Editoriali

Vedi il Napoli e poi muori. Il ritorno dell’ultraterreno tramite il calcio

A metà degli anni ’60, ancora nell’epoca d’oro della società dei consumi americana, apparve su American Anthropologist un articolo firmato da William Branch Johnson dal titolo esemplare: “Football, A Survival of Magic ?”.

Si trattava di football americano ma, a maggior ragione, l’articolo di Branch Johnson rompeva con una serie di luoghi comuni tra i quali l’idea che il maggiore sport degli USA fosse una disciplina totalmente commodificata , ridotta a semplice bene di consumo e quella che non fosse oggetto di indagine antropologica attraverso il tema del magico, uno dei temi strutturali dell’antropologia da sempre. Tra l’altro Branch Johnson ipotizzava che il football professionistico americano fosse un terreno di sopravvivenza del magico al contrario di come in Europa, all’epoca, si vedeva il calcio: come un divertimento frivolo o come una sorta di stadio finale dell’alienazione da superconsumo.

Oggi è consolidato il fatto che lo sport sia una rappresentazione del magico: la performance, il record, i rituali, la produzione di gesti ed eventi eccezionali sono tutti elementi che richiamano a questa dimensione straordinaria. Inoltre il magico, se si legge un classico come Frazer, è una dimensione antropologicamente autonoma sia dalla religione che dalla scienza che dimostra, se ci allontaniamo un attimo dall’autore del Ramo d’oro, anche attraverso lo sport di sapersi riprodurre, in forme sempre nuove, in una miriade di contesti anche lontani dal soprannaturale.

Nella rappresentazione sportiva del magico ritroviamo questa dimensione autonoma, e straordinaria, che assorbe elementi culturali della religione (lessico del miracolo compreso) e della scienza (il record, le statistiche). In questo modo lo sport diventa una forza antropologicamente autonoma che si estende sulla società, produce eccitazione liminale, rottura energetica dei confini sociali tra vaste masse di persone, gesti, momenti ed eventi codificati come straordinari con un linguaggio e un sistema simbolico adeguati a questa dimensione del magico che non ha a che fare con il soprannaturale ma con la rappresentazione onirica della forza del sociale. È un nuovo tipo di magico, quello della forza del sociale, ormai permanente, che cresce e muta all’interno di quella istituzionalizzazione del gioco che chiamiamo sport, nella sua mediatizzazione, nella sua popolarizzazione attraverso molte forme dai social e grazie a cosa avviene in campo aperto. Come si vede, questo non è un mondo disincancato ma, piuttosto, diversamente incantato nel quale gli elementi del magico emergono dai processi che si pensano essere antropologicamente sterili, commodificati, oggetti di consumo senza significato.

Il calcio, molto più degli altri sport, produce una serie di grandi eventi che elaborano il linguaggio e il simbolico del magico. Questo non avviene solamente a Napoli, nell’esplosione tellurica delle feste per lo scudetto, ma è oggetto di analisi anche dove meno te lo aspetti come in Svezia, dove il magico ricorda echi di culture norrene. Certamente il calcio, specie quello che in gergo viene chiamato “calcio moderno” cioè il gioco in mano alle paytv di ogni genere, è un fenomeno altamente commodificato. Ma la rappresentazione del magico nel calcio, che produce il simbolico dello straordinario e della rottura dei confini socialmente stabiliti, tende anche a sfuggire ai processi di commodificazione. Per cui i festeggiamenti dello scudetto del Napoli, per quanto mediatizzati, istituzionalizzati, pervasivi sui social, vendibili in molte forme tanto da alimentare una economia, finiscono per oltrepassare con forza tutte queste dimensioni disponendosi come qualcosa di magico irriducibile alla stessa commodificazione che ha contribuito a produrli.

In questo senso, in quanto appartenente a quel genere di magico, l’evento scudetto del Napoli aiuta ad aggiornare, oltre al calcio, il concetto di popolo, di rito, le modalità di socializzazione, la disposizione delle gerarchie di potere. Per fare questo, antropologicamente parlando, dobbiamo andare nello specifico napoletano e, prima ancora, in quello del sud. De Martino in Sud e magia, testo tanto celebrato quanto ancora inesplorato, la magia cerimoniale dei contadini lucani rappresenta un elemento essenziale di protezione e di cura delle classi popolari dai processi sociali che li vogliono subalterni.

In De Martino, la rappresentazione magica, che avviene grazie a figure magiche specialistiche, non solo è liturgia dello straordinario, e momento liminale, ma anche valorizzazione delle figure sociali subalterne presenti nella società lucana. Nei festeggiamenti per lo scudetto del Napoli, quelli che travalicano ogni confine urbano, la figura magica specialistica, quella che produce lo straordinario, si sostanzia negli undici calciatori messi in campo assieme a tutte le figure in grado, attraverso il calcio, di produrre questo straordinario dallo speaker dello stadio ai commentatori ascoltati in tv a chi fa post virali sui social. È evidente la valorizzazione delle classi subalterne in questo processo tanto che, nelle rappresentazioni dei festeggiamenti per lo scudetto, è forte l’identificazione tra città, luoghi e rioni popolari. La magia, quella “nuova” della forza del sociale, è quindi quello che è sempre stata nel testo di De Martino, un processo di valorizzazione delle classi subalterne, su un terreno consolidato ma del tutto contemporaneo quello della partecipazione tellurica ai grandi eventi sportivi. La risoluzione positiva, la cura benefica delle sofferenze del tifoso napoletano, che aspettava lo scudetto da 33 anni e che nel frattempo ha visto anche la C, è effetto dell’azione di queste figure magiche specialistiche che agiscono entro la forza sociale del magico dettata dal calcio.

Nelle letture dei festeggiamenti dello scudetto del Napoli si leggono poi espressioni come “riscatto dei popoli del sud” che sono troppo e troppo poco rispetto a quello che sta accadendo. Sono troppo perché espressioni esagerate e generiche che non colgono la differenza tra fenomeno magico e politico infatti nel secondo intervengono elementi di razionalizzazione di massa dei processi, di scontro che trattengono solo in parte ciò che è socialmente prodotto dal magico diffuso. Troppo poco perché non vedono che la dimensione dell’incanto, dell’onirico che scende sulla terra, del magico come forza sociale è più profonda e diffusa dei processi di “riscatto” tanto da sopravvivere a ogni ondata di protesta politica. La massa, la forza sociale del magico, dell’onirico che scende sulla terra, non si sovrappone mai al politico casomai ne alimenta gli elementi energetici: è forza liminale, rottura dei confini quindi, ma non diretto rovesciamento dei rapporti di potere.

Nella forza sociale del magico, come nei festeggiamenti della vittoria del Napoli, sono presenti almeno tre tipi di masse: quelle quiete, controllabili da un potere pastorale, oggetto delle attenzioni e dei decreti istituzionali; quelle dionisiache che travalicano ogni confine e rappresentazione; quelle, appunto, che alludono a un linguaggio di riscatto sociale. Queste ultime quindi esistono, si vedono, ma non sono predominanti.

La feste per lo scudetto del Napoli sono fenomeno magico che è alimentato dai codici delle ritualità che contiene, da quelle del capodanno a quelle del carnevale, ai matrimoni e ai funerali degli avversari perché il magico, come da tradizione, mette in contatto i vivi con i morti. Durante i festeggiamenti per il primo scudetto qualcuno scrisse in un cimitero napoletano “cosa vi siete persi” era un messaggio rivolto all’interno del proprio mondo che delimitava il tempo dell’esplosione tellurica della festa dividendo, con ironia, tra coloro che avevano potuto partecipare e coloro che erano già morti. Oggi, la delimitazione tra i morti e i viventi, che esalta questi ultimi come partecipanti della forza sociale del magico, è stata celebrata seppellendo simbolicamente, e la rappresentazione è finita velocemente sui media e sui social, gli avversari del Napoli dividendo geograficamente tra i morti e chi partecipa alla forza sociale del magico. Da fenomeni come questo si vede uno spostamento nella definizione del concetto di popolo, quello che contiene i tre tipi di masse: da un popolo che parla a sé stesso a uno che definisce i confini geografici nei quali avviene l’0nirico che si realizza sulla terra grazie alla forza sociale del magico.

In questo senso i linguaggi della devozione, perché non diretti al soprannaturale ma interni alla forza sociale del magico, subiscono un importante processo di rilettura. Nel testo a cura di Gianfranca Ranisio e Domenica Borriello, dedicato ai linguaggi e alle forme espressive del patrimonio sacro nella cultura napoletana (Linguaggi della devozione, 2015, Edizioni di pagina) troviamo questa dimensione espressiva già pronta sia per il congedo dalla descrizione del soprannaturale che per la sua convivenza con i fenomeni sportivi. Infatti le curatrici precisano che il patrimonio sacro ha una vasta gamma espressiva da quella della ritualità festiva, commemorativa, a quella dell’iconografia, dell’oralità, della museografia a quelle che vengono chiamate “le nuove produzioni del web e della multimedialità”. In questo senso, già occupata questa gamma espressiva coincidente con la capacità di produzione di significati off e online, il passaggio all’elaborazione delle forme espressive del culto di Osimeh è stato solo questione di risultati. E la forza della rappresentazione di questo culto ha invaso le strade di Napoli come TikTok entro una visibilità immediata e globale.

Ed è sempre attraverso la rappresentazione dei morti che finisce di definirsi la struttura della forza sociale del magico espressa dai festeggiamenti per il terzo scudetto. Questo perché i morti rappresentano un confine, definendo così una struttura sociale, la sua identità, gli elementi di ordine e quelli caotici che contiene. L’emergere dell’ultraterreno, rielaborato in termini di forza sociale del magico non come evocazione del soprannaturale ma come atto di devozione terrena, rappresenta questo ultimo passaggio che non può che essere rappresentato dal murale di Maradona divenuto, da tempo, oggetto di pellegrinaggio.

Nella descrizione del Maradona Tour su Tripadvisor lo storico numero 10 del Napoli, potente e dominante tratto unitario tra il magico di ieri e quello di oggi, viene descritto “venerato come un semidio”. Ora la definizione antropologica di semidio può essere sempre mutevole e sfuggente ma in questo caso definisce cosa è l’ultraterreno come forza sociale del magico sganciata dalla devozione verso il soprannaturale pur entro un processo di acquisizione delle sue forme simboliche. Si tratta di un ultraterreno espresso dalle forme di devozione calda per un defunto, in questo caso Maradona, con capacità, in questo caso sportive, inarrivabili per quasi tutti.

Ma a cosa serve l’ultraterreno? Soprattutto a strutturare il rapporto tra i vivi e i morti, evitando forme caotiche di devozione legate alla convivenza confusa tra le due dimensioni, indirizzando, verso l’alto, la devozione per le forme di eccellenza, le vite straordinarie definitivamente trapassate. Ultraterreno significa, letteralmente, al di sopra dei limiti terreni e quindi capace di porre confine tra terra e cielo. L’ultraterreno nella forza sociale del magico prodotta dal calcio pone nelle qualità, sociali non soprannaturali, a Maradona che serve così come elmento regolatore, quello che definisce ciò che è terra e ciò che è cielo, dell’intera struttura del magico napoletano.

Siamo quindi all’interno di una dimensione sociale del magico la quale, come ogni struttura di questo tipo, trova una forma nella rappresentazione dei morti. Definendo confini geografici, nella sepoltura simbolica degli avversari e strutturandosi entro un concetto di cielo e di terra, di alto e di basso come di valore e di disvalore, legittimato dal culto di Maradona oggetto di pellegrinaggi fatti da un nuovo genere di paganesimo.

Naturalmente questo genere di magico, l’evento scudetto del Napoli aiuta ad aggiornare, oltre al calcio, il concetto di popolo, di rito, le modalità di socializzazione, la disposizione delle gerarchie di potere. Per quanto riguarda il calcio, il calcio moderno, è evidente che i pesanti processi di commodificazione subiti negli ultimi decenni hanno semplicemente spostato la sua capacità di produrre magico entro pratiche di piazza, come da tradizione, ma anche su tutte le piattaforme mediali trasformate in espressione del magico non tanto della commodificazione. Tutto questo ne fa un magico persino maggiormente pervasivo rispetto al passato nel momento in cui è evidente il distacco dal soprannaturale. Il concetto di popolo, visto dal punto di vista del magico, è qualcosa di molto più esteso di quello concepito dal politico, il cui simbolico è comunque espresso in questa forza sociale. Del resto anche nell’epoca dei partiti di massa, pervasivi e tendenti a occupare ogni interstizio della società, il popolo, qualsiasi cosa fosse, e il politico erano sempre comunque lontani da un processo di sovrapposizione.

Riti e processi di socializzazione, di conseguenza, subiscono il processo visto per le forme di devozione del napoletano: contengono elementi delle precedenti codificazioni storiche che, off e online, finiscono per tuffarsi nella nuova dimensione. E le forme del potere? Ogni rito, specie se rinnovato, esalta il potere di chi è in grado di officiarlo ma, soprattutto, le forme del potere istituzionale rimangono, di fronte al tellurico sociale, stavolta magico, le stesse. Cercando di presidiare, delimitare, definire confini che verrano travolti in una serie di atti e di pratiche che, però, rimangono intatte una volta passata l’0ndata.

Che tipo di Italia ne esce da questo genere di eventi? Il sud lungo gli anni ’10 ha subito una contrazione del PIL simile a quella della Grecia. Quello che vediamo in questi giorni è anche la risposta, elaborata in silenzio a lungo, energetica e magica a quanto accaduto con differenza rispetto al nord nel quale i riti di festa sono comunque contenuti. In questa risposta stabilire una dimensione ultraterrena, evita confusione nella festa, mette ordine e ridefinisce lo spazio del caos e dell’indefinito non come irrazionale ma come un qualcosa di molto moderno: l’intreccio tra razionale e onirico.

Per codice rosso, nlp

L’autore è stato editor, assieme a Lorenzo Giudici, di Stadio Italia, i conflitti del calcio moderno 

 

Print Friendly, PDF & Email