Le sfumature del nero: dalle origini del fascismo a oggi e quella zona grigia da cui non usciamo più
Il giorno 29 novembre 2022 alle 21.00, per la rassegna “Nuovi modi di pensare”, ci sarà il Seminario online A noi! Tutte le sfumature del nero, un seminario di sopravvivenza urbana a nuovo e vecchio fascismo.
Con i contributi di: Mirco Carrattieri, Mario Coglitore e la redazione di Codice Rosso.
Gli anni ’20 sono iniziati con una serie di eventi che hanno sconvolto la superficie del pianeta e quindi anche del nostro paese.
L’emergere di un nuovo fascismo è uno di questi. Tra carattere nostalgico del vecchio fascismo e carattere mimetico del nuovo si apre una seria discussione.
Qui l’evento: https://www.facebook.com/events/863257654699326/?ref=newsfeed
Tra quel ventennio chiaramente dominato dal governo fascista di Mussolini fino ad arrivare ai nostalgici di Predappio e le varie presenze dirette nell’organico di Fratelli d’Italia si insedia, da molto tempo ormai, una variegata zona grigia dove fascismo, razzismo, odio sociale e qualunquismo generico si confondono e si attraversano con tutte le varie forme del capitalismo strutturale, finanziario e digitale.
Il racconto italiano
Il racconto italiano degli ultimi decenni ha riscritto la storia a uso e consumo dei media compiacenti, dei politici di una destra marcia e corrotta e di tutto quel mondo capitalista e liberista che ci ha raccontato la fiaba degli opposti estremismi, che ha pareggiato fascisti e partigiani, che ha gonfiato ad arte il mondo delle foibe equiparandolo alla strage di Stazzema, di Marzabotto, delle Fosse Ardeatine, di Lippa, del Padule di Fucecchio, di Cavriglia e di molte altre ancora.
Il processo di sdoganamento del fascismo inizia da lontano: i responsabili diretti o morali di delitti e di azioni criminali sono riusciti a mantenere cariche pubbliche o politiche importanti fin dai primi giorni del dopo guerra; in seguito per vent’anni l’ex vicedirettore di Repubblica Giampaolo Pansa è stato tra coloro che hanno compromesso l’argine antifascista, giungendo a equiparare le due parti della guerra di Liberazione. Un racconto di cui siamo responsabili tutti ma in particolare i vari governi che si sono alternati dal 1945 a oggi compresi vari esponenti del PD da Violante a Veltroni e molti altri ancora.
Da Moro a Soumahoro
Nonostante le grandi trasformazioni sociali e culturali degli anni 70 e le conquiste politiche e sindacali della classe operaia e del femminismo il capitalismo strutturale, finanziario e poi digitale ha trasformato il modo di essere delle persone e di vivere gli eventi, da allora, poco alla volta si sono nutriti e si sono rinvigoriti i germi di quello che stiamo vivendo adesso: il consumismo sfrenato, lo spettacolo senza fine, la lavatrice nuova, la 500 e la berlina a portata di rata, lo status sociale che sembra cambiare, la vacanza al mare, la moda letta e sognata, l’eroina nelle vene, il calcio che riempie le giornate, la tv incantatoria, la discoteca di mille persone che si respirano addosso, e accanto, quegli anni di rivoluzioni mancate e di comunità inconfessabili che avevano dentro di sé i semi della divisione e dell’individualismo, quel personale politico che avrebbe disgregato, fin nel midollo, il soggetto sociale e, di lato, favorito, in maniera sottile, quel capitalismo invasivo brutale e invisibile al tempo stesso, la sua rivoluzione industriale e culturale, i poteri ramificati, fordismo e post fordismo, la sua pubblicità irrefrenabile e molto altro ancora.
In questo brodo culturale il soggetto, la star e il politico con le palle di turno sembrano incantare le masse e sopperire alle irrefrenabili insicurezze e fragilità delle classi sociali deboli, dalla classe operaia al ceto medio che vedono sgretolarsi il loro mondo fatto da certezze economiche e politiche. Da Moro, tornato in auge in questi giorni con la serie Tv di Bellocchio e considerato quel soggetto che era in grado insieme a Berlinguer di unire L’Italia e renderla un paese più vivibile fino ad arrivare alla vicenda Soumahoro, dove quel che rimane della sinistra viene nuovamente colpita nelle figure singole di persone capitate lì per caso, con condivisioni social e comparse nelle tv di regime, con cui cercare un improbabile rilancio elettorale. In questo racconto politico da gossip, basato su un singolo soggetto con le sue uscite social e le sue posizioni sui singoli eventi, la destra naviga senza problemi e riscuote immancabilmente i suoi consensi elettorali, con i suoi bersagli preferiti, dal migrante al drogato, dal fannullone al comunista, dal trans al povero. Quello che manca è, da molti anni ormai e in Italia in particolare, un insieme politico, sociale, ecologico, femminista, culturale e antropologico di lotta e d’azione, compatto e variegato nello stesso tempo, senza il quale nessuna battaglia sarà vinta contro le nuove forme di fascismo.
La memoria digitale
Oggi la memoria digitale rappresenta un ulteriore problema che andrebbe affrontato politicamente e culturalmente. La memoria collettiva, inserita in questo insieme liberista, dominato da spettacolo, consumo e uso sfrenato di piattaforme e algoritmi, non può mai diventare riflessione viva, profonda e sofferta del nostro essere. Oggi Google, Amazon, Apple, Instagram, Facebook e TikTok non soltanto condizionano e controllano quel brodo culturale e sociale dove si producono immaginari, orizzonti e progetti politici ma sono, ora più che mai, quello che siamo, pensiamo, facciamo; e ci stanno dando la buonanotte senza darci la possibilità di vivere il noi, l’insieme, la memoria collettiva, di riprendere tutto quel dolore e quella rabbia di fronte ai razzismi e alle ingiustizie sociali. Anche da qui, basti pensare all’uso delle fake news e degli algoritmi con cui la destra alimenta la cultura della paura e del risentimento, possono nascere i nuovi fascismi, diversi nei modi e nelle forme da quelli del ventennio, ma altrettanto pericolosi e violenti.
Nella stessa ascesa della Meloni possiamo notare il bombardamento nei social degli suoi interventi e delle sue battute mai visti nei precedenti presidenti del consiglio. Il video della gaffe della Serracchiani sul femminismo e la relativa risposta di Giorgia è stato condiviso migliaia di volte da canali ufficiali e da account fasulli.
La zona grigia
Nel fondamentale “I Sommersi e i Salvati” Primo Levi ci mostra che il mondo del lager era complesso e non vi era una chiara distinzione tra bene e male, il mondo era terribile ma anche indecifrabile, l’amico non era tale, il nuovo era considerato ostile, odorava ancora di casa sua. Vi erano pochi privilegiati e i vantaggi reali potevano essere un orario migliore o un tozzo di pane in più… La zona grigia era ed è ancora quella zona invisibile e multilineare dove si nascondono i fascismi, gli egoismi e le indifferenze attuali “una zona dai contorni mal definiti, che insieme separa e congiunge i padroni dai servi, possiede una struttura complicata e alberga in sé quanto basta per confondere il nostro bisogno di giudicare di coloro che servono un regime di cui non vedono le colpe, dei subordinati che firmano tutto, di chi scuote il capo ma acconsente, di chi dice se non lo facessi io lo farebbe un altro peggiore di me”.
Per capire quelle molteplici sfumature del nero e quella invisibile zona grigia, mai come oggi, risulta profonda e importante la citazione di Deleuze: “Il vecchio fascismo, quale che sia la sua realtà e potenza in molti paesi, non è il problema all’ordine del giorno. Ci si preparano nuovi fascismi, si installa un neofascismo rispetto al quale l’antico fascismo sembra folklore. Il neofascismo non consiste in una politica e un’economia di guerra: è un’intesa mondiale per la sicurezza, per la gestione d’una “pace” non meno terribile, con l’organizzazione di concerto di tutte le piccole paure, di tutte le piccole angosce che fanno di noi tanti micro-fascisti ansiosi di soffocare ogni cosa, ogni volto, ogni parola che risuona nella propria strada, nel proprio quartiere…”
(Gilles Deleuze)