato sul muro la sua elegante valigetta. Rolando non si era accorto di nulla e non aveva certo messo in conto il fatto che quel giorno allo sgambatoio era presente Adriano l’alano, di proprietà del signor Diessini. Adriano, data la sua altezza, aveva disdegnato di orinare e defecare in mezzo agli altri cani e aveva prediletto il candido e odoroso muro che separava lo spazio canino da un aristocratico parco pubblico e proprio su quel muro Rolando aveva strusciato la sua valigetta.
Passò quindi con la sua 24 ore vicino al generale Cagnacci sfiorando la sua irreprensibile uniforme e la sua sciabola argentea. Passò dal palco delle conferenze prima che iniziasse la cerimonia e, poggiata la valigia sulla sedia regale, volle provare come ci si sentiva al tavolo d’onore. Accostò la sua valigetta allo smartphone di un intellettuale e saggista, smartphone che, senza rendersi conto di nulla, quello stesso intellettuale e saggista usò poi per pubblicizzare sui social il suo ultimo libro (“come me non c’è nessuno!”; “Ecco tutti i miei libri, passati, presenti e futuri!”; “Guardate questa foto che li ritrae esposti alla Mostrinelli!”). Sfiorò con l’eleganza vintage della sua 24 ore la gonna bianca della scrittrice pulp e cannibale più in voga, quella più amata, quella più eccentrica ed egocentrica, quella più slavata nel suo lucore cadaverico, che teneva per mano il grecista Condorello, strenuo conservatore del liceo classico tradizionale modello legge Gentile del 1923. La appoggiò persino vicino al grande buffet che sarebbe stato servito per l’occasione e alcuni frammenti del capolavoro realizzato poco prima dall’alano Adriano caddero dritti dritti nel clou delle portate. La mise vicina vicina, poi, a quella, molto simile alla sua, del famoso psicanalista Rabberciati, autore del celeberrimo Complesso di Marco, molto amato dagli appassionati di band musicali. Un po’ di materia marroncina era finita persino sulla testa del regista Paolo Vizir, astutamente vestito di bianco, nonché sulla barba di Nanni Goretti, in tenuta di velluto stile radical chic. E la valigetta ebbe i suoi effetti coprofili anche sulla folta chioma bianca di Peppe Carognini e sulla giacca di Fabio Fazioso.
Alla fine della serata, ogni invitato era contrassegnato da una striscia color marrone, una sostanza leggermente liquida, perché Adriano l’alano aveva chiazzato il muretto di escrementi di tipo dissenterico o tifoide, aveva infatti mangiato troppo la sera prima. Immaginate l’orrore che inondò la sala. Tutti al bagno, a strofinare con carta e fazzoletti la materia fecale, che comunque non veniva via, come un pennarello indelebile. Attente a non toccarla con i loro guanti di seta le signore. E poi spray deodoranti e profumanti spruzzati per ogni dove, con i sospiri “oh”, “diomio”, “come è possibile?”. Il trambusto non permise la fine della serata, l’elezione dell’intellettuale dell’anno con il premio di una statuetta di ceramica dal fallo molto prominente in argento. Tutti corsero a casa di gran carriera, pensando che una fattura di Smerdjakov, rivolta verso gli invitati colpevoli di averlo escluso, fosse la causa del ritorno eterno della merda. Erano pentiti e contriti, se lanci merda su qualcuno, metaforicamente, la merda ti ritorna contro.
Francesca Fiorentin e gvs