Comunicazione e culture

Quei mostri che si aggirano tra le pagine di Luca Cangianti

Conversazione di Gioacchino Toni con l’autore

[Pubblichiamo qui una conversazione-intervista di Gioacchino Toni, saggista e redattore della rivista “Carmilla online”, con Luca Cangianti, autore dei romanzi Sangue e plusvalore e I morti siete voi (gvs)]

Luca Cangianti è un autore di romanzi abile nell’inserire tra le pagine di un’accattivante fiction, che tocca persino l’ambito soprannaturale, importanti riflessioni di carattere storico e politico, dimostrando come anche sul terreno narrativo sia possibile proporre un immaginario altro rispetto a quello dominante. Si tratta di romanzi dal titolo eloquente: Sangue e plusvalore (Imprimatur, 2015) e I morti siete voi (Diarkos, 2019). Il primo può essere definito un’opera horror soprannaturale ambientata tra le barricate della Parigi comunarda e le fabbriche della Londra vittoriana che ha come protagonista nientemeno che un Karl Marx quarantenne costretto a confrontarsi con creature da incubo. Il secondo si presenta come un’opera storico-fantastica in cui si intrecciano le gesta e i sogni di un gruppo di partigiani nelle borgate romane e le speranze dei manifestanti al G8 genovese del 2001.

Gioacchino – Nel recente romanzo I morti siete voi si narrano le vicende storiche che hanno per protagonista una formazione partigiana comunista dissidente che, dopo la grande diffusione in città durante la guerra, è successivamente scomparsa dalla “memoria ufficiale”.

Luca – È andata proprio così: chi ha versato il contributo di sangue maggiore nella resistenza della Capitale con oltre 180 caduti, di cui più di 50 alle Fosse Ardeatine, non è stato mai citato in un discorso ufficiale e se chiedi fuori dai circoli degli storici, pochi sanno che cos’era il Movimento Comunista d’Italia, meglio conosciuto con il nome del suo giornale clandestino “Bandiera Rossa”. Si trattava di una formazione armata di oltre 2.000 combattenti: falegnami, elettricisti, fiorai, orologiai, sarti, tranvieri, ma anche tanti borgatari e qualche ragazza coraggiosa, come la dodicenne Gloria Chilanti, autrice di un avvincente diario (Bandiera rossa e borsa nera) nonché animatrice del Coba, un’associazione segreta (sia nei confronti dei fascisti che degli adulti in generale), costituita da bambini comunisti. Bandiera Rossa nasce nel più completo isolamento durante il 1943, crede di rappresentare la vera ortodossia comunista, ma era vero l’esatto contrario: molti dei suoi dirigenti erano ex Arditi del Popolo, anarchici o comunisti appartenenti alla tradizione intransigente della prima ora. Questi partigiani sostenevano, anche se in maniera confusa, posizioni libertarie e consiliariste, criticavano duramente il Partito comunista ufficiale, la partecipazione al Comitato di liberazione nazionale e la collaborazione con le forze monarchiche e borghesi. Erano dei classici rappresentanti del sovversivismo romano che mischiavano spirito guascone e culto dell’Ora X. Per loro la resistenza era la premessa di un comunismo dai tratti palingenetici. Queste incredibili contraddizioni generarono la convinzione paradossale (non priva di risvolti comici) che l’“opportunista” Togliatti e la sua “democrazia progressiva” sarebbero stati spazzati via dal “rivoluzionario” Stalin.

Gioacchino – Nel romanzo viene descritto un episodio curioso, tramandato nei racconti popolari come “La grande cavalcata”. Al di là dell’innegabile capacità di rendere tale narrazione quasi cinematografica (sembra di assistere a un western), si tratta di un episodio per certi versi capace di spiegare come parte del consenso popolare di cui godeva il gruppo era dovuto ad azioni come questa.

Luca – Le azioni di Bandiera Rossa sembrano predisposte per una sceneggiatura di un film western ambientato tra le borgate di Tor Marancia e della Garbatella: lancio di volantini in contemporanea in 120 sale cinematografiche romane, assalti alle caserme, liberazione di deportati e condannati a morte, attentati a convogli militari, espropri di borsari neri, sabotaggi di centraline telefoniche, contraffazioni di documenti d’identità, travestimenti, burle ai danni dei nazifascisti e perfino incontri clandestini di pugilato dopo la liberazione… ce n’è per tutti i gusti! “La Grande cavalcata” è la storia di un assalto in massa a una fattoria vicino all’Appia Antica e dell’esproprio di un centinaio di mucche che, condotte dai partigiani-cow boy nelle borgate di Tor Pignattara e Centocelle, diedero da mangiare a una popolazione ormai stremata. Queste vicende sono narrate nei Tigrotti di Bandiera Rossa, un memoriale dattiloscritto di Giovanni Pepe. Il suo contenuto è per certi versi autocelebrativo e in generale gli storici segnalano che sulle vicende di Bandiera Rossa manchino spesso riscontri incrociati. Fatta la tara su questi elementi, tuttavia, il racconto di Pepe è capace di ridarci con grande vivacità, anche linguistica, il profilo socioantropologico di questi partigiani e della comunità che li sosteneva. Io ci ho messo qualcosa di mio, ma nemmeno troppo.

Gioacchino – Parallelamente alle vicende resistenziali, nel romanzo è presente anche una seconda storia, ambientata in epoca a noi molto più vicina, che prende il via da Roma per poi proseguire tra le strade di Genova.

Luca – Nel romanzo c’è una seconda linea narrativa che riguarda un gruppo di studenti della facoltà di lingue e filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. Nel 2001 quei corsi di laurea erano entrambi ospitati da Villa Mirafiori, un edificio neorinascimentale circondato da un giardino fiabesco, quasi una dimensione irenicamente parallela rispetto al caos metropolitano. Quest’ambientazione è il correlato oggettivo dell’aspirazione all’“altro mondo possibile” che si riconnette ai sogni di liberazione partigiani e si esprimerà drammaticamente nelle giornate del G8 di Genova.

Gioacchino – All’interno di una narrazione rigorosamente storica fanno irruzione delle creature immaginarie, dei mostri antropofagi. Che bisogno c’era?

Luca – Mi piace narrare storie in contesti rivoluzionari realmente esistiti per mettere a fuoco con gli strumenti della letteratura gli snodi filosofici, politici e coscienziali di chi si trova a combattere una battaglia di liberazione. Uso, inoltre, le figure del fantastico perché sono dense di simboli capaci di comunicare con immediatezza emozioni e significati complessi, anche in un flusso narrativo avventuroso.

Gioacchino – Figure da incubo, oltre che in questo ultimo romanzo, sono presenti anche nel tuo precedente Sangue e plusvalore ove compare quel Marx decisamente incline, se vi si presta attenzione, a ricorrere nelle sue opere a figure fantastiche come il fantasma e il vampiro.

Luca – Se nei Morti siete voi ho costruito un mostro che rielabora alcune caratteristiche del morto vivente, in Sangue e plusvalore Marx si scontra con la cristallizzazione metaforica della sua teoria: il vampiro. In questo modo, pur nel contesto di un’avventura steampunk, ho cercato di fare un po’ di divulgazione filosofica della sua opera. E mi sono anche divertito.

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