Recensioni

Alle radici di un nuovo immaginario – Paolo Lago e Gioacchino Toni

“L’immaginario è tra i terreni salienti di battaglia, per chi voglia sottrarsi alla dittatura più insinuante, senza scrupoli e invasiva che la storia ricordi. Occorre però conoscerne le forme (…) Resistenza inutile? Resistere non è mai inutile, e di per sé contrasta il velo di anomia e di alienazione che sta alando su noi tutti.”
(Valerio Evangelisti, Immaginari alterati)
Questa una delle due citazioni con le quali inizia il libro Alle radici di un nuovo immaginario,  pubblicato  nel marzo 2023  da Rogas Edizioni e dedicato proprio al grande scrittore scomparso nell’aprile del 2022.
L’altra è tratta dalle città invisibili di Italo Calvino sui due modi di vivere l’inferno che ci circonda. Uno è quello di accettare l’inferno e diventarne parte fino a non vederlo più, l’altro è più rischioso ed esige attenzione e studio per saper riconoscere cosa non è ancora diventato inferno.
Resistere non è mai inutile, appunto.
Il libro di Paolo e Gioacchino descrive quattro film fondamentali che hanno rappresentato momenti significativi del nuovo immaginario degli anni 80 e che hanno accompagnato la profonda trasformazione economica, sociale e culturale imposta dal neo liberismo nel decennio 1980 -1990 e che è stata incarnata dalla decantata e abusata massima della Thatcher “La società non esiste”, dove il capitale sembra entrare e modificare i corpi per perpetrare il suo essere e dove avviene la perdita della coscienza individuale e collettiva di ognuno di noi
I film descritti sono Alien, Blade Runner, La Cosa e Videodrome.

Alien

Il film di Ridley Scott esce nel 1979 e viene considerato uno dei capolavori del genere fantascienza, tanto che saranno prodotti altri sequel che avranno discreto successo nel pubblico. Gli autori mettono subito in evidenza l’elemento del nemico che si manifesta come altro ma che si introduce velocemente nell’organismo degli umani per perpetrare la propria specie. Un nemico dunque non facilmente identificabile su cui scaricare le proprie paure dove ”l’immaginario occidentale si trova a fare i conti con un ritorno al rimosso e dove l’alterità inizia a palesarsi nella sua mostruosità informe e incontrollabile.”
Altro elemento evidenziato è quello della paura del contatto che gravita nel film e che ci ricorda profondamente gli anni appena trascorsi della pandemia dove la paura del contagio ha trasformato radicalmente i nostri modi di vita e di relazione con l’altro.
Inoltre nel film possiamo rintracciare, come ha scritto Stefano Cocci, “la diffidenza nei confronti della scienza, raffigurate da Ash, l’automa al servizio della Corporation e dal super computer Mother” che in nome della macchina del capitale permettono di introdurre la macchina della morte dell’alieno nell’astronave mettendo a rischio la vita dell’equipaggio.
In questo modo Alien è il sintomo esplicito di una “frattura fra il vedere e il conoscere: la visibilità non garantisce più la conoscenza, non certifica alcuna verità ma produce piuttosto incertezza, indecisione, instabilità” (Gianni Canova)
Nella descrizione di Alien, e in tutto questo libro comunque, sono presenti mille riferimenti e rimandi non solo alla storia del cinema ma anche alla bibliografia di genere con autori e critici che hanno scavato nelle radici antropologiche e sociali della pellicola, come appunto Gianni Canova e Stefano Cocci.

Blade Runner

L’altro film di Ridley Scott analizzato nel libro è Blade Runner, un capolavoro cult inarrivabile dove il genere fantascienza non rende giustizia alla complessità e alla profondità dell’opera, sia quella cinematografica di Scott sia quella del romanzo da cui è tratto il film, Do Androids Dream of Electric Sheep? di Philip K. Dick.
Nel film il tema del controllo delle macchine sulla vita degli uomini diventa dominante: che mondo sarà quello in cui non possiamo più distinguere l’umano dall’artificiale?
Nel libro di Dick gli autori evidenziano la difficoltà di distinzione tra piani della realtà e livelli di simulazione, quasi un viaggio psichedelico senza ritorno o vie d’uscita. Nel film gli automi non rappresentano un’umanità disumanizzata ma degli oppressi dotati di sentimenti ed emozioni che gli uomini invece stanno perdendo.Lo stesso protagonista Harrison Ford incarna l’eroe western ma anche il killer senza scrupoli, rimane sempre nella condizione oscura di eroe e antieroe e soltanto la replicante Rachel gli fa venire dubbi sul proprio essere e gli restituisce sentimenti e ricordi di vita umana.
La stessa replicante Rachel pensa di essere umana perché gli sono stati innestati ricordi artificiali derivati da riproduzioni fotografiche di un infanzia che in realtà non è sua.
Gli autori scrivono che il tema della memoria è fondamentale nel film dove “il luogo dell’umanità è probabilmente la memoria”. Per esempio “la casa del bioingegnere e anche quella di Rick sono spazi in cui regna incontrastata la memoria, ma si tratta solo di un relitto di essa, devastato dal repentino passaggio di epoche.”
Non solo memoria ma anche lo spazio rappresenta un elemento fondamentale per Blade Runner: Los Angeles diventa luogo non luogo, sospesa nel tempo, senza passato e senza futuro, senza relazioni e senza identità. La città riesce a essere città del futuro, una Smart city per i ricchi e anche una caotica città orientale con bancarelle e botteghe di cibo per le fasce più povere, spazio striato, reticolare, flusso preordinato da dove non si può fuggire ma anche spazio liscio e desertico, spazio altro, spazio ipertecnologico, spazio del cielo e spazio di fuga.
In questo senso Roy Menarini vede nel film “un epilogo del moderno sia a livello sociale lavorativo che urbanistico ambientale e non anticipazione della post modernità “
Anche nell’analisi di questo film si possono trovare molteplici riferimenti alla storia del cinema, della letteratura e della filosofia dove diviene facile perdersi e poi ritrovarsi nella consapevolezza che facciamo parte di un insieme sociale e culturale interdisciplinare, ricco di storia, di piani e di linee profonde che ci possono servire per continuare a resistere.

La Cosa

La cosa è un film uscito nel 1982, diretto dal regista John Carpenter e tratto dal racconto La cosa da un altro mondo dello scrittore J.W. Campbell da cui era stato già prodotto un film nel 1951.
In questo caso gli autori rilevano una visione pessimista claustrofobica di quei primi anni 80 dove sta dilagando un individualismo chiuso in se stesso dove solo il consumismo sfrenato riesce a fare breccia e dove la diffidenza verso l’altro, tema ricorrente anche nei due precedenti film, assume una caratteristica costituiva del film e della società a venire, proprio a partire dagli ani 80. Gli stessi anni da cui partono le ristrutturazioni capitalistiche, il Thatcherismo, L’America di Reagan, l’individualismo sfrenato, il capitalismo finanziario, la società del controllo capillare e dello spettacolo sfrenato, sono anche gli anni in cui si diffonde la paura del contagio dell’Aids, quasi a rinforzare questa chiusura in se stesso del singolo individuo. Nel film sarà proprio un esame del sangue che potrà stabilire chi è stato infettato dalla Cosa: il sangue come elemento imprescindibile per capire la nostra e l’altrui identità.
Il tema del contagio, il diffondersi delle epidemie, tema purtroppo attuale, viene ripreso dagli autori con riferimento preciso all’opera di Michel Foucault che ritiene che “proprio a partire dal XVIII secolo, per evitare il contagio, nasce un vero e proprio disciplinamento sociale di tipo medico, improntato al mantenimento della salute e finalizzato al controllo della produzione di ricchezze.”
Il male, la cosa in questo caso, dismessa la maschera di Halloween o del mostro, può indossare quella di un essere umano qualsiasi. Ognuno di coloro che abitano la base o che vivono comunque vicino a noi può essere la cosa o il mostro di turno.
Paolo e Gioacchino ci ricordano Mark Fisher che, nel suo “Realismo capitalista”, pensa proprio a questo film per spiegare la natura di questo capitalismo onnivoro e pervasivo che ama presentarsi come entità astorica, dunque priva di alternative.
Anche in questo film viene rilevata la presenza di due spazi: lo spazio chiuso, claustrofobico e striato della base spaziale dove vivono a stretto contatto i dodici uomini e quello aperto, liscio da cui proviene l’astronave aliena e lo stesso spazio polare, un deserto di ghiaccio infinito che si contrappone a quello chiuso in sé stesso della base.
Come in Blade Runner i replicanti e in Alien gli alieni, anche in questo film, la cosa riesce a insinuarsi nello spazio striato degli umani e a sconvolgerlo totalmente provocando morte e perdita d’identità.
Nel finale del film gli autori rilevano che sarà proprio il fuoco, elemento vitale e indispensabile nell’antichità per salvarsi dal gelo e dagli attacchi degli animali feroci, che offrirà salvezza e una parvenza d’umanità ai membri della base.

Videodrome

Il quarto film analizzato nel libro è Videodrome di David Cronenberg uscito nel 1983.
Come altri film del regista canadese i temi principali sono le facoltà percettive della mente, l’identità, la sessualità, il rapporto con i media e il corpo naturalmente: nelle sue opere “il mostruoso coincide con il proprio corpo.”
Due sono gli autori che influenzano il regista: Burroughs per le sue visioni e per un’umanità avviata a un vero e proprio cambiamento antropologico e Ballard per la metamorfosi in atto della mente e del corpo in ogni individuo.
Gli autori ci mostrano che tra essere umano e tecnologia avviene un processo di ibridazione che “mette in crisi ogni certezza identitaria e il confine stesso del corpo”.
Nel paragrafo la mutazione tele-visiva Paolo e Gioacchino affermano che In Cronenberg l’essere umano è giunto a cibarsi di televisione e la televisione, nel film non si limita più a riprodurre la realtà ma si è fatta “più reale della realtà stessa, ha agito fisicamente sulla struttura del cervello, creando al suo interno dei tumori, veri e propri organi di senso, capaci di costruire in lui in nuovo sistema percettivo” (Riccardo Sasso)
Il sistema televisivo sta apportando una mutazione fisica e antropologica all’apparato percettivo umano che Cronenberg non fa che evidenziare ed esplodere alla massima potenza.
A un certo punto nel film non si distingue più tra realtà, allucinazione e sogno; in un’intervista lo stesso Ballard disse che ciò che siamo abituati a chiamare realtà oggi è una fantasia creata dai mass media, dai film, dalla televisione, dalla pubblicità, dalla politica”. Oggi poi il capitalismo digitale delle piattaforme riesce a pervadere ogni spazio vitale mettendo a regime ogni secondo della nostra vita.
In un dialogo del film uno dei personaggi dice al protagonista: “lo schermo televisivo è il vero e unico occhio della mente umana”. Il pericolo è dappertutto e le immagini ormai riescono ad arrivare nel salotto, nella camera da letto e in ogni spazio della vita quotidiana.
Nel finale del film gli autori trovano anche, in un dialogo del film, un’anticipazione dell’America cospirazionista e Trumpiana degli ultimi anni: “L’America sta diventando debole e il resto del mondo aggressivo. Stiamo entrando in una nuova era selvaggia dobbiamo prepararci a essere puri e ordinati e anche forti se vogliamo sopravvivere…dobbiamo fermarlo questo marcio!”
In questo mondo di bombardamenti mediatici di ogni genere diventa facile perdere la capacità e l’abitudine al controllo critico e alla verifica delle immagini.

 

Alle radici di un nuovo immaginario è libro davvero interessante dove gli autori riescono a dialogare con la storia del cinema mettendo in evidenza i caratteri costitutivi, gli elementi portanti e gli infiniti rimandi cinematografici e letterari di questi quattro film e di altre opere di questi registi. In questo senso il libro di Paolo Lago e Gioacchino Toni non è solo un invito alla visione o alla semplice analisi di questi film ma rappresenta un omaggio alla storia del cinema, della letteratura e della filosofia.
Gli autori ci mostrano anche che scavare intorno alle radici dei nuovi immaginari presenti nei molteplici eventi che ci hanno preceduto e che ci circondano fa parte di una resistenza e di un futuro che ci attende e che necessita di un insieme generale fatto da nuove linee politiche, diversi piani sociali e culturali, connessioni tecnologiche, rivoluzioni antropologiche e altre relazioni umane e modi d’esistere.

 

Per Codice Rosso    Coltrane59

 

Paolo Lago è dottore di ricerca in Letterature e Scienze della Letteratura all’Università di Verona e in Scienze linguistiche, filologiche e letterarie presso l’Università di Padova. Si occupa di ricezione dell’antico, estetica del romanzo, letteratura e cinema, teoria e critica del cinema. Fra le monografie: La nave, lo spazio e l’Altro. L’eterotopia della nave nella letteratura e nel cinema (Mimesis, 2016); Il vampiro, il mostro il folle. Tre incontri con l’Altro in Herzog, Lynch, Tarkovskij (Clinamen, 2019); Lo spazio e il deserto nel cinema di Pasolini, Edipo re, Teorema, Porcile, Medea (Mimesis, 2020). Collabora con diverse testate ed è redattore della rivista Carmilla.

Gioacchino Toni è studioso dei fenomeni artistici e audiovisivi contemporanei; è coautore di Storie di sport e politica (Mimesis 2018), Immaginari alterati (Mimesis 2018), Guida agli stili nell’arte e nel costume (L’età moderna, Odoya 2019 e L’età contemporanea, Odoya 2020), suoi scritti sono stati pubblicati nei volumi L’epidemia delle emergenze (Il Galeone Editore 2020) e Guerra civile globale. Fratture sociali del terzo millennio (Il Galeone Editore 2021). Docente di Storia dell’arte è redattore della rivista Carmilla e collaboratore di altre testate.

Print Friendly, PDF & Email