Territorio

Coltano 2 giugno 2022: guerra, pace e territorio

La manifestazione del 2 giugno 2022 a Coltano contro la costruzione di una base militare nel nostro territorio è stato  un evento importante. Il Movimento no Base ci dice chiaramente:
“190 milioni di soldi pubblici per una nuova base militare. 73 ettari di territorio, all’interno di un parco naturale, sottratti alla comunità. 440.000 metri cubi cementificati per costruire piste di atterraggio, villette a schiera per i militari del reggimento Tuscania, piscine, palestre, e altri benefit.
Una nuova base in un territorio già insopportabilmente militarizzato che sta diventando uno strategico hub della guerra, decisa segretamente nelle stanze istituzionali sempre più lontane dalle nostre esigenze.
Questa non è solo la nostra storia, ma è una storia che riguarda tutte e tutti.”

La partecipazione alla manifestazione è stata davvero  numerosa con gruppi di persone che venivano anche da molto lontano, movimenti politici, associazionismo di base, il gruppo Insorgiamo della GKN che ha, come sempre ultimamente, partecipato in maniera attiva al corteo.
Alcune considerazioni a margine possono essere sviluppate intorno a questa battaglia decisiva che riguarda il nostro territorio, ma soprattutto il nostro futuro per una pace vera e duratura.

Guerra e pace

Siamo in guerra, sempre, non deve stupire l’escalation di questi mesi nella guerra in Ucraina: negli ultimi anni dobbiamo ricordare Iraq, Afghanistan, Jugoslavia, Yemen, Palestina, Kurdistan, intere regioni africane, guerre e conflitti comunque con migliaia di vittime civili e condizioni di povertà devastanti. Inoltre bisogna sempre partire da questo fatto: anche quello che sembra pace è guerra continua, con ogni mezzo, fisico, economico, sociale, psicologico, patriarcale, razzista, digitale, siamo sempre in competizione. Facciamo parte di un insieme globale, economico, sociale e psichico dove ogni movimento o esplosione in ogni parte del mondo riguarda tutti profondamente e qualsiasi condizione di povertà, miseria, dolore e sofferenza è parte essenziale e costituiva di noi e di questo insieme. La terra e il futuro ce ne renderanno conto se un altro modello di vita non prenderà corpo per progettare un nuovo sistema sociale. Oltre il capitalismo e oltre il denaro è comunque necessario difendere il territorio da un ulteriore militarizzazione.

Territorio e società

Ogni spazio del nostro territorio diventa luogo politico, ricco o privo di relazioni sociali, energie latenti, depressione sociale e odio incondizionato, concime per razzismi e fascismi di fondo oppure spazio di rilancio culturale ed energie attive per un nuovo modo di concepire luoghi, tempi, immaginari collettivi e orizzonti di senso. Non è possibile, dopo due anni di pandemia, con questa guerra sanguinosa, reale e mediatica e di fronte a delle crisi economiche e sociali che sono e potranno diventare ancora più devastanti, concepire una base militare in un territorio già ampiamente militarizzato; abbiamo bisogno di spazi sociali, unità territoriali sanitarie, scuole, luoghi dove si fa cultura e dove si convogliano energie, tecnologie e socialità in favore di beni comuni, contro la povertà dilagante, tenendo conto delle varie specificità del territorio in termini di ambiente, società e carenze sanitarie, scolastiche e culturali.

La sinistra e i movimenti

A distanza di quasi 40 anni la questione del soggetto non è certo risolta e continua a essere fondamentale e decisiva. A partire proprio dagli anni 80 vi è stato un diffuso processo di trasformazione economica, sociale, culturale: le selvagge ristrutturazioni della Thatcher e di Reagan, la diffusa finanziarizzazione dei mercati, le tv spazzatura di Berlusconi, il consumismo sfrenato preannunciato da Pasolini e la società dello spettacolo anticipata da Debord, i giornali e le tv  piegati definitivamente ai grandi capitali e molto altro ancora avevano l’effetto di modificare e d’influenzare in maniera importante il nostro modo di essere, vedere, leggere e di fare politica. E la tecnologia digitale ha completato l’opera…
Nel libro “Il nostro desiderio è senza nome – Scritti politici” raccolta di post e articoli del blog di Mark Fisher vi è un capitolo dedicato alle elezioni intitolato “Non votate, non incoraggiateli”. Mark scrive che c’è stata un’epoca in cui le elezioni sembravano significare qualcosa, dove la sinistra ancora poteva costituire un argine rispetto alle politiche liberiste. Si ricorda il senso di spaesamento provato il giorno della sconfitta della sinistra radicale di Michael Foot di fronte alle forze d’assalto del capitale capitanate dalla Thatcher… A partire da quel momento la sinistra e i grandi sindacati, in Inghilterra come in Italia e nei paesi occidentali in generale, sono venuti a patti con il potere neo liberista o, nel migliore dei casi, non hanno saputo attraversare e capire il disagio e la crisi economica e sociale in atto, soprattutto per le fasce più povere e deboli della popolazione.
Le manifestazioni come quella di oggi sono importanti ma in questi anni bisogna ricreare un insieme, un collante, un unico immaginario collettivo e un orizzonte di senso che unisca lotte, movimenti, piani diversi d’azione, nuove generazioni, nuove tecnologie e nuovi spazi di socialità e di riflessione.

Futuro e guerre

Dove esistono guerra, armi, territorio militare non c’è futuro, o meglio si prospetta soltanto un mondo autoritario, cavalcato da destre xenofobe e neo liberisti senza ritegno. In uno dei suoi ultimi articoli Bifo è stato chiarissimo: in questo generale precipizio dobbiamo cercare d’immaginare l’evoluzione del precipizio europeo. Come si agglutinerà il processo di disgregazione sociale quando l’economia sarà sconvolta e la società impoverita in maniera fino a ieri impensabile? Chi guiderà le probabili rivolte europee? (Bifo – Il precipizio)

La pace, l’ambiente, la difesa del territorio, la lotta per un salario minimo decente, la battaglia femminista, progettare un altro tipo di lavoro per tutti possono rappresentare lotte importanti anche per quelle generazioni che al momento sembrano estranee a queste forme di protesta.
Bisogna cercare però di andare oltre le lotte di tipo difensivista e bisogna affrontare la battaglia egemonica su diversi piani contemporaneamente, con altri tipi di legami, collegamenti e coordinamenti. Oltre il capitale bisogna liberare spazi e tempi di vita per contrastare veramente questa “massiccio deterioramento dell’immaginario sociale  per concepire nuovi modi di lavorare, produrre e consumare” (Mark Fisher)

 

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