Novelle

Il Troll del Südtirol

Ah, che caldo! Fui costretto davvero ad accettare l’invito del mio amico Ioachim von Arnim che viveva in Südtirol, in una baita alle pendici del monte Pfenning, in un paradisiaco mondo in cui scorrevan torrenti gelati e le cime degli abeti lambivano il cielo offrendo freschissime passeggiate ai valligiani; lì il pastore portava le sue caprette sui monti, il bovaro i suoi buoi e le sue vacche, il cavallaro i suoi cavalli che brucavan l’erbetta costantemente irrigata. Ah, che meraviglia! Ah, che incanto! Lì, mi sorridon i monti! Non resistetti oltre al suo invito, e partii.

Presi perciò posto nella mia mobilvetta a pedali, forse più lenta di quella di Fred e Barney che frenavan coi piedi, ma non importa! Imboccai la biliosa A1 e poi l’autobahn del Brennerpass fra irosi austroungarici in motorbike e tedeschi in Volkswagens elettrificate, fra sfizzeri con tavolette di cioccolata e teutonici signori baffuti che, come androidi intelligenti, guidavan guardando solo avanti a loro. E via, verso il Gewurtztraminer e la Wienerschnitzel mit Hirtzknödel, verso il divino Kaiserschmarren, verso il krauten und birren und spritzen al marillen! Alè!

Dopo 27 ore di viaggio, fui contento di veder fin da lontano il bravo Ioachim, in costume tirolese, che mi salutava facendo ciao! Era una specie di gigante con la barba bianca e fumava perennemente una pipetta di pino mugo, nel quale caricava un tabacco al muschio. Appena arrivato mi fece sedere nella cucina e l’odore di fieno ed erba tagliata esalava ogni dove; mi offrì una grappa e un uovo fresco, appena preso dal pollaio, ove galline razzolavan felici. Subito mi fece fare un giro presso le sue stalle, quelle dei cavalli, eleganti come marescialli, e poi quella del bue, che ne fa una e ne inventa due. Era quasi il calar del sole e Ioachim mi chiese di aiutarlo a chiudere bene tutte le stalle e mi raccomandò sussurrando, per la notte, di serrar tutte le finestre. Non capii sinceramente il perché di tanta circospezione e mi ritirai in camera, stanco del viaggio. In montagna le ombre cadono prima che in pianura, i monti fanno da scudo ai raggi del sole e il crepuscolo si allunga in chiazze di oscurità che lambiscono gradatamente i prati, sempre più scuri, mentre le distese di abeti sulle scoscese son compatte come muri. Su una piccola scrivania, in camera, trovai un libro curioso: “Miti e leggende del Südtirol”. Fra queste ve n’era una relativa al “Troll”, definito come un essere estremamente furbo e dispettoso che faceva ammattire i contadini con una miriade di scherzi e dispetti. Forse era questo che il buon Ioachim temeva? Boh. Ma non eran soltanto superstizioni?

Al mattino il mio ospite mi offrì uova e latte di vacca. Ma al posto del latte di vacca, che Ioachim teneva vicino alla finestra, quel mattino trovò una bella cacca. “Accidenti!” – disse – “ancora un altro maledetto scherzo!”. “Chi ti fa gli scherzi, caro Ioachim?” – chiesi sottovoce. “Ebbene, devi saper che questi boschi sono abitati da un Troll, un essere dispettoso che non mi lascia in pace…”. E ne faceva di tutti i colori: al posto della brace del camino, egli metteva sterco di ciuco, al posto del sambuco un bel vasetto d’orina, e poi laggiù in cantina rubava grappa e vino, così che poi al mattino, fuggiva tutto brillo. E poi faceva le trecce ai cavalli e tutta la notte si balla finché alla fin ci si sballa e corrono! Povero Ioachim, pensai, era impazzito, era diventato preda di una leggenda e la credeva reale!

Nei giorni successivi dimenticai quella follia. Me ne volevo andare in sciovia ma anche in ovovia nonché in seggiovia ma alfine optai per una cabinovia pilotata da un bambino di dodici anni con un cappello a visiera che mi portò nella nebbia a 2200 metri d’altezza. Vagolavo nel sentiero, dubitante d’esser forse nel centro di Milano e mi aspettavo di veder la sagoma del Duomo apparire all’improvviso quando vidi le corna d’un bel bue che facevan capolino in mezzo al bianco del nebbiun. C’era pure un bel cavallo e una baita solitaria ove mangiai il caciocavallo. Ridisceso a valle, in un arcaico paese, nella solitaria bottega di un vecchietto in costume tradizionale, ho acquistato una candela a pile che emette una fiammella di plastica contro le ombre notturne; ho gustato la grappa di pino cirmolo offertami da un anziano intagliatore; ho passeggiato vicino a uno specchio lacustre di verde intensità ove si nascondeva forse un terribile ranocchio gigante. V’era anche un castello, forse abitato da un placido conte vampiro, ma non volli avvicinarmi. Ho mangiato la polenta coi finferli in una locanda con le tovaglie a quadri a debita distanza dal castello.

Ah, com’era pesante quella polenta, c’era anche il formaggio fuso! Emettendo borborigmi digestivi, mi attardai lungo il sentiero e nel frattempo era calata greve l’ombra. Attraversai un boschetto diretto alla magione di Ioachim ma mi sorprese il buio. Ahimè, che fare? come disse uno ma non ricordo più chi. Camminando lentamente e lasciandomi cullare vidi un focherello blu, che se ne andava lassù dipinto di blu, e vidi un ometto buffo con un gran naso che si cucinava una bistecca vegana. Mi avvicinai circospetto e capii di trovarmi dinanzi al Troll del Südtirol! Con un accento del gotico neolitico, il povero Troll cercò di spiegarmi che faceva gli scherzi a Ioachim perché non curava bene i suoi animali, non li lasciava abbastanza liberi e teneva le galline chiuse in un pollaio anziché lasciarle a starnazzare libere. Io ribattei che se scendeva in pianura avrebbe visto certe cose… altro che l’allevamento di Ioachim! Allevamenti intensivi che producevan innalzamento delle temperature e malattie, agricolture tossiche, rifiuti a cataste. A un tratto fecero capolino vicino a lui gli animali del bosco: la volpe, il cervo e l’ircocervo, lo scoiattolo, l’orso e il lupo, la civetta e il barbagianni, forieri forse d’inganni. “Ahimè, purtroppo dato non mi è di cambiar le genti di pianura, ma almeno nei monti gli renderò la vita dura!” disse con un volto triste. “Senta herr Troll” – diss’io – “mi sono perso, mi potrebbe indicar la strada per la casetta di Ioachim?” “Certo” – disse – “segui la civetta, ti porterà da lui in gran fretta”.

Una volta tornato, consigliai a Ioachim di tener liberi gli animali al pascolo e di abbattere il recinto del pollaio: così, forse, eviterai ogni guaio. E così fece, e visse in armonia con le caprette che gli fanno ciao e con le vacche, con il pio bove e con il frate gallo, con le oche e con le paperelle. Si fece amico anche il Troll del Südtirol e al sabato sera andavano a ballare il rock and roll.

gvs