Interviste

INTERVISTA A RODRIGO RIVAS – IL GOLPE IN CILE DEL 1973

Introduzione

Abbiamo chiesto di effettuare questa intervista a Rodrigo Andrea Rivas in quanto fra il 1970 e il 1973 ha fatto parte del governo di Unidad Popular di Salvador Allende, in Cile, nonché giornalista e scrittore di tutto rilievo. Profugo in Italia dal gennaio 1974, dopo il golpe di Augusto Pinochet, ha rivestito vari ruoli fra cui quello di direttore di Radio Popolare e di docente universitario in Italia e all’estero, ed ha pubblicato oltre 50 saggi di politica ed economia internazionale.
Questa intervista tratta delle vicende relative al tragico e violento colpo di stato attuato in Cile l’11 settembre 1973 dal generale Pinochet (dietro direzione degli Stati Uniti) che ha spodestato il governo di Allende, cioè il progetto di realizzazione del socialismo per via democratica più avanzato al mondo. E’ stata realizzata per approfondire e chiarire alcune dinamiche e aspetti relativi al golpe, avendo Rivas assistito e vissuto questa vicenda storica (combattuta tra carri armati, aerei dell’aviazione e 50/100 civili armati che hanno cercato di difendere il loro presidente) in prima persona.
Durante l’intervista sono stati analizzati diversi aspetti di questo tragico evento, facendo anche riferimento all’intervento fatto da Rivas a Milano il 10 settembre 2023 in occasione del cinquantennale del Golpe che stravolse la sua vita e la storia del suo paese per sempre.
Le domande che sono state poste riguardano sia temi di carattere storico, come i discorsi fatti dall’ex presidente cileno Salvador Allende al popolo durante un periodo di sconforto e confusione per tutto il paese, sia temi più privati, o comunque personali riguardanti le emozioni e le opinioni di Rivas in uno dei momenti più difficili che abbia mai affrontato.
Ringraziamo Rodrigo per la sua disponibilità, per il tempo che ci ha concesso e per averci parlato di argomenti importanti e soprattutto per lui non facili da affrontare.

Intervista

Classe 2C: Qual’era il rapporto tra il presidente Allende e Pinochet prima del colpo di stato?

Rodrigo: “Allende e Pinochet prima del colpo di stato erano amici. Pinochet venne nominato Capo di Stato Maggiore il 23 agosto del 1973 in seguito alle dimissioni del generale Prats e si spacciò fin da subito simpatizzante delle idee di Allende, dichiarando pubblicamente la propria fiducia nei suoi confronti”.

Classe 2C: Cosa provò e come si sentì durante e dopo il golpe?

Rodrigo: “La sera prima del colpo di stato io ero al palazzo del governo con altre persone nella riunione del gabinetto di governo, c’era pure il presidente ed ero abbastanza deluso dalla decisione del presidente di comunicare al paese le dimissioni del governo la mattina seguente e di andare a nuove elezioni. Tuttavia ero anche abbastanza tranquillo, perché si supponeva che il giorno dopo, con le rinuncia di Allende, le gravi tensioni scatenate dalla destra che attanagliavano il paese da mesi sarebbero andate in via di risoluzione. Dopodiché sono andato a casa e la mattina dopo mi sono svegliato con le cannonate. Mi sono svegliato con mia moglie, abbiamo acceso la radio e si parlava del colpo di stato. Siamo usciti di casa e lì ci siamo separati, per diverso tempo non abbiamo saputo cosa succedesse l’un l’altro. Non ricordo di aver sentito paura, non perché io sia particolarmente coraggioso ma perché non ce n’era spazio, non avevo ancora imparato cos’era la paura. Era come se fossi all’interno di un film che non era mio, era di altri, era un’invenzione, io non l’avevo mai visto. Mi ricordo che anche dopo ero abbastanza tranquillo; la tranquillità è durata fino al bombardamento al palazzo dal governo, in quel momento le cose erano diventate come una sorta di incubo spaventoso. Io ero molto giovane e i giovani hanno l’incoscienza di pensare che non può succedere nulla di grave a te e ai tuoi. Qualche giorno dopo iniziarono a succedere le cose gravi a me e a quelli che io amavo, e l’idea della propria invincibilità è entrata in crisi”.

Classe 2C: È mai tornato nel suo paese dopo il colpo di stato o ha mai pensato di tornarci?

Rodrigo: “Sono tornato in Cile per la prima volta nel 1988 come giornalista italiano quando Pinochet indisse un referendum per confermare o meno la carica di presidente per i successivi dieci anni. Poi vi sono tornato per quasi tutti gli anni fino ai primi anni 2000 e per l’ultima volta nel 2009 in occasione del centenario della nascita di Allende.
Avevo pensato di tornare in Cile nel 2021 quando venne eletto un governo democratico, ma poi ci ho ripensato per due motivi: 1) perché in quel momento sembrava più utile che io continuassi a fare il giornalista dall’Italia, piuttosto che andare a fare l’ennesimo rifugiato tornato nel proprio paese senza avere granché da fare e a prendere il posto a coloro che ne avevano più bisogno di me. 2) perché nel frattempo avevo avuto due figli, che andavano a scuola e si sentivano perfettamente italiani e non avevano nessuna voglia di andarsene in Cile, dunque non mi sembrava il caso di tornare lì”.

Classe 2C: Come ci può descrivere Allende: quale opinione ha di lui? Cosa ne pensa riguardo la teoria in base alla quale si suicidò? Come andò secondo lei?

Rodrigo: “Non esiste la certezza assoluta sul fatto che Allende si sia suicidato o che sia stato ucciso. Entrambe le due versioni hanno elementi di credibilità, ma credo che non ci sia motivo di dubitare del fatto che si sia suicidato, principalmente per il fatto che anche la moglie, i familiari, e le persone a lui più vicine lo credono. Penso che comunque sia logico, perché Allende sapeva che se non si fosse suicidato sarebbe stato ucciso; pensava che suicidarsi avesse un senso politico: disse che non si sarebbe mai dimesso in quelle condizioni. Cosa penso di Allende, bé, Allende mi ha cambiato la vita, a me e a tutta la mia generazione: era come un padre severo che insegnava cose importanti (soprattutto cosa pratiche, come perdere la paura), ma allo stesso tempo era gentile e paterno, un uomo ricercato nei modi e allo stesso tempo molto alla mano”.

Classe 2C: Secondo lei sarebbe scoppiata la guerra civile invece del colpo di stato? In tal caso cosa avrebbe fatto?

Rodrigo: “Riguardo cosa avrei fatto ti posso solo rispondere con alcune ipotesi. Posso supporre che davanti a determinate circostanze farò una cosa o ne farò un’altra, ma ti saprò rispondere sul serio quando gli eventi avverranno e se avverranno davvero, prima sono solo teorie.
Una guerra civile presume l’esistenza di due forze contrapposte che hanno entrambe la possibilità di vincere; le forze armate erano praticamente compatte mentre lo stato era in forte crisi: non si aveva la possibilità di credere che materialmente fosse possibile la vittoria. Dunque la guerra civile non sarebbe mai stata possibile, tuttalpiù ci sarebbe stato un massacro; e nel caso non so cosa avrei fatto”.

Classe 2C: Cosa ne pensa del fatto che dopo la morte di Allende Pinochet consegnò le miniere cilene alle multinazionali statunitensi e canadesi?

Rodrigo: “Penso semplicemente che Pinochet abbia fatto il suo mestiere: era quello che doveva fare in base alle indicazioni di Washington. Il colpo di stato avvenne per quello: consegnare il paese nelle mani degli statunitensi. Se l’America latina non avesse avuto quella serie di governi orrendi sarebbe un continente molto ricco. E proprio qui trovò la sua prima applicazione il neoliberismo: tutto ciò che può essere messo in produzione va messo in produzione”

Classe 2C: Come e da chi gli è arrivato l’elenco con i nomi dei cinque militari che non fecero arrivare l’ambulanza il giorno della morte di suo padre?

Rodrigo: “A questo non posso rispondere perché mi è arrivato da altri soldati. Mi dispiace ma questo non lo posso dire, come non posso dire chi mi ha aiutato a uscire dal paese”

Classe 2C: Cosa ne pensa della politica cilena attuale?

Rodrigo: “Penso che si sia perso una grande opportunità dopo le grandi speranze sollevate dalle oceaniche proteste di piazza dell’autunno del 2019 e che sia un po’ un disastro. Attualmente penso che il Cile sia un paese deluso dal governo in carica, quello di centro-sinistra di Gabriel Boric, che soffre a causa dei cambiamenti apportati alle politiche inizialmente promesse. Il Cile è uno dei paesi più ricchi del sud America, dove però un buon 40% della popolazione vive in povertà. I cileni sono semplicemente delusi dal cambio di linea politica del governo attuale, e credo che se io fossi in Cile presterei molta attenzione a quello che sta succedendo”.

Classe 2C: Nei panni dei cileni qual è la soluzione per migliorare la situazione che lei sintetizza efficacemente con la frase “il Cile non è povero ma i cileni si”?

Rodrigo: “In questo momento il Cile fa parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), di cui sono membri i 38 paesi più sviluppati del campo capitalistico: quasi tutti i paesi europei occidentali e anche alcuni paesi dell’America latina come il Cile e il Messico. Il Cile appartiene a quell’elenco di paesi che hanno un reddito medio-alto, che dovrebbe essere intorno ai 20 mila dollari annui.
Il Cile è un paese nel quale oggi 5 famiglie si impossessano del 50% del reddito nazionale.
I cileni dunque sono poveri in un paese così ricco a causa della distribuzione ingiusta del reddito, privilegio non viene toccato fin quando qualcuno non imporrà un cambiamento nelle politiche economiche e fiscali. Sarebbe quindi utile che si facesse pagare le tasse a chi guadagna tanto, che ci fosse un sistema pensionistico meno ingiusto, la sanità pubblica e l’istruzione gratuita, tutte riforme di questo tipo.
Democrazia per me significa che posso protestare, senza essere represso, e avere la possibilità di poter cambiare le sorti del paese tramite via democratica.”

Matteo Fontana e Alessia Zaffora