Territorio

Cassandra Crossing e la mancata protezione idrogeologica

Nella distrazione di massa adottata come tecnica di repressione del pensiero critico, il biasimevole presidente del senato invita (e ricatta) gli attivisti di Ultima Generazione a spalare il fango romagnolo. Nel dramma collettivo in corso, il problema dunque sono loro e più in generale tutti quelli che si oppongono all’attuale stato di cose, creando scalpore o disagio per tentare di comunicare la gravità del punto di non ritorno climatico. Si può essere d’accordo oppure no sui metodi della protesta, ma è evidente che coloro che devono essere chiamati in causa non sono “i ribelli” bensì coloro che avendo responsabilità, politiche, tecniche o amministrative, hanno chiuso gli occhi per decenni.
Oggi emergono informazioni a dir poco inquietanti sui mancati progetti di protezione idrogeologica, sui soldi non spesi o spesi male, sui numeri della cementificazione, sullo stupro dei corsi d’acqua, sulle opere che hanno reso ancora più insicuro un territorio già vulnerabile. Azioni e omissioni che costano caro e che sono figlie di una mentalità ottusa e predatoria, in cui la conoscenza e il rispetto delle regole e dei limiti imposti dalla natura vengono considerati come ostacolo al progresso, alla crescita economica, al benessere.
Sappiamo già che non sarà una eventuale indagine della magistratura a cambiare il corso di tali comportamenti e che non ci sarà alcuna giustizia. Quello che manca e che non si afferma, è un diverso modo di pensare e di vivere, una diversa cultura in cui finalmente si tiene conto di quei limiti e del comune interesse ad agire in modo sensato e coerente. Alla sbarra dunque gli imbrattatori per cui si pensa a severe punizioni penali, e invece gloria ai passacarte, agli ominicchi, ai servi delle multinazionali di petrolio, gas e carbone.
Impunità assoluta per le 21 principali compagnie del settore che, secondo una recente analisi pubblicata dalla prestigiosa rivista One Earth, a fronte di profitti giganteschi, sono direttamente responsabili per danni ambientali quantificati in almeno 209 miliardi di dollari all’anno. Un valore calcolato per l’insieme delle estinzioni e degli ecosistemi colpiti, per la perdita di vite umane, di abitazioni e di mezzi di sussistenza. Una ferita sempre più profonda che in termini di denaro ricade esclusivamente sui cittadini e sul loro reddito, in particolare di quelli dei paesi più poveri. Non un centesimo di risarcimento viene richiesto dai governi a coloro che da molto tempo sanno che cosa comporta l’uso massivo dei combustibili fossili e che nonostante ciò hanno orchestrato una macchina che ha infiltrato ogni ganglio della politica, della ricerca, dei media e delle altre industrie, e che ha bloccato la lotta al cambiamento climatico per almeno trent’anni.
Una macchina che, come nel romanzo di Robert Katz (Cassandra Crossing), piuttosto che affrontare le proprie responsabilità, manda al macello chi non ne ha.

Max Strata – ecologo
20 maggio 2022