Apaches a Montinero
La situazione era assai complessa. L’ispettore Piccioni, quella volta, si era infilato in un caso davvero complicato, una vicenda in cui eventi misteriosi si mescolavano a presunti fenomeni soprannaturali. Pare che nella piazza del Cocchio, ai piedi del colle di Montinero, ove sorgeva il santuario della Signora di Las Hurdes, si udissero strane grida notturne. Le grida, come riferì un testimone, tale Joe Tarzanello, sembravano quelle degli Apaches che un tempo vivevano nella zona. Piccioni si era recato sul posto e aveva fatto diversi giri, in ogni angolo della piazza. Aveva anche preso la funicolare che partiva proprio da lì e solo soletto, fumando la sua pipa nera, se ne era andato fino in cima, a riempirsi di malinconia nei vicoli silenziosi che costeggiano il santuario. Poteva ammirare anche un panorama bellissimo e, obliando i suoi pensieri, si perse in quel mare lontano solcato da navi che parevano volare sopra i tetti della città distesa in pianura, enorme tappeto di cemento dal quale saliva un gelatinoso brusio.
Il fatto era questo: ogni notte, si udivano strane grida provenire dall’orologio della funicolare che dava sulla piazza, grida che sembravano quelle degli Apaches in assetto di guerra. Un tempo, tanti anni fa, essi vivevano proprio in quei territori fino al terribile scontro con l’esercito del generale Stronzer, che li sterminò e fece rinchiudere i superstiti in lontane riserve. I discendenti, in tempi più recenti, erano diventati indiani metropolitani e facevano scorribande sulla costa ovest rivendicando i propri diritti, ormai negati e calpestati, nonché il diritto alla propria libertà di pensiero. Sfilavano e scorrazzavano in vecchie automobili colorate dalle forme di squalo, diffondendo per la città antichi canti battaglieri e organizzando lunghi cortei con striscioni per le vie cittadine. Ma ormai erano finiti anche quei tempi.
Secondo Joe Tarzanello, le urla che uscivano dall’orologio erano quelle degli antichi Apaches che si apprestavano allo scontro col generale: forti, tenaci, intrise di voglia di libertà. Tra l’altro, in quei giorni, si parlava di strane apparizioni anche alla Malidet Valley: dame dalle vesti fosforescenti, cinghiali bianchi che parevano volare, persino lo spettro di un vecchio frate che zappava un solitario orto. Ma lì era intervenuta una squadra di acchiappafantasmi e Piccioni poteva dedicarsi soltanto al caso delle strane grida udite nella piazzetta di Montinero.
Questi sono i testimoni e ciò che riferiscono:
Joe Tarzanello: dice che le grida sono uguali a quelle degli Apaches sterminati dal generale Stronzer; ne è sicuro perché corrispondono a quelle presenti nei racconti tramandati nella sua famiglia dal nonno e dal nonno di suo nonno. Alcuni Apaches frequentavano la forneria di Tom Eis, un ex fuorilegge che barattò il suo fucile con un sacco di farina e così riuscì ad aprire quella bottega. Gli indiani erano ghiotti delle sue pizze e esprimevano la loro goduria con delle grida prolungate. Tarzanello conosceva bene Benny, il proprietario dell’attuale locale, che sorge proprio nello stesso posto della forneria di Tom Eis, e aveva saputo che alcune pizze, di notte, erano misteriosamente sparite.
Il pescatore Jones: abita poco lontano. Di solito va a bersi un doppio whisky nel bar della piazza e una sera – dopo tre o quattro bicchieri – si era attardato più del solito. A un certo punto sentì strane grida indianesche provenire dall’orologio della funicolare e se la batté a gambe levate. Al porto, ove si recava per pescare, era ritenuta una persona seria e attendibile.
Benny, il proprietario della pizzeria: riferisce di molte pizze sparite misteriosamente nella notte. Strani furti perché, nonostante nella pizzeria egli conservi inestimabili opere d’arte, quadri dei più famosi artisti della costa ovest, solo le pizze sono state rubate. Inoltre, non è mai stato sottratto neppure un centesimo.
La zoppa di Montinero: abita lì vicino e afferma di aver sentito le grida. Poiché zoppica in modo molto accentuato non è mai riuscita a scendere in strada per tempo e a recarsi di persona nella piazza per accertarsi da dove le stesse grida provenissero.
Il povero Piccioni non sapeva davvero che pesci pigliare. Decise perciò di recarsi egli stesso una sera a mangiare la pizza nel locale di Benny e assistere di persona agli strani fenomeni. Il locale era pieno: c’erano i cercatori d’oro della costa ovest, seduti a una lunghissima tavolata, e avevano posato in un angolo i loro setacci; c’erano anche i rancheri del sud, coi loro cinturoni luccicanti e le loro consorti eleganti. Piccioni si sedette insieme a Joe Tarzanello e ordinarono due pizze margherite. Poiché la serata sarebbe stata lunga, l’ispettore si mangiò anche tre schiacciatine e otto etti di torta di ceci. Passarono le ore e il locale si svuotò. Rimasero solo Benny, Piccioni e Tarzanello finché, allo scoccare della mezzanotte, udirono delle grida provenire dalla stazione della funicolare. Uscirono e guardarono l’orologio: nel momento in cui le lancette si muovevano si levavano gli Uuuuuu! Uuuuuu! Uuuuuu! E fu allora che li videro: scendevano dal cavo della funicolare ed uscivano dal quadrante dell’orologio, come se provenissero da epoche remote. Maestosi, coi loro abiti tradizionali e i tatuaggi di guerra, con le penne alte sul capo, si recarono nella pizzeria e divorarono tutte le pizze rimaste. Solo uno di loro, che disse di chiamarsi “Nube Tonante”, parlò con Tarzanello: “conoscevo il nonno di tuo nonno, era buono con noi e ci offriva sempre tante pizze dal caro, vecchio Tom Eis. Torniamo ogni notte perché fra i quadri che si trovano nel locale, c’è anche un vecchio ritratto di quel maledetto generale Stronzer che ci sterminò. Noi siamo solo ombre, non possiamo prenderlo. Fatelo voi, per favore, distruggetelo e non torneremo più”.
Tutti rimasero come pietrificati dalla visione e dalla cupa e solenne voce dell’indiano. Benny, ancora in preda allo spavento, entrò subito nel locale e andò a cercare il ritratto del generale. Era in un angolo, Stronzer appariva in alta uniforme, con i baffoni e un sigaro avana in bocca. “Dobbiamo distruggerlo” – disse Tarzanello – “solo così se ne andranno”. Benny inizialmente non ne voleva davvero sapere perché il quadro aveva un discreto valore ma poi si decise a fare ciò che l’indiano aveva chiesto. Lo prese e lo infilò nel forno a legna della pizzeria. Del ritratto di Stronzer non rimasero neppure i baffi.
Così quel caso fu risolto e non si sentì più parlare delle strane urla indianesche di Montinero. L’ispettore Piccioni ne uscì molto sollevato e da quel momento divenne un cliente fisso della pizzeria di Benny. Ma la tranquillità durò ben poco: i suoi capi, infatti, lo spedirono alla Malidet Valley, dietro nuovi misteri, a stanare bianchi cinghiali volanti, dame dalle vesti fosforescenti e spettri di frati che zappano l’orto.
E il pescatore Jones, che non pensò mai né al denaro né all’amore né al cielo, se ne stava felice col suo Lagavulin a pescare al porto.