Italia, la primavera come traguardo di sopravvivenza
Le scadenze ufficiali spesso ingannano: non sarà solo la tenuta istituzionale o meno a seguito dell’elezione del presidente della repubblica a dirci qualcosa sulla capacità di sopravvivenza del paese quanto piuttosto due fenomeni intrecciati tra loro, ben più vasti dell’orizzonte del Quirinale: l’andamento dei mercati finanziari e quello della pandemia.
Certo, nel marzo del 2020 il salto di specie del coronavirus, da contagio biologico a contagio finanziario, provocò uno dei più spettacolari crolli di sempre nei mercati globali e poi un altrettanto spettacolare rialzo grazie all’intervento delle banche centrali sui mercati e alle aspettative di ripresa. Oggi è ancora presto per dire se, dopo le recenti criticità sui mercati legate alle previsioni sull’inflazione, siamo di fronte o meno a un altro periodo genere spettacolo. Possiamo però affermare che se in primavera i mercati finanziari sono calmi, e il coronavirus arretra, questo paese ha davanti a se un periodo di sopravvivenza. Ed è nella sopravvivenza, semmai, che le forze positive si riorganizzano. L’emergenza e la grave crisi – Lehman e Covid dovrebbero aver insegnato qualcosa – precipitano la società nel caos e verticalizzano i livelli di ordine, tra l’altro, pure conflittuali tra loro.
Naturalmente quando parliamo di sopravvivenza la parola va presa alla lettera: crescita debole e ineguale, estensione delle diseguaglianze, modello di sviluppo tossicamente antropico etc. Insomma quello che molti chiamano capacità di assorbire gli choc esterni, adattandosi socialmente ai colpi traumatici che lasciano cicatrici. Già, perché nell’economia e nella finanza moderne quello che conta, quando si guarda alla società, è la sua capacità di assorbire choc adattandosi alle condizioni date del mercato, non altro. E il problema è che da tempo la società non mostra che questa capacità.
Per arrivare a primavera a questi livelli di sopravvivenza, non desiderabili ma stiamo parlando di realtà non di fantascenari, le condizioni sono due: la prima è che il tasso di inflazione resti sotto controllo da parte delle banche centrali e dei mercati finanziari perché altrimenti esplode un ordigno globale, fatto di rialzo dei tassi e di vendite di azioni e obbligazioni, che può davvero riportare in alto lo spread condizionando violentemente la spesa pubblica. Il secondo è che il covid dia segni significativi di regressione sia per motivi di salute pubblica sia perché sono troppi i prodotti finanziari che si sono esposti sulla “ripresa”. Si capisce come, in modo differente rispetto a due anni fa, covid e finanza di rischio siano intrecciati e possano determinare il nostro prossimo periodo: se il covid sarà sotto controllo, o in ragionevole previsione regressiva, allora sarà più facile, con le previsioni di crescita economica, tenere sotto controllo l’inflazione. Altrimenti, specie nel caso di mosse sbagliate da parte delle banche centrali o di prevalenza di posizioni ribassiste sui mercati, sarà spettacolo.
Per quanto riguarda la società, rispetto a questo scenario, è evidente che fino a quando il campo è occupato da movimenti anomici come i novax, o da issue più identitarie che politiche, la sua capacità di azione positiva è di molto ridotta. Finora quello che viene chiamato, a vario titolo, “il sociale” ha assorbito choc, adattandosi al nuovo, o prodotto anomia che è una sorta di tossina sociale prodotto di un più complessivo adattamento. Vedremo cosa ci riserverà il proseguimento degli anni ’20. Intanto però che la primavera ci trovi vivi, condizione indispensabile per uscire da dove siamo.
Per codice rosso, nlp