La pagliacciata dell’ultimo dei padroncini del calcio
“Belli come la vita, neri come la morte” era il motto delle Brigate Nere, un corpo militare creato nel 1944 sotto la Repubblica di Salò con compiti di repressione antipartigiana al fianco delle truppe naziste. Le Brigate Nere erano un’articolazione del partito fascista repubblicano, vi erano ammessi soltanto gli iscritti e il comandante generale era il segretario del partito, il gerarca Pavolini poi fucilato a Dongo insieme a Mussolini. Tra i crimini di guerra di cui le Brigate Nere si macchiarono, l’eccidio di Vinca nelle Apuane, tra il 24 e il 27 agosto 1944, con 173 morti e più di 1600 deportati in Germania1. . Le Brigate Nere agirono in appoggio delle SS tedesche al comando di Walter Reder, gli stessi reparti che il 12 agosto avevano commesso la strage di Sant’Anna di Stazzema (560 morti) e che alla fine di settembre trucideranno 1.830 persone a Marzabotto.
Ora capita che un ricco in cerca di notorietà (che da anni sponsorizza società sportive e che circa un mese fa si è fatto nominare coordinatore di uno dei tanti partitelli di “centro” che galleggiano per un po’ sulla scena politica e poi spariscono) si faccia immortalare con una maglietta che riporta il motto delle Brigate Nere.
Alle ovvie proteste scaturite da questa pagliacciata ha reagito nello stile tipico di quella borghesia incolta e arrogante che avendo quattro soldi crede di poter dire e fare quello che vuole. “andate a fare in culo”, non mi fate incazzare perché finisce male”, i comunisti mi stanno sul cazzo” ecc.
In un video delirante se la prende con Brunetta, con i paracadutisti russi, con i comunisti (ovviamente) e dice di essere orgoglioso di quel motto che apparterrebbe ai parà italiani, quelli che aiutano le vecchiette a salire le scale.
Chi aveva scelto quel motto le vecchiette le massacrava: a Vinca, dove quasi tutti i giovani all’avvicinarsi degli aguzzini nazifascisti si erano nascosti, tra le vittime vi furono soprattutto anziani, donne e bambini. Racconta un testimone: “Le persone anziane che come la mia nonna e mio nonno dicevano ‘noi non abbiamo fatto nulla, siamo vecchi, quindi non abbiamo nulla da temere’ rimasero a casa e furono uccisi’ (…) Fra le tante vittime dell’eccidio anche una giovane donna incinta di 9 mesi che fu sventrata e successivamente fu preso il feto facendone oggetto di bersaglio. Altri furono seviziati e impalati”.
Certo, lo sappiamo: il grand’uomo che si esibisce sui social con la maglietta delle Brigate Nere finanzia tre società sportive della città: la Pielle, la Libertas Runner e l’U.S. Livorno Calcio. Oltre a essere com’è noto presidente della Ternana, squadra di un’altra città con solide radici operaie e antifasciste. Ora nessuno pretende che il presidente o lo sponsor di una società sportiva sia di sinistra, ma fino a prova contraria l’apologia di fascismo è un reato e l’ideologia delle SS naziste e dei loro tirapiedi non è tra i valori che lo sport dovrebbe diffondere. Anzi, in un momento in cui si cerca (almeno a parole) di combattere il razzismo negli stadi, è proprio l’esatto contrario.
Il problema è che ormai il calcio è in mano ai Lotito, ai Tavecchio (quello delle lesbiche nel calcio femminile), ai Gherlone e compagnia cantante e quindi sembra quasi una romanticheria d’altri tempi parlare di valori nello sport. In una situazione in cui quasi tutte le società sportive sono alla canna del gas contano i soldi, talvolta anche quelli sporchi. E si accolgono gli sponsor e i presidenti come benefattori disinteressati dimenticando che sono loro i primi a trarre vantaggio da questi investimenti in termini di sgravi fiscali, visibilità e opportunità.
Quindi se questo individuo non intende togliersi dai piedi come sarebbe auspicabile, sarebbe opportuno che oltre alla curva anche le istituzioni locali gli facessero presente che buffonate ignobili di questo genere non sono ammissibili e che se vuole utilizzare a fini pubblicitari il nome di Livorno e delle sue società sportive storiche deve farlo portando rispetto alla città, senza strumentalizzazioni e provocazioni politiche.
Sarebbe anche il caso che i vertici dell’U. S. Livorno si pronunciassero su qual è esattamente nella società il ruolo di questo personaggio, visto che tende a parlare da presidente più che da sponsor. Per il momento, le maglie con il nome della sua università privata sono legate al peggior risultato mai ottenuto nella storia dell’U. S. Livorno, per cui ogni fanfaronata appare ancora più priva di senso.
Nello Gradirà
1 La foto sopra il titolo ritrae il monumento alle vittime della strage di Vinca