Il pianeta Terra ci riguarda
La recente antologia di racconti curata da Niccolò Scaffai, Racconti del pianeta Terra, reca in copertina un’immagine dell’artista franco-svizzera Émilie Möri. Essa mostra in primo piano una spiaggia dove diversi bagnanti si godono il sole e il mare limpidissimo. Questo scenario appare sovrastato da un enorme blocco di ghiaccio che assume quasi l’aspetto del muso di un orso polare che sta guardando in alto, in preda all’agonia. In preda all’agonia del riscaldamento globale, del calore che fa sciogliere quel ghiaccio polare che si staglia sullo sfondo come un bianco fantasma. Le figure umane che si godono il sole e i loro momenti di ‘tempo libero’ sembrano non accorgersi di quell’enorme minaccia bianca che li sovrasta: quest’ultima, addirittura, sembra non riguardarli. Eppure, anche l’uomo è un elemento tra gli altri, è un fenomeno tra i fenomeni che agiscono sul pianeta. Anche se viviamo nel cosiddetto “Antropocene”, un periodo in cui gli esseri umani modificano in forma estremamente invasiva il pianeta, essi non dovrebbero mai dimenticare di non essere una specie tanto diversa dalle altre. Come scrive Scaffai (autore anche del saggio Letteratura ed ecologia uscito nel 2017 per Carocci) nell’introduzione, i personaggi del quadro “osservano un paesaggio, uno sfondo a cui non appartengono, come dietro un vetro; e di quel paesaggio non colgono l’ambiente, l’insieme di relazioni da cui lo spazio è percorso e determinato. È per questo che occorre rompere il vetro, uscire dalla cornice e riconoscere il sistema – o meglio l’ecosistema – che include l’uomo stesso. Solo passando dalla condizione di spettatore privilegiato a quella di elemento tra gli altri l’essere umano può riconoscersi come specie tra le specie, come fenomeno tra i fenomeni che agiscono intorno e insieme a lui”.
I Racconti del pianeta Terra offrono la possibilità di compiere un percorso, attraverso la letteratura, sulle possibilità che il pianeta stesso e i suoi elementi hanno di raccontare, di rivolgersi a noi lettori. Infatti, come nota il curatore, “nei racconti di quest’antologia il punto di vista dell’altro, del non umano, è spesso quello principale”. Andiamo adesso a vedere più da vicino quali e quanti autori sono compresi nell’antologia. Appropriata appare la divisione in sezioni tematiche: Futuri anteriori. La scoperta delle origini; Gli animali ci riguardano. Empatia e straniamento; Il senso della fine. Apocalissi, estinzioni, distopie; L’inaudito in primo piano. Letteratura e crisi climatica.
Ogni sezione si presenta con una breve introduzione del curatore, che funge da guida all’interno della stessa. La prima è dedicata, fondamentalmente, alla condizione dell’essere umano in rapporto al suo ecosistema sociale o ambientale. Si apre quindi con un classico, appartenente a un tempo in cui le problematiche ecologiche o legate al cambiamento del clima non erano sentite come oggi, il Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo, composto nel 1824 da Giacomo Leopardi, per proseguire con L’impero delle formiche di H.G. Wells e Quel che resta del Pliocene di Jack London, due “tra gli esempi migliori per illustrare il rapporto tra scienze della natura e invenzione letteraria”. La seconda comprende dei racconti in cui il punto di vista è affidato agli animali, i quali ‘ci guardano’ e, anche, ci dovrebbero ‘riguardare’ un po’ di più. Si comincia con un bellissimo racconto di Primo Levi, Verso occidente, per proseguire con racconti e brani di Frederik Sjöberg, J. M. Coetzee, Anna Maria Ortese, Jonathan Safran Foer, Mario Rigoni Stern, Winfried Georg Sebald, Antoine Volodine. La terza sezione è dedicata a racconti che affrontano il mutamento climatico in chiave ecodistopica e post-apocalittica: in questo caso, la letteratura riesce a parlare degli stringenti problemi attuali trasportandoli in imprecisati futuri. Abbiamo quindi testi di Martin Amis, Ursula Le Guin, Annie Proulx, James Graham Ballard, Paolo Zanotti (il cui racconto, Bambini bonsai, rappresenta il primo nucleo dell’omonimo romanzo uscito nel 2010, uno dei più significativi esempi italiani contemporanei di cli-fi).
L’ultima sezione è dedicata a uno sguardo a metà fra la narrativa e il saggio: vi troviamo, infatti, brani tratti da opere di saggistica di alcuni scrittori contemporanei che hanno trattato queste problematiche anche nelle loro opere narrative. Incontriamo allora un brano dal titolo Storie di Amitav Ghosh, tratto dal suo importante saggio La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile (2016), in cui l’autore riflette non solo sulle esistenze private, ma anche sulle “relazioni che le collegano a un ecosistema naturale, sociale, storico”. Lo scritto che segue è di Margaret Atwood e viene presentato qui per la prima volta in traduzione italiana: in essa, la grande scrittrice canadese riflette sul fatto che “il cambiamento non è climatico, è globale” perché – nota Scaffai – il rapporto dell’uomo con la natura “coinvolge le strutture del vivere sociale, costringendo a ripensare le dinamiche storiche e il modo in cui le rappresentiamo attraverso arte e letteratura”. Sullo stesso tema insiste anche Jonathan Franzen, nel saggio successivo. L’emergenza climatica non può essere scissa dall’emergenza che stiamo vivendo in diversi aspetti della società, della politica e della cultura. Nel suo testo, dal titolo E se smettessimo di fingere?, così leggiamo:
Sotto questo aspetto, ogni movimento verso una società più giusta e civile può essere considerato un’azione significativa per il clima. Garantire elezioni eque è un’azione per il clima. Combattere l’estrema disuguaglianza economica è un’azione per il clima. Chiudere le macchine dell’odio sui social network è un’azione per il clima. Istituire politiche migratorie umane, sostenere l’uguaglianza razziale e di genere, promuovere il rispetto delle leggi e la loro applicazione, difendere una stampa libera e indipendente e vietare le armi d’assalto sono tutte azioni significative per il clima. Per sopravvivere all’aumento delle temperature ogni sistema, naturale o umano, dovrà essere il più forte e sano possibile.
All’enumerazione di Franzen si potrebbe aggiungere, con un occhio alla stringente attualità, che anche non fornire armi all’Ucraina in modo indiscriminato è un’azione per il clima (al posto delle armi andrebbero forniti solo aiuti umanitari), muoversi, da parte dell’Occidente, verso una politica di diplomazia e non di politica bellica esasperata è un’azione per il clima, abbassare le spese per le armi e aumentare quelle per istruzione pubblica e sanità sono azioni per il clima. Ma tant’è, è davvero inutile aspettarsi azioni per “una società più giusta e civile” da parte di chi detiene il potere. La Russia e i governi occidentali stano solo lavorando per la distruzione del pianeta Terra.
Infine, anche Zadie Smith, nel saggio che incontriamo nella quarta sezione dell’antologia, riflette sulla necessità, da parte della letteratura, di spostare la lente dall’elegiaco “cos’abbiamo fatto?” al più pragmatico “cosa possiamo fare?”. La letteratura (o, almeno, una ‘certa’ letteratura, la ‘grande’ letteratura), infatti, non è mai stata a guardare e non sta a guardare neanche adesso, di fronte a queste problematiche così attuali e stringenti. Il suo compito è e dovrebbe essere quello d’individuare le contraddizioni, rappresentare efficacemente forme di relazioni conflittuali, e mai di offrire sul piatto soluzioni facili. Bisogna dire che tutti gli autori dei racconti e dei saggi raccolti in questa interessante antologia riescono nell’intento. Se vogliamo fare qualcosa non c’è un attimo da perdere e la letteratura è pronta ad affiancarci nella lotta.
Guy van Stratten
Racconti del pianeta Terra, a cura di Niccolò Scaffai, Einaudi, Torino, 2022.