Editoriali

Vietare il porno ai minori, il solito scoglio che vorrebbe arginare il mare

Le recenti notizie di violenze sessuali attribuibili a minori hanno provocato una discussione nei media e nel governo sui provvedimenti da adottare. Si tratta soprattutto di misure per cosiddette baby gang, daspo per minorenni e, chiamiamolo così, divieto di accesso al porno per età inferiori ai diciotto anni. Mentre la questione delle baby gang e il daspo riguardano il governo della spazialità e dell’aggregazione di gruppo dei minori, meritando un discorso a parte, il dibattito sul divieto di accesso al porno per minorenni si guadagna un terreno di riflessione tutto particolare: quello che riguarda il tentativo di governo del simbolico digitale cresciuto attorno al minore.

Diciamo subito che questo tentativo in concreto fallisce prima di cominciare visto che, nonostante gli annunci sui media fatti da esponenti del governo precedenti al decreto Caivano, del divieto di accesso al porno non vi è praticamente traccia. Infatti, provare a vietare ai minori il porno digitale non è come il divieto di accesso ai cinema durante la seconda metà del ‘900 ed è, allo stato attuale, semplicemente impossibile.

Leggiamo infatti cosa scrive Massimiliano Masnada, avvocato partner di Hogan Lovells sul Corriere della comunicazione commentando le intenzioni, poi decadute, di divieto di porno per i minori e l’istituzione del sequestro del telefonino presente nel decreto Caivano: ” vi è il concreto rischio che limitazioni troppo stringenti e obblighi di controllo di difficile attuazione, portino esattamente alla conseguenza opposta di quella che si vuole ottenere: emersione di servizi clandestini; moltiplicazione della produzione di dati personali e della circolazione degli stessi; aumento di attività “clandestine online”; intensificazione delle truffe online e delle false dichiarazioni”

L’effetto che si ottiene, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non è quindi quello di governare il simbolico digitale dei minori ma quello degli adulti ovvero iniettare adrenalina, quella da risposta immediata ai fatti di cronaca, nella permanente promessa di controllo fatta all’elettorato per sostenere i processi di comunicazione politica che sostengono sondaggi e campagne elettorali. L’immaginario dei minori come carnefici (stupri, baby gang) richiede infatti immediate risposte per quello degli adulti che si materializza nello spettacolo del controllo e della punizione. Giusto nello spettacolo, quello che crea consenso per la parte meno tecnologicamente alfabetizzata dell’elettorato, perché, tecnicamente, tentare di vietare il porno ai minori è come cercare davvero di arginare il mare con uno scoglio.

Il tentativo di governo del simbolico dei minori, o la sua mimesi, genera però una serie di temi da analizzare se si vuol capire la politica istituzionale per come si sta sviluppando da tempo: come un terreno di ricerca sui temi che attirano audience ed elettorato per l’estrazione di consenso utile a fini di governo o elettorali.

Il primo tema è che la politica istituzionale ha come referente privilegiato la platea degli analfabeti tecnologici. Questo perché credere che si possa vietare, nel XXI secolo, l’accesso al porno ai minori per decreto presuppone non solo una platea agitata dal  consueto terrore atavico verso le tecnologie ma, soprattutto, dotata di un tasso scarso o nullo di alfabetizzazione tecnologica.

Il secondo tema è che l’eccessivo accesso alla pornografia per i minori, tema mediatizzabile per le campagne di propaganda politica o elettorale,  viene proposta come chiave di spiegazione di quanto avviene in territori socialmente devastati i quali, una volta doppiamente sigillati, sul piano dell’accesso alla pornografia e allo spaccio, ritroverebbero vitalità. Questo perché l’immaginario della recinzione dei territori, reali o digitali, come precondizione della loro bonifica è molto vivo grazie ad una analogia, del tutto onirica, con quanto accade nel mondo produttivo. Finisce in questo modo: tanto più le nostre società si rivelano caotiche, e ingovernabili, tanto più ottiene consenso chi è in grado di mantenere la promessa di ordine ma solo sul piano della propaganda e dell’onirico.

Altro tema, che circola nell’immaginario ed è materia privilegiata per le campagne di propaganda, è quello dei minori incapaci di selezionare l’ondata di pornografia a loro disposizione. Ondata che è così vasta da essere definita un processo di pornification, pornificazione della società. In realtà viene a mente un bello studio di dieci anni fa (Young People and Pornography), di Monique Mulholland, dell’Università di Adelaide, che mostra i minori come in grado di selezionare e “negoziare” i contenuti porno offerti con una naturalezza sconosciuta al legislatore. Il punto è che la “protezione” dei minori, visti come sostanzialmente privi di capacità di reazione rispetto a quanto accade loro attorno, è uno straordinario mezzo di propaganda a prescindere da quanto avviene nel mondo reale.

Nelle nostre società, come nelle precedenti, l’uso collettivo del piacere è in grado di confermare o mettere in discussione l’ordine sociale. Il fantasma dell’uso collettivo del piacere da parte dei minori, come strumento di disgregazione sociale, è sempre molto forte dall’inizio del ‘900 quando la gioventù nasce come concetto antropologico, politico, sociale, medico. A prescindere dalla capacità o meno di sorvegliare i minori da parte delle tecnologie governamentali, l’allarme sul loro mondo è genera sempre consenso che, ai giorni nostri, viene speso sul piano della comunicazione politica. E a prescindere dall’effetto reale delle politiche che vengono annunciate. Quindi, se oggi ci è stato risparmiato il controllo sul porno per i minori, come soluzione per una serie di problemi seri che vanno dalla crisi sociale dei territori alle aggressioni a sfondo sessuale, il suo fantasma è comunque destinato a tornare nei dibattiti istituzionali. Non perché rappresenti una qualche soluzione ma perché è in grado di alimentare un tipo di opinione pubblica utile per tenere in vita governi che vogliono giusto sopravvivere. Perché si governa molto più col simulacro di soluzioni che con la realtà ed è questa una regola aurea della politica di oggi.

per Codice Rosso, nlp