Spettri tossici sul porto (terza puntata)
Terza puntata; qui potete leggere la prima, uscita domenica 9 luglio e qui la seconda, uscita domenica scorsa.
“Lo sceicco Bin Salabin è molto potente” – disse l’ispettore Piccioni al pescatore Jones – “temo che possiamo fare ben poco. E su che base poi? Sulla testimonianza di uno spettro?”. “Ma quello non è uno spettro” – ribatté Jones – “è il mio amico Jim, sottoposto a turni di lavoro massacranti, prigioniero di un maleficio”. “Maleficio, maleficio” – farfugliò Piccioni accendendo la pipa – “purtroppo ci servono delle prove”. Però, la sera stessa, l’ispettore riuscì a trovare le prove che cercava; in una piazza deserta e solitaria vicino al porto, infatti, vide uno spettacolo inconsueto: al centro c’era lo sceicco Bin Salabin che, come un vero e proprio direttore d’orchestra, con movimenti delle braccia, comandava gli spettri tossici che uscivano dai fumaioli delle navi. Era enorme, grasso e flaccido, e si muoveva quasi meccanicamente, come un burattino mosso da una forza anche più grande di lui. Intorno si agitavano gli spettri e lo sceicco gli comandava di recarsi verso i quattro angoli della città, fin sulle colline, la Valle Maledetta, il Fabbro, Pollognole e financo Parrana San Quintino. Vedeva gli spettri, guidati dal malefico sortilegio, inseguire le persone per via e poi avvolgerle completamente, anche senza che queste se ne accorgessero. Poi vedeva tossire i malcapitati, tossire e tossire, dando forse la colpa a una frescata presa all’angolo di una strada. Piccioni chiamò i rinforzi e dalla vicina Centrale arrivarono i suoi uomini che circondarono lo sceicco, il quale prontamente riuscì a fuggire aggrappandosi ad uno dei suoi fantasmi e a tornare sulla Tosta Discordia.
Il giorno dopo Piccioni chiese un mandato di arresto per lo sceicco ma i suoi superiori lo presero per matto. “Caro Piccioni” – disse l’arciquestore Arcangelo – “lei si mette sempre in queste strane avventure: prima gli Apaches a Montinero, poi un Ufo in piazza Grande, poi un orso a Parrana, e adesso lo sceicco Bin Salabin che fa volare dei fantasmi!!”. Piccioni controbatté che era tutto vero e che anche gli uomini della sua squadra lo avevano visto… “E poi” – continuò l’arciquestore – “non se ne parla nemmeno, lo sceicco Bin Salabin è al di sopra di ogni sospetto, è il principale armatore delle rotte mediterranee che fanno scalo in città. È anche l’armatore di tutti i traghetti che partono dal nostro porto, caro Piccioni, ma queste sono informative segrete, se lo metta bene in testa!”. Così tutto si risolse in un nulla di fatto e Piccioni fu messo alla porta. I potenti del mondo, ai cui voleri purtroppo spesso i meccanismi della giustizia dovevano sottostare, avevano vinto ancora una volta. Gli spettri tossici avrebbero continuato a visitare la città, soprattutto nel periodo estivo, quando il caldo e l’afa diventavano sempre più insopportabili. Il sole bruciava, le strade erano deserte e fra l’immondizia sparsa per le strade dai gabbiani affamati gli unici che si avventuravano in città di giorno erano i grassoni americani in ciabatte da doccia che uscivano dalla Tosta Discordia e che portavano a spasso i loro culoni e le loro pance, insieme alle mogli pachidermiche che si facevano ombra con esili ombrellini e ai figli straobesi che perennemente addentavano hot dog.
Sotto i ponti eleganti delle navi, sotto i ristoranti e le piscine, le discoteche e le palestre, i marinai continuavano il loro lavoro infernale, condannati da un maleficio che si chiama Capitale, del quale il bieco sceicco era il tetro burattino. E al Capitale davvero non importava un fico secco della salute dei cittadini delle città portuali nelle quali le abnormi navi facevano scalo. Le migliori prospettive di guadagno vincevano su tutto. A questa legge anche un idealista come Piccioni dovette sottomettersi: simile alla legge del Manga, pensò…eppure ci doveva essere un modo per incrinare questo sistema, per sabotare, anche in maniera quasi invisibile, questo stato di cose. Forse qualcuno poteva essere salvato. Forse Jim, il vecchio amico di Jones, poteva essere sottratto al maleficio. Forse un sentimento autentico, estraneo alle logiche meccaniche del Capitale, poteva strappare il povero marinaio al suo truce destino. Piccioni consigliò allora a Jones di recarsi tutte le sere – mentre la Tosta Discordia si trovava in città – al “porto matto” e di mettersi ad aspettare Jim. La costanza, l’attesa, l’insistenza forse sarebbero state premiate. E così Jones fece: per molte sere e notti trascurò la pesca, la sua unica passione, per sedersi al “porto matto” ad aspettare Jim. Benny gli portava due porzioni di calamari, una bottiglia e due bicchieri e lui diceva sempre che aspettava un amico ma rimaneva sempre da solo.
E così si giunse all’ultima sera di sosta della Tosta Discordia in porto. Il giorno dopo sarebbe partita per i Maracaibi, e Jim non sarebbe più potuto arrivare. Ma la costanza di Jones venne premiata: Jim, volando con la sua veste nera di spettro, si adagiò sulla sedia accanto al pescatore e, lentamente, il fumo nero che lo avvolgeva si dileguò. Bevve un bicchiere di bianco e cominciò a parlare con Jones. L’incantesimo si era rotto. A romperlo era stata l’ostinazione del vecchio pescatore e il desiderio di rivedere l’amico: tutte le sere e tutte le notti lo aveva aspettato nel suo posto preferito, il suo luogo dell’anima. Su questi affetti, ancora, gli interessi del Capitale non potevano arrivare. Ma sarebbe occorso un sentimento di affetto e di solidarietà più forte e più comunitario – pensò Jones – per poter liberare tutti i marinai dal maleficio e poter interrompere i fumi tossici che si stagliavano come una greve e malsana cappa sopra la città. Perché tutti coloro che continuavano la loro vita come se niente fosse erano diventati parte di questo Inferno a tal punto da non vederlo più, come dice Italo Calvino alla fine delle Città invisibili. Se questo sentimento di comunità non viene rafforzato, gli spettri e l’inferno continueranno ad essere invisibili. Gli interessi economici, la sete di potere, il guadagno e il denaro erano ancora al primo posto e su tutto vincevano ma adesso più che mai era necessario cercare ciò che non è inferno e dargli spazio, e Jones per qualche attimo ci era riuscito. “Fatelo durare ancora, dategli ancora spazio”, sussurrò Jim a Jones, nel silenzio della notte portuale, fra i colpi di tosse che divenivano sempre più rari.
gvs
Fine