Le metamorfosi del vampiro (folkloriche, letterarie, sociali, sovversive)
Quella del vampiro è diventata ormai una figura dell’immaginario collettivo, piena di echi folklorici e letterari, che, nel corso del tempo, ha assunto diverse valenze di tipo sociale, politico ed economico.
Nel mondo greco-romano è la strix ad assumere le caratteristiche del moderno vampiro: si tratta di un essere dalla sembianza di uccello (da cui deriverà l’italiano “strega”) che si nutre di sangue e carne umana. Nel Satyricon di Petronio (I sec. d.C.), il personaggio di Trimalcione racconta infatti una storia in cui il cadavere di un bambino viene rapito dalle strigae, le quali lo hanno sostituito con un fantoccio di paglia. Presso i latini, riferimenti a questi esseri demonici, antenati del vampiro, vengono attuati anche da molti altri autori fra cui Plauto, Ovidio, Seneca, Silio Italico. Successivamente, nel folklore ortodosso della Grecia bizantina emerge la figura dei vrykolakes, i quali non possiedono però la fondamentale caratteristica vampiresca dell’ematofagia: essi sono caratterizzati dalla natura liminale di morti / non morti, dalla capacità di diffondere pestilenze e epidemie e un metodo infallibile per eliminarli pare consistere nel conficcare loro un paletto nel petto e tagliargli la testa. Unitamente al folklore greco bizantino e anche, successivamente, di area balcanica, sono credenze di area nordica e slava, nelle quali compare spesso la figura del revenant (il morto che ritorna), ad aver influenzato maggiormente la caratterizzazione moderna del vampiro.
Il vampiro letterario più famoso è senza dubbio il protagonista del Dracula (1897) di Bram Stoker, il quale si configura veramente come un serbatoio di immaginazione per le epoche successive fino a trasformarsi in vero e proprio fenomeno culturale sedimentato nell’immaginario collettivo. In esso c’è tutto un “mondo”, pieno di risvolti di natura sociale ed economica: se ci pensiamo bene, in Dracula entrano svariati temi di economia nonché provocazioni sociali come il dibattito sulla donna, il tema dello straniero e del diverso, la dialettica fra Oriente e Occidente, le paure legate al sesso e al contagio della malattia. Non è difficile, alla fine, scorgere nel vampirismo un velato riferimento alla sifilide, malattia che mieteva, all’epoca, numerose vittime in Europa. Non è esagerato nemmeno pensare che la figura del vampiro possieda in sé numerosi risvolti di natura politica ed economica. È necessario ricordare, infatti, che ben prima del romanzo di Stoker, nel 1847, esce un altro romanzo, un penny dreadful (la popolare “letteratura da due soldi”) dal titolo Varney il vampiro, il quale fornisce un retroterra culturale nientemeno che al pensiero di Marx. Riguardo alla metafora capitale / vampiro è interessante lasciare adesso la parola a Luca Cangianti, uno studioso che in diversi saggi ne ha approfondito l’aspetto:
“Verso la metà dell’Ottocento il rapporto tra vampirismo e voracità capitalista era molto diffuso nella cultura popolare: Varney accumulava ricchezze, così come farà Dracula. La metafora del vampiro fu quindi utilizzata nei circoli della sinistra hegeliana, frequentati inizialmente da Marx, e poi dalla pubblicistica socialista. Da questo punto di vista non stupisce quindi che il filosofo tedesco menzioni il vampiro in molti testi storici e politici quali Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 (1850), Il diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte (1852) e poi nell’Indirizzo inaugurale dell’Associazione internazionale degli operai (1864). Tuttavia nei Grundrisse il ruolo della metafora acquisisce uno status teorico più profondo. In questi quaderni di lavoro il filosofo afferma che “Nel capitale viene posta la perennità del valore… caducità che passa – processo – vita. Ma questa capacità il capitale l’ottiene soltanto succhiando di continuo l’anima del lavoro vivo, come un vampiro”. Qui la metafora capitale/vampiro diventa a tutti gli effetti costitutiva della teoria del plusvalore e dello sfruttamento mediante la dialettica tra il lavoro vivo, costituito dagli esseri umani lavoratori, e quello morto, cristallizzato nei mezzi di produzione, cioè nel capitale”.
Se la figura del vampiro, in quello scorcio di Ottocento (e poi successivamente), rimanda quindi anche alla voracità del capitalismo, all’epoca allo stato aurorale, è anche vero che esso assume una indubbia carica sovversiva. Se vediamo nel protagonista di Dracula non lo stereotipo dell’accumulatore e sfruttatore capitalista occidentale bensì l’incarnazione più alta del Diverso e dello Straniero che giunge, come un elemento sovvertitore, nel tempio europeo del capitalismo – la Londra vittoriana – ecco che la prospettiva cambia notevolmente. In questo modo si instaura la dialettica fra Occidente e Oriente: Dracula è il Diverso che giunge da Oriente (un Oriente che, per la cultura vittoriana, era per eccellenza la terra dei ‘diversi’ e degli stranieri, basti pensare a molti romanzi di Joseph Conrad che narrano vere e proprie derive marittime verso i paesi orientali) per minare alle sue basi il ricco Occidente imperialista e capitalista. Londra era il centro del mondo e l’Inghilterra, sotto la regina Vittoria, possedeva il più significativo impero coloniale dell’epoca. Egli si trasforma quindi nello Straniero (con l’iniziale maiuscola) che, pervaso di connotazioni dionisiache, si configura come l’archetipo del contemporaneo migrante. Altro grande archetipo del migrante e dello straniero era infatti Dioniso, il dio del teatro: nelle Baccanti di Euripide egli giunge a Tebe sotto le vesti di straniero, connotato da una diversità assoluta come usi e costumi, e viene incarcerato dal re Penteo (ignaro della terribile vendetta che si abbatterà su di lui), pervaso da una vera e propria xenofobia ante litteram.
Nel cinema ci sono dei film che hanno maggiormente calcato questo aspetto sovversivo del vampiro. Il più significativo è sicuramente Nosferatu, il principe della notte (1979) di Werner Herzog, in cui il personaggio di Dracula, spogliato di qualsiasi caratteristica da gentiluomo vittoriano, viene veramente raffigurato come un pazzo o un drogato emarginato dal contesto sociale degli uomini. Egli, muovendo dagli spazi nomadici orientali, porterà la sua carica sovversiva verso un inconsapevole Occidente, perduto nei suoi ritmi quotidiani e lavorativi. Il vampiro di Herzog è sovvertitore anche in quanto è conduttore di disordine sociale: egli è un personaggio che è estraneo al tempo occidentale e capitalista del lavoro e della produzione poiché ha rovesciato completamente i ritmi ordinati imposti dal capitale. È colui che dorme di giorno e vagabonda di notte per colpire al cuore gli apparati burocratici e produttivi, immettendo così nel mondo occidentale un’altra temporalità basata sull’immaginario. Si attua così l’importante dicotomia fra tempo dell’immaginario e tempo del lavoro e della produzione: si ricordi, infatti, che il film è del 1979 e che la necessità di una rivoluzione del tempo del lavoro salariato in nome dell’ “immaginazione al potere” era stata portata avanti dai movimenti della fine degli anni Settanta.
Altri film in cui emerge la carica sovversiva della figura del vampiro, la quale si configura come il lato oscuro e notturno della placida vita degli esseri umani, perduti nei loro quotidiani rituali, sono Intervista col vampiro (1994) di Neil Jordan ma soprattutto Solo gli amanti sopravvivono (2013) di Jim Jarmusch, in cui la carica sovversiva dei vampiri coincide con uno stile di vita marginale e in netto contrasto con la normale vita produttiva degli individui. Il film accentua il tema del rovesciamento fra giorno e notte, rappresentato come una vera e propria opposizione di elementi culturali e di costume: i vampiri trascorrono il tempo notturno dedicandosi alla composizione e all’ascolto della musica (quindi a pratiche artistiche), vagabondando per la città o viaggiando, conferendo un particolare rilievo alla sfera affettiva, attività che non sono sottoposte a nessun controllo della rigida scansione del tempo diurno, regolamentato sul lavoro e sulla produzione. Essi si configurano come individui marginali e fuori controllo, potenziali elementi di disordine all’interno della società.
Fra i diversi elementi simbolici e metaforici a cui può rimandare la figura del vampiro, quello del sovvertimento dell’ordine costituito è perciò di gran lunga il più affascinante: straniero, emarginato, folle, diverso, sovvertitore, esso si carica di connotazioni che possono generare sempre nuovi spunti culturali all’interno dell’immaginario collettivo, elementi di cortocircuito contro uno stato di cose piatto e scontato, irrigidito nelle norme del capitale.
Guy van Stratten
Riferimenti bibliografici:
Tommaso Braccini, Prima di Dracula. Archeologia del vampiro, Il Mulino, Bologna, 2011.
Luca Cangianti, Vampiri marxiani. Metafore che mordono, in Vampirismi, “Pulp libri”, 5 dicembre 2019 (http: www.pulplibri.it/cangianti-vampiri-marxiani/)
Paolo Lago, Il vampiro, il mostro, il folle. Tre incontri con l’Altro in Herzog, Lynch, Tarkovskij, Clinamen, Firenze, 2019.
Franco Pezzini, Il conte incubo. Tutto Dracula, volume I, Odoya Bologna, 2019.
Id., Abraham van Helsing e l’ultima crociata. Tutto Dracula, volume II, Odoya, Bologna, 2019.
In copertina: fotogramma da Nosferatu, il principe della notte di Werner Herzog