Comunicazione e culture

Cosa dicono davvero quelle manifestazioni no Green Pass?

Il 15 ottobre ci sono state diverse manifestazioni no green pass in tutta Italia, anche a  Livorno dove i portuali non hanno aderito all’invito dei portuali di Trieste a manifestare contro il green pass per tutti i lavoratori italiani e dove i manifestanti hanno chiesto chiarimenti diretti al Sindaco Salvetti. Senza entrare nel merito delle polemiche intorno a Trieste vs Livorno, vax vs novax o green pass vs no green pass, moltiplicate da un’informazione di Tv, giornali e social, veramente scandalosa e fuorviante, alcune questioni si pongono decisamente intorno a questo particolare momento che stiamo vivendo.

Il green pass e il lavoro

Il green pass è uno strumento per convincere il maggior numero di persone possibile a vaccinarsi e per arrivare a questo scopo il Governo, con l’approvazione di Confindustria, lo ha reso obbligatorio nei posti di lavoro e non solo in quei luoghi di spettacolo e di ristorazione, come indicato nei primi provvedimenti in materia. Inevitabile che la data del 15 ottobre abbia provocato un’ondata di manifestazioni e proteste in quanto tocca il lavoro, elemento cardine fondamentale della vita di un paese. Ma una domanda inevitabile sorge intorno a queste manifestazioni di piazza: se l’obbligo del green pass venisse tolto sarebbe tutto ok? Perché cori e striscioni sembrano riguardare, salvo casi sporadici, solo parole come libertà e no al green pass? E Il salario minimo, il reddito incondizionato di base, il lavorare tutti e meno, la disoccupazione paurosa, l’occupazione precaria, la sicurezza sul lavoro no? Perché non unire le vere emergenze del paese presenti nel mondo del lavoro e della sanità? Perché allora non cominciare a mettere in discussione il capitale, il mercato e il lavoro una volta per tutte?

Il brodo culturale

Comprendere fino in fondo queste manifestazioni non è facile: siamo di fronte a un insieme di concatenamenti sociali legati a profonde ristrutturazioni economiche, cambiamenti culturali e trasformazioni antropologiche dove è difficile districarsi. Un elemento comune che ha caratterizzato questi ultimi due decenni però lo possiamo trovare: quel brodo culturale di fondo infarcito di libertà individuali, teorie complottiste, filosofi alla Fusaro o politici alla Di Battista, e allora il Pd?, il buonismo, parlateci di Bibbiano, la giornata delle foibe, il nulla dei social, dove non sappiamo più distinguere una fake news da una notizia fondata, un insieme culturale e sociale dove la destra si muove facilmente (e comunque Fiore e Castellino a Roma andavano buttati fuori a pedate) e dove il capitale naviga in acque sicure: “la neutralità predicata dal neoliberismo cerca di eliminare la riflessione sulla storia, sull’arte e sulle ideologie, che un tempo permettevano di esprimere tali inquietudini e di decifrare la realtà, creando così un vuoto culturale su cui le teorie di complotto proliferano; il diffuso cospirazionismo dei nostri tempi, frutto della crescente crisi della politica, si rivela utile alle destre per offrire una spiegazione al malessere sociale e a chi detiene il potere per patologizzare qualsiasi pensiero critico” (Tobia Savoca)

Il dominio digitale

Se davvero il green pass fa parte di un grande progetto per controllare le nostre vite allora una domanda sorge naturale: ma dove vivevamo allora quando, a partire dagli anni 80, le grandi ristrutturazioni del mondo del lavoro, la finanziarizzazione d’interi settori dell’economia industriale, la creazione d’immensi capitali che hanno foraggiato progetti politici, fondazioni pericolose e studi algoritmici vari, il capitalismo digitale odierno con le sue applicazioni pervasive e i suoi social invadenti hanno trasformato il nostro modo di pensare, essere e agire? Detto questo (e in una società complessa come la nostra, temi e piani sono davvero multipli) non possiamo dimenticare il ruolo della tecnologia digitale che condiziona e mette a regime ogni secondo della nostra vita e che crea, continuamente, segni, sogni e senso. In tutto questo processo di globalizzazione e di tecnologie invasive siamo oltre il “no logo” di Naomi Klein dove il brand era una tendenza, un modo di vivere, un identificarsi in un gruppo magari dentro un paio di scarpe, seduti in un Mc Donald o bevendo Coca Cola anche se fatto in maniera planetaria e includente (No Nike no party). Adesso Internet e le sue applicazioni rappresentano luoghi virtuali, fisici, emotivi e relazionali velocità pura e consumo immediato. Forse, purtroppo, Google, Amazon, Apple e Facebook non soltanto condizionano e controllano quel brodo culturale e sociale dove si producono immaginari, orizzonti e progetti politici ma sono, ora più che mai, quello che siamo, pensiamo, facciamo; e ci stanno dando la buonanotte: “Ci sarà un automatismo cognitivo e una paralisi dell’emotivo, come già si vede se si pone occhio a quando si va in giro per le città, sui mezzi pubblici o in quei templi istantanei e aerei che sono gli eventi. Aspettate e vedrete se non vi dà la buonanotte tutto questo, bambine e bambini.” (Giuseppe Genna)

Manifestare insieme

Bisogna riconoscere alcune cose su queste manifestazioni no green pass.
L’informazione di tv e giornali è stata compatta nell’identificare queste manifestazioni come eventi esclusivamente  no vax, anche se bisogna dire che la percentuale  di persone contrari ai vaccini è molto alta   all’interno dei partecipanti a queste manifestazioni contro il green pass.  Inoltre una parte dell’informazione ha messo in evidenza la chiara matrice fascista di chi coordina e dirige queste manifestazioni, che, nel caso del vergognoso attacco alla sede della CGIL di Roma, è più che evidente (vedi nostro articolo https://codice-rosso.net/la-convivenza-con-i-novax-fa-crescere-il-protagonismo-fascista/).
Eppure in questi giorni in quelle piazze c’era di tutto, anche alcuni compagni e determinate aree politiche libertarie che rimproverano la sinistra (quale sinistra?) di lasciare la piazza alla destra. Perché?

Cercare di capire e comprendere le manifestazioni di massa, che siano quelle ambientaliste dei giovani di Greta, le sardine del momento, i no green pass di oggi e quella profonda zona grigia della maggioranza di persone che non si schiera, pensa ai cavoli suoi e rappresenta terra fertile per capitale e fascismo, è fondamentale per intravedere i segnali e gli elementi della nuova società a venire.
La gente, di fronte a queste crisi senza fine, acuite dalla Pandemia in corso, non ce la fa più, ha perso lavoro, futuro, sogni, non ha più i punti di riferimento del 900 come i partiti, i sindacati, le associazioni di quartiere, ha bisogno di una vita diversa.
La pandemia è stata una sindemia che ha colpito le fasce più deboli della popolazione, poveri, classe media in caduta libera, anziani, giovani, donne segregate in casa.
Il vuoto culturale ed emotivo di fondo ha colpito duramente: giovani che hanno smesso di studiare e che non riescono più a uscire di casa, uso moltiplicato di droghe e farmaci per contenere ansie e depressioni, solitudine senza fine e perdite di senso, di relazioni e di amicizie.
In queste manifestazioni c’è di tutto davvero.

Non crediamo che queste proteste abbiano un seguito, ma siamo preoccupati di quello che ci aspetta nei prossimi mesi: bisogna resistere e scoprire nuove forme di lotta e nuovi immaginari, cercando di non abbandonare mai il desiderio di vivere insieme e di sognare una diversa società a venire.

“Esiste quel che volete costruire, quello di cui siete capaci ma esistono anche i segni di ciò che vi chiama a partire, ad andare oltre quello che sapete fare, costruire, «sistemare». Il potere della partenza. Costruire e partire. Non c’è contraddizione fra i due. Saper rinunciare a quel che si costruisce perché qualcos’altro vi ha fatto cenno in direzione della vera vita. La vera vita, oggi, situata al di là della neutralità mercantile, e al di là delle vecchie idee di gerarchia. (“La vera vita” Alan Badiou).

 

Foto di copertina Lapresse presa da https://ilmanifesto.it/green-pass-ce-il-rischio-di-proteste-sempre-piu-dure/