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Salvate il soldato Protti

di Nello Gradirà

L’intervista rilasciata da Igor Protti al Tirreno il 20 dicembre, dopo la sconfitta di Orvieto, è veramente anomala per il personaggio che siamo abituati a conoscere, mai polemico e anche troppo modesto. Quella frase “Protti parla poco ma fa i fatti e a chi mi attacca dico che si sciacqui la bocca” e le vanterie sui risultati raggiunti da team-manager negli ultimi anni della gestione Spinelli (su cui sarebbe meglio stendere un velo pietoso) non sono da lui e sono spiegabili soltanto con il nervosismo per il momento di grande difficoltà che la squadra sta attraversando. Ma chi è che lo attacca? Certo sui social, tra negazionisti dell’olocausto, terrapiattisti e fruttariani ci sarà anche qualcuno che ce l’ha con Protti, ma che importanza ha? D’altro canto c’è da dire che se non ti limiti a fare il personaggio-immagine ma entri in una società con ruoli dirigenziali, qualche critica “costruttiva” da parte dei tifosi te la devi pure aspettare quando le cose non vanno.

E che le cose non stiano andando bene è sotto gli occhi di tutti. Nel 1991, quando il Livorno fallì per la prima volta e ripartì dall’Eccellenza, vinse il campionato perdendo solo l’ultima ininfluente partita e l’anno dopo in serie D le sconfitte furono soltanto due (gli amaranto come tutti sanno arrivarono secondi dietro la Vogherese e vennero ripescati in C). E c’era Caresana, non Santiago Bernabeu.

Stavolta in un campionato e mezzo le sconfitte sono già dieci, di cui cinque in casa: Perignano, San Miniato Basso, Figline Valdarno, Tau Altopascio, Pomezia, Sangiovannese, Città di Castello, Pianese, Montespaccato, Orvietana. Tralasciamo l’eliminazione dalla Coppa Italia ad opera del Cenaia.

Ora nessuno si poteva aspettare che la risalita fosse una passeggiata stile Parma (a proposito, tutte le squadre fallite sono ripartite dalla D tranne noi) ma due campionati come questi sono al di sotto di ogni pessimismo. Certo, quest’anno la società si è mossa in ritardo perché non si sapeva in quale categoria avrebbe giocato il Livorno, ma questa non è che la conseguenza del disastro dell’anno scorso.

L’entusiasmo che si era creato dopo la rinascita dell’Unione è quasi totalmente evaporato (basta guardare i video della curva contro il Tau l’anno scorso e quest’anno) e le domande fioccano spontanee: com’è possibile che qualsiasi allenatore venga non riesca a cavare un ragno dal buco? Come mai sembra che a Livorno i giocatori non facciano gruppo e non vedano l’ora di andarsene da un’altra parte? Perché camminano invece di correre? Perché se n’è andato il preparatore atletico peruviano che aveva lavorato con Nicola? Com’è che dopo l’accordo con la Pro Livorno per l’utilizzo del Magnozzi sembrava che il Livorno avesse a disposizione una specie di Milanello e ora tutti i giorni ci si lamenta dei campi di allenamento? Il direttore sportivo dell’anno scorso è stato esonerato ma come mai quest’anno a dicembre c’è da rifare la squadra di sana pianta? Ci sono degli osservatori che vanno a vedere i giocatori prima di prenderli (vedi Rodriguez) o è un problema di soldi e i giocatori di categoria sono fuori portata? Qual è esattamente il ruolo del presidente della Ternana, che a Livorno mette bocca su tutto e sponsorizza anche i tornei di rubamazzo?

Domande che come si vede coinvolgono tutte le componenti della società, dal presidente al team manager, dal direttore sportivo al preparatore atletico, dagli osservatori ai giocatori.

Nessuno può togliere a questa società il merito di aver fatto ripartire il calcio a Livorno dopo la devastazione premeditata per mano di Aldo e Robertino Spinelli, e infatti contestazioni particolarmente aspre per la gestione Toccafondi non ce ne sono state. Però queste domande sono inevitabili e non fa onore a certi personaggi vicini alla società reagire alle critiche tirando fuori le vedove di Spinelli (come ha fatto anche Cristiano Lucarelli tempo fa) e sparlando di gufi, tormentone a cui ci avevano abituato proprio il Gabibbo giallo e i suoi violinisti.

A Toccafondi va dato il merito di aver capito che la squadra andava rivoluzionata e di essersi impegnato a cercare di raddrizzare la baracca, ma è il personaggio giusto per riportare in alto il Livorno? Lui stesso molto onestamente non si è mai presentato come un nuovo Moratti, anche se gli accordi per il settore giovanile e altre operazioni avevano dato l’idea di una prospettiva di media-lunga scadenza. Però appare probabile che la sua gestione farà solo da ponte verso una nuova proprietà che si spera sia il più solida possibile. Noi rimaniamo dell’idea che un nuovo ciclo per il calcio a Livorno si potrà aprire solo con un progetto legato alla ristrutturazione dello stadio e alla gestione della zona sportiva, altrimenti si potrà anche trovare un Bandecchi qualsiasi ma sarà difficile che arrivi gente in grado di aprire un nuovo ciclo per il calcio cittadino.

Quindi in quest’anno e mezzo si è dimostrato che di per sé l’arrivo di Toccafondi non è una soluzione definitiva e la città non deve mettere  da parte l’impegno per coinvolgere investitori di ben altro spessore.

In questa fase piena di incognite consiglieremmo a Protti di non “metterci la faccia”, perché non tutto si può fare solo con l’amore per la maglia e a nessuno conviene che la faccia la perda.

 

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