La Natura Ostile di Paolo Lago – Recensione
“Lì dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva”
(F. Holderlin)
Ad aprile 2023 è uscito il libro “La natura ostile – Visioni e prospettive nella narrativa contemporanea” di Paolo Lago, pubblicato da Edizioni Terracqua, che sarà presentato a breve a Livorno con la partecipazione dell’autore.
Il tema dell’ostilità della natura è sempre stato presente nella letteratura fin dall’antichità e oggi più che mai, di fronte al degrado ambientale, all’inquinamento e al surriscaldamento del pianeta, si possono trovare opere letterarie che richiamano l’argomento e che impongono una riflessione profonda e una vera e propria “spinta all’azione, ad avere ancora fiducia in noi stessi e nel futuro…”
La prima parte del libro è dedicata alla natura mostrata nella sua forma eco-distopica e post apocalittica, con romanzi ambientati in un mondo sconvolto da cambiamenti climatici, inondazioni, devastazioni sociali e ambientali; mentre la seconda parte riguarda narrazioni non segnate direttamente dalla forma distopica ma dove la natura diventa, poco a poco, nemica agli esseri umani e fa presagire le catastrofi imminenti.
Terre desolate
In questo capitolo l’autore descrive i territori devastati e i paesaggi post apocalittici presenti in quattro opere letterarie: Bambini Bonsai di Paolo Zanotti, Qualcosa, là fuori di Bruno Arpaia, Pietra nera di Alessandro Bertante e L’anno del diluvio di Margaret Atwood.
Come in precedenti lavori, Paolo riesce a rendere vivo e variegato il romanzo che descrive e inserisce mille richiami che vanno ben oltre la letteratura con riferimenti puntuali alla storia della filosofia, del cinema e dell’antropologia.
In Bambini Bonsai, per esempio, si possono incontrare due facce opposte: da una parte il territorio devastato dalla tropicalizzazione, piogge e tempeste e dall’altra, una serra, una voliera dove tutti gli elementi naturali sono finti, come notiamo anche in una precedente opera saggistica di Zanotti, Il Giardino segreto e l’isola misteriosa: il giardino appunto come natura ordinata, spazio geometrico, spazio che si richiama all’antico Eden che esisteva prima delle catastrofi, mondo vacuo e finto, come l’ambiente artificiale e costruito del film The Truman Show di Peter Weir.
In Qualcosa, là fuori di Bruno Arpaia i protagonisti riescono a raggiungere nel loro viaggio di salvezza la casa di Petronella, intesa come un rifugio di sogni e di fantasia, uno spazio separato dal resto del mondo devastato. L’autore ci indica che si tratta di una casa-veliero, quasi come in quella formula utilizzata da Michel Foucault in una conferenza del 1967: “la nave è eterotopia per eccellenza, serbatoio di immaginazione… perché nella civiltà senza navi i sogni si inaridiscono, lo spionaggio sostituisce l’avventura e la polizia i corsari”.
In questo senso sul tema della nave, del viaggio e degli spazi ricordiamo il precedente libro di Paolo: “La nave, lo spazio e l’Altro. L’eterotopia della nave nella letteratura e nel cinema” (Mimesis, 2016).
Anche in Pietra nera di Alessandro Bertante possiamo ritrovare il tema del viaggio, un viaggio solitario del protagonista “verso il paesino di Pietra Nera in un mondo devastato da una non meglio identificata Sciagura che ha provocato un tracollo economico e finanziario e una violenta epidemia di una misteriosa malattia.”
I personaggi, per Lago, contengono un aspetto naturale e animale, un senso del sacro
profondo. Il loro essere adolescenti li porta ad avere una “parola suscitatrice” che può essere letta come una speranza per una metamorfosi dell’uomo e della cultura umana di fronte a questi paesaggi devastati e apocalittici.
Anche nel libro L’Anno del diluvio di Margaret Atwood si può ritrovare il tema della natura ostile, sfidata dall’uomo e dalle dinamiche economiche e sociali che hanno investito l’essere profondo della società provocando disastri ecologici e sociali.
Per l’autore, sono molti i temi presenti in questa opera: identità e corpi allontanati dall’ecosistema, la profonda dicotomia tra lo spazio umano e quello animale, il corpo femminile e la sua degradazione per fini commerciali, la genetica modificata, le tecnologie digitali che sconvolgono il nostro modo di vivere spazio e tempo.
Terre Sommerse
In questo capitolo gli scenari post apocalittici riguardano i territori sommersi sconvolti dal cambiamento climatico e dall’innalzamento del livello del mare. I libri analizzati sono Sirene di Laura Pugno, ancora Qualcosa, là fuori di Bruno Arpaia, Quando qui sarà tornato il mare del collettivo Moira dal Sito e Terre sommerse di Kassandra Montag. Paolo Lago riesce anche in questo capitolo a inserire molti richiami ad autori e opere letterarie e cinematografiche, come nel caso di Okja del regista Bong-Jon-hoo contro gli allevamenti intensivi e relativi esperimenti genetici oppure La forma dell’acqua di Guillermo del Toro sulla creatura acquatica, “essere altro e più vicino alla natura”, che viene catturata per essere sottoposta a esperimenti.
Le sirene di Laura Pugno sono, per l’autore, vere “portatrici di radicale alterità e figure femminili” necessarie per una significativa trasformazione della nostra società.
Gli spazi vivibili e la trasformazione delle nostre città vengono messe in evidenza costantemente come nella descrizione del nubifragio di Napoli in Qualcosa, là fuori, oppure nella resistenza di San Francisco dove si cercava di arginare l’innalzamento del livello del mare e dove tutto “era un cantiere di opere di consolidamento delle coste, mentre qua e là spuntavano dighe che consentivano di regolare l’afflusso delle acque”, nei campanili di Amburgo o nella Venezia paragonata a una specie di mitica Atlantide nel racconto La brama del mare aperto contenuto nel libro Quando qui sarà tornato il mare del Collettivo Moira dal Sito. In un certo senso, per l’autore, le terre sommerse “assumono la valenza di uno spazio sacro separato dallo spazio profano circostante… Un luogo che si contrappone in modo netto ai non luoghi (spazi, secondo Marc Augè, completamente svuotati d’identità) che il tecno capitalismo continua a erigere tutt’intorno”.
Spazi estremi e lontani
“Inutile negare che la crisi climatica sia anche una crisi della cultura, e pertanto dell’immaginazione” (Amitav Ghosh – La grande cecità”)
La natura ostile può essere raccontata anche senza paesaggi apocalittici e futuri distopici, semplicemente può “rappresentare un semplice scenario narrativo e come sfondo può costituire un ostacolo alle attività degli esseri umani.”
I libri descritti in questa sezione sono: Eclissi di Ezio Sinigaglia, Gli oscillanti di Claudio Morandini, Io e Mabel di Helen Macdonald e Il sussurro del mondo di Richard Powers.
In Eclissi lo spazio estremo e lontano è rappresentato da un’isola, luogo circondato dal mare e separato da qualsiasi territorio. L’inaccessibilità dell’isola e le sue rocce basaltiche divengono un simbolo dell’ostilità della natura. Il basalto qui diventa elemento duro, rigido, estremo, capace di trasformare spazi e uomini in pietra, proprio come nella serie TV Katla diretta da Baltazar Kormakur e girata in Islanda.
Soltanto l’erba sembra contrapporsi al duro basalto e mostra “l’incredibile bellezza e dolcezza che, anche in una natura nemica, continua indissolubilmente a resistere, dando speranza a un futuro diverso e possibile.”
Nei libri analizzati in questo capitolo vengono messi in evidenza temi come il mistero, la terra sacra, il mito, la profondità della natura, l’essere come un misto di umano e animale come il personaggio di Bernardetta del libro Gli oscillanti di Claudio Morandini, un “essere selvatico avvolto da un alone di mistero, con connotazioni sia da vampiro che da strega ma soprattutto misterioso animale lunatico”. Oppure l’astore Mabel che diviene soggetto potente, naturale e ostile, ma principalmente elemento di alterità e contagio.
Per mezzo della figura dell’astore, emblema di una natura selvaggia e ostile, “Macdonald riflette sul concetto di alterità e di possibile ibridazione nella dimensione sociale contemporanea”.
La natura a volte si incrocia con la cultura e possiamo trovare, nel romanzo Il sussurro del mondo, un vero e proprio villaggio sulle nuvole costruito sulla canopia di un gigantesco albero, che diventa spazio magico, biblioteca e teatro naturale, dove leggere e studiare, inventare quasi “un’etica del futuro, capace di stabilire relazioni di prossimità costruttiva con le altre specie e con l’ambiente naturale” (S. Iovino) e progettare un futuro oltre il motore neocapitalistico.
Spazi antropizzati
La natura ostile in questi spazi antropizzati si presenta come un elemento totalmente estraneo alla dimensione umana. In questo capitolo vengono analizzati Violazione di Alessandra Sarchi, Io e Mabel di Helen Macdonald e Il Sussurro del mondo di Richard Powers, questi ultimi due testi già trattati nel precedente capitolo.
Nel romanzo Violazione, lo spazio naturale della campagna, devastato da abusi edilizi e interramenti di torrenti, “appare come un territorio da civilizzare e umanizzare”. In questo senso la natura antropizzata si trasforma in un bene di possesso, una proprietà privata come un’altra: un territorio striato (Deleuze e Guattari), sottoposto a griglie, controlli e sfruttamento, dove “lo spazio liscio e nomadico della natura viene trasformato in uno spazio striato, una sorta di finta campagna a uso e consumo dei cittadini annoiati”. Qui la critica politica è evidente: l’urbanizzazione e la cementificazione ha trasformato il volto delle campagne, coinvolte in un reale processo di gentrificazione dove tutto si può “urbanizzare e vendere”, motto di Primo Draghi, uno dei personaggi presenti in Violazione.
Interessante anche la ripresa del libro Io e Mabel dove la natura viene sottoesposta a un processo di digitalizzazione, attraverso l’uso di tv e Internet e relative applicazioni: è sempre stato difficile trovare un nido di astore ma “voi oggi potete vederlo senza nemmeno andare nel bosco.” In questi romanzi gli spazi antropizzati, devastati dall’inquinamento, si possono trasformare velocemente negli scenari apocalittici della fine del mondo.
L’autore conclude il libro con un’immagine tratta da Il Sussurro del mondo quando, in una passeggiata in Zuccotti Park a New York, i due amici vedono “uno scoiattolo fantasma” e improvvisamente riescono a immaginare ciò che c’era un tempo. Certo la foresta fantasma di Manhattan sparisce subito, ma “non sparisce la spinta utopica a un mondo migliore in cui quella stessa natura possa ritornare al centro di un approccio mentale e materiale che la consideri come un vero e proprio essere vivente”.
La natura ostile di Paolo Lago rappresenta un invito a una lettura specifica di romanzi che, negli ultimi anni, hanno evidenziato il difficile rapporto tra società e natura, ecologia e progresso, sogno e mito con visioni di paesaggi neo-apocalittici, distopici e reali che ci richiedono una profonda riflessione sul nostro futuro in questa terra.
Come nei suoi precedenti libri, Paolo ci regala un confronto e un riferimento continuo con la storia della letteratura (Pasolini su tutti), della filosofia (soprattutto Foucault, Deleuze, Guattari e Virilio) e anche della storia del cinema (in questo senso suggeriamo la lettura di https://codice-rosso.net/alle-radici-di-un-nuovo-immaginario-paolo-lago-e-gioacchino-toni/)
Inoltre questo libro è anche filo rosso che unisce scrittura e vita, una vita come racconto infinito che ha bisogno di narrazioni, storie, riflessioni, miti e intensità per un nuovo futuro a venire e per altri modi di concepire lo spazio, le città, i territori e la natura, una natura di cui non siamo né padroni né unici interlocutori.
Perché siamo anche racconto e lotta infinita per un’altra società dove possano convivere giustizia sociale e razziale, natura e ambiente, salute e cultura, percorsi di crescita, maturazione, verso un altro immaginario collettivo e verso un orizzonte di senso più naturale e meno ostile.
“Ma cosa fare di fronte all’intrusione di Gaia? Bisogna trovare un fare comune, nutrire l’impegno collettivo alla produzione di saperi, narrazioni ed esperienze, qualcosa che forzi a pensare, ad agire, inventare, obbiettare, vale a dire lavorare insieme in una dipendenza che leghi gli uni agli altri “. (Isabelle Stengers – Nel tempo delle catastrofi)
Per Codice Rosso Coltrane59
Paolo Lago è dottore di ricerca in Letterature e Scienze della Letteratura all’Università di Verona e in Scienze linguistiche, filologiche e letterarie presso l’Università di Padova. Si occupa di ricezione dell’antico, estetica del romanzo, letteratura e cinema, teoria e critica del cinema. Fra le monografie: La nave, lo spazio e l’Altro. L’eterotopia della nave nella letteratura e nel cinema (Mimesis, 2016); Il vampiro, il mostro il folle. Tre incontri con l’Altro in Herzog, Lynch, Tarkovskij (Clinamen, 2019); Lo spazio e il deserto nel cinema di Pasolini, Edipo re, Teorema, Porcile, Medea (Mimesis, 2020); Alle radici di un nuovo immaginario (Rogas Edizioni, 2023). Collabora con diverse testate ed è redattore della rivista Carmilla.